Salvò centinaia di ebrei di 1. A.

Salvò centinaia di ebrei Un italiano avrà un posto nel «Museo dei Giusti» di Gerusalemme Salvò centinaia di ebrei Spacciandosi per diplomatico beffò le SS TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Molte centinaia di ebrei ungheresi devono la vita a un italiano, Giorgio Perlasca, che alla fine del '44 li protesse dalle persecuzion: naziste spar iandosi per l'incaricato -i del¬ l'ambasciata spagnola Budapest. Affermando di esprimere il volere del governo fascista di Madrid egli ottenne di poterli alloggiare in speciali case d'accogh^nza e di fornire loro lasciapassare che erano rispettati anche dalle SS. Per anni, il museo dell'olocausto «Yad VaShem» di Gerusalemme ha cercato invano di rintracciare e rendere onore >a questo «Raoul Wallenberg italiano» (allusione al secondo segretario dell'ambasciata svedese a Budapest che riuscì a salvare molte migliaia di ebrei). Di recente Perlasca è stato casualmente ritrovato a Padova; a settembre giungerà a Gerusalemme per piantare un albero col suo nome nel «Viale dei giusti» del museo dell'olocausto. Giunto a Budapest come rappresentante di una società commerciale italiana, Perlasca* preferi restare nella capitale ungherese piuttosio che far ritorno, conclusa la sua missione, nella zona controllata dalla Repubblica di Salò. Alla fine del '44 era impiegato all'ambasciata spagnola. «In quelle settimane l'Armata rossa si stava avvicinando a Budapest e all'ambasciatore spagnolo Angel Sans Briz scottava la terra sotto i piedi», afferma Mordechai Paldiel, direttore del dipartimento del museo dell'olocausto. «Nel novembre di quell'anno, Briz riparò in Svizzera e affidò l'ambasciata ai suoi dipendenti». Un ricco uomo d'affari ebreo ungherese, Laslo Shamosy, convinse Perlasca ad intavolare con le autorità di Budapest una trattativa per salvare il maggior numero di suoi correligionari. «Con esse — aggiunge lo storico israeliano — Perlasca giocò una splendida carta: fece balenare loro la possibilità di un riconoscimento del nuovo regime di Budapest, composto da esponenti del gruppo filonazista "Croce di ferro", da parte del generale Franco, personalità per cui loro provavano am¬ mirazione». Sfrattando la situazione caotica nella capitale magiara e nelle comunicazioni con l'estero, riuscì a convincere la controparte ungherese della sua buonafede e a garantire la protezione di diverse case d'accoglienza gestite dal governo spagnolo per ospitare quanti avevano chiesto la cittadinanza di quel Paese e attendevano una risposta. Nel gennaio del '45 l'Armata rossa entrò a Budapest e quanti avevano trovato un riparo nelle «case di accoglienza» poterono tornare in libertà. Un diverso destino attendeva invece i loro benefattori. Lo svedese Wallenberg, falsamente accusato di aver collaborato con la Gestapo, fu arrestato da agenti del controspionaggio militare sovietico e rinchiuso in un carcere russo. Al museo dell'olocausto risulta che Perlasca si attardò ancora per qualche tempo a Budapest per assicurarsi che i suoi protetti godessero di regolari rifornimenti. Fece quindi ritorno in Italia, dove le sue tracce andarono perdute per oltre quarant'anni. [1. a.]