Cipro, la ferite aperta

Cipro, la ferite aperta Condannate le profughe greco-cipriote che venerdì hanno varcato la linea di demarcazione Cipro, la ferite aperta A15 anni dall'invasione turca NICOSIA. Cresce ancora la tensione a Cipro. I turco-ciprioti hanno processato il gruppo di 108 manifestanti per la pace catturati mercoledì scorso all'interno della «terra di nessuno» che taglia in due la città di Nicosia e hanno condannato 102 di essi a tre giorni di reclusione, oltre a quelli già scontati, più una pena pecuniaria. Soltanto sei ragazze — tra i 13 e i 17 anni — sono state scarcerate e consegnate ieri a un esponente del contingente dell'Orni: hanno raccontato di avere subito violenze di ogni genere. Nel settore greco di Nicosia si susseguivano intanto inferocite manifestazioni di protesta — Ridateci le nostre donne rapite dai turchi» —, mentre il presidente greco-cipriota, Jorgos Vassilìu, cercava inutilmente di placare gli animi e invitava alla moderazione. Il fatto è che le duemila profughe greco-cipriote, occupando pochi giorni fa una chiesetta diroccata nella zona-cuscinetto di accesso ai territori occupati dai turchi, hanno riproposto nell'isola e all'opinione mondiale uno dei nodi di difficile soluzione affidati all'iniziativa delle Nazioni Unite. Quindici anni fa un corpo di spedizione agli ordini di Ankara sbarcò sulla costa settentrionale di Cipro, quella prospiciente alla Turchia, e in un attacco a due riprese occupò il 38 per cento dell'isola. L'operazione fu giustificata da Ankara con la solita etichetta umanitaria, la pretesa di garantire l'incolumità dei correligionari, ma nel corso di questi anni ha progressivamente rivelato il suo vero obiettivo: la politica di espansionismo che in tempi recenti ha risvegliato le tensioni fra la Turchia e i suoi vicini greci e bulgari. L'intervento turco del luglio e agosto 1974 ha diviso brutalmente in due un'isola che aveva ottenuto la propria indipendenza appena tre lustri prima. Bastione romantico della civiltà classica, Cipro fu conquistata nel XVI Secolo dai sultani ottomani per essere ceduta verso la fine del secolo scorso alla Corona inglese al fine di estinguere un debito in oro. Ma lungo tutto questo periodo storico la popolazione, che oggi conta 600 mila anime, era rimasta per la * stragrande maggioranza ostinatamente greca. Per evacuarla da quella che, secondo l'agghiacciante terminologia dei genocidi, era nei suoi piani la «superficie da disinfestare», l'esercito turco mise in opera tutto un campionario di efferatezze. Saccheggi, stupri, stragi ed esecuzioni sommarie spinsero circa duecentomila cristiani di ceppo greco ad abbandonare case, terre ed ogni altro possedimento per rifugiarsi al Sud, al di là degli esili confini sui quali si era attestata l'avanzata dei gene rali turchi. Così i fertili territori occupati dai turchi (che prima dell'invasione producevano il 70 per cento del prodotto interno lordo) sono oggi popolati unicamente da musulmani. Ma siccome la consistenza dei ciprioti di origine turca non era sufficiente a dar vita ad una area sproporzionatamente vasta, poiché sino ad allora essi avevano rappresentato una minoranza del 18 per cento, i responsabili di Ankara pensarono di rafforzarla con una massiccia immigrazione. Dovrebbero essere circa 70 mila i contadini dell'Anatolia centrale trasferiti negli anni scorsi dai turchi per colonizzare le terre strappate col terrore ai greci. Tale numero, unito a quello dei 36 mila soldati stazionanti sull'isola a garanzia della conquista, sconvolge il rapporto demografico preesistente a Cipro, contravvenendo anche a quegli articoli della Convenzione di Ginevra del 1949, che sanciscono il divieto agli occupanti del travaso artificioso di popolazioni. I coloni asiatici e l'esercito permanente di occupazione sono due degli ostacoli che hanno condotto al fallimento un decennio di colloqui intercomunitari fra coloro che si alternavano alla testa del governo legittimo di Nicosia ed il capo della minoranza turca Rauf Denktash. Per Denktash e i suoi la riunificazione si rifarebbe soltanto a condizione che una futura federazione mantenga inalterati i due staterelli strettamente confessionali, dove la minoranza dovrebbe mantenere il diritto di veto su tutto l'operato della maggioranza e fruirebbe inoltre della garanzia indeterminata di presidi turchi. L'elezione alla presidenza di Cipro di Jorgos Vassilìu, personaggio nuovo sul proscenio politico e perciò scevro da eventuali remore del passato, aveva suscitato l'anno scorso rinnovate speranze per una soluzione ragionevole della vicenda. Un appianamento che, allo stato attuale delle cose, avrebbe comunque visto soccombere quasi tutti i diritti della maggioranza greca. La mini invasione abbozzata l'altro ieri dalle irriducibili donne cipriote avrà forse il pregio, come rilevano alcuni, di porre un provvidenziale intoppo ad una procedura che, al prossimo turno di settembre dei colloqui condotti sotto l'egida dell'Orni, si sarebbe conclusa con la resa greca alle pretese turche. I pessimisti obiettano invece che si tratta soltanto di un ultimo fuoco di paglia, un canto del cigno, insomma, con cui andrebbe coperto il lamento per il prossimo compromesso suicida. Minas Minassian Militari turco-ciprioti arrestano manifestanti greco-cipriote. In primo piano, di spalle, un soldato Onu tenta di calmarli

Persone citate: Denktash, Minas, Minassian, Rauf Denktash