Trap l'invisibile

Trap l'invisibile Stasera esce dai blocchi l'Inter, vincitrice di uno scudetto che il suo allenatore ha già dimenticato Trap l'invisibile «IO tratto le vittorie come un play-boy le belle donne. Che cosa fa il vero seduttore? Si impegna al massimo per conquistare una ragazza. Poi, consumata l'avventura, comincia a sbadigliare. E allora scende dal letto, aguzza gli occhi e mette a fuoco una nuova preda». E' più forte di lui: Giovanni Trapattoni non resiste alla tentazione di condire le sue chiacchierate con una spruzzata di eros. Niente di languido o libidinoso, per carità: l'uomo è ruspante e i suoi pensieri, come le sue azioni, emanano sempre un rassicurante profumo di bucato. Né genio né fanatico Rispetto agli anni torinesi, il Trap ha ritoccato soltanto la maschera esteriore: lo stile-Juve inibiva i tratti più plebei, ma anche più simpatici, del suo carattere, puntualmente riaffiorati in coincidenza con il ritorno a Milano. E se l'allenatore dell'Avvocato si impantanava talvolta in discorsi che poco gli assomigliavano, il plenipotenziario di Pellegrini ha riscoperto la sua naturale aggressività verbale, condita da un'inesauribile serie di interiezioni che obbligano i giornalisti a una costante autocensura perché, tradotte sulla carta, perderebbero la freschezza che posseggono sulla bocca del Trap. Ha vinto tutto, senza essere un genio né diventare un fanatico. E' riuscito a convivere con decine di prime-donne, da Platini a Zenga, rivelandosi duttile fino all'arrendevolezza sui problemi marginali quanto pervicacemente inflessibile su quelli di fondo. Forse perché, prima di essere un grande uomo di calcio, Trapattoni è un uomo, mestiere ancora più difficile, specie per chi debba conciliarlo con quello di calcio. Quando Berlusconi, appena salito al timone del Milan, lo mandò a chiamare per affidargli la squadra della rinascita, il Trap, che da buon vecchio cuore rossonero vedeva materializzarsi il sogno della sua vita, rifiutò a malincuore: poche settimane prima aveva accettato l'offerta di Pellegrini. «Ma ha già firmato?», replicò Berlusconi. «No, ma gli ho stretto la mano. Non posso e non voglio tirarmi indietro». Un dirigente della Fininvest, presente alla scena, assicura di averlo visto piangere. «Il Milan? La mia giovinezza, come la Juve ha rappresentato la maturità. Sarei bugiardo se dicessi che per quelle due bandiere non provo più nulla. Ma è altrettanto falso supporre che io soffra di torcicollo: il presente occupa tutto me stesso e smette di interessarmi non appena diventa passato». Una filosofia di vita che non può ammettere eccezioni: «Altrimenti è la fine. Se domattina mi alzo mezz'ora più tardi del solito, verrò superato da una persona che si è svegliata prima di me. La pensione, ecco la cima della montagna, il momento in cui puoi dormire anche fino a mezzogiorno perché tanto non cambia più nulla: ci arriverò anch'io, prima o poi. Meglio poi». Stasera, a Varese, l'Inter scudettata del Trap esce dai blocchi di partenza per affrontare una corsa lunga e misteriosa: «Dopo trent'anni di calcio, neppure io riesco a immaginare che cosa succederà questa volta. Troppe le novità, le incognite: il campionato che comincia prima, quasi sempre due partite alla settimana, l'ingombrante capolinea rappresentato dal Mondiale. Una cosa è certa: i favoriti cercateli altrove. Non lo dico io, ma le statistiche. In cento stagioni, solo tre volte una squadra è riuscita a bissare immediatamente lo scudetto. Eppure è quello l'obiettivo che mi interessa di più: la Coppa Campioni per me è meno importante, e non certo perché l'ha vinta il Milan...». Favoriti? No, grazie Trapattoni sta a Sacchi come Bush a Reagan. Alle prediche del suo dirimpettaio rossonero, tutte permeate di trascinante idealismo, l'allenatore dell'Inter preferisce una visione pragmatica della realtà, alla quale ricorre a piene mani anche per descrivere la sua prossima sfida: «Togliamoci dalla testa di ripetere una galoppata solitaria. Quest'anno il campionato avanzerà sul filo dell'equilibrio. Lo vincerà la squadra che saprà non perdere le partite che giocherà male». Giocare male. L'eventualità fastidiosamente scacciata da Sacchi, viene accolta dal Trap come un fatto ineluttabile: «Nemmeno Pelé dava sempre spettacolo». Un rapido esame della concorrenza, per dire che Genoa, Fiorentina e Bologna saranno le sorprese. Hanno operato bene sul mercato, adattandosi a quella che lui chiama «nuova metodologia contrattuale»: «Ormai il 90% delle trattative è in mano ai procuratori. Sono loro a reggere i fili». Scommette su Geovani, Perdomo e i due russi: «Aleinikov mi incuriosisce, Zavarov esploderà. E se la Juve trova un terzo straniero all'altezza può entrare in lizza con noi, Napoli, Milan e Samp. Mi fa ridere chi immagina Boniperti come un vecchio signore in età da congedo. Li avessero i ragazzini gli stimoli che ha ancora quell'uomo!». Da antico frequentatore di vicende calcistiche, Trap non ha dubbi neppure sull'epilogo della farsa-Maradona: «State tranquilli. Alla prima punizione vincente, il San Paolo tornerà ad osannarlo. Quanto alla necessità di imporgli più disciplina, resto piuttosto scettico: Diego è così, prendere o lasciare». Il mio Sudamerica E Trap, magari, lo prenderebbe: «Lui, Careca e Alemao sono gli unici giocatori sudamericani per i quali potrei fare pazzie. Altrimenti, fra un europeo e un brasiliano di pari livello, io scelgo sempre il primo, anche se magari l'altro fa meglio i colpi di tacco. Ma non è con i preziosismi che si mette insieme un collettivo vincente. Matthaeus, ad esempio, non è un genio, ma nella mia Inter è ugualmente insostituibile». Una pacata replica a Fanna («Ha detto che io non l'ho mai capito, dimenticandosi che con me ha vinto quattro dei cinque scudetti di cui tanto si vanta», poi il pensiero passa ai nuovi acquisti nerazzurri, che gli fanno gonfiare il petto: «Con Klinsmann potremo sfruttare il contropiede, un'arma che fino all'anno scorso era spuntata. Cucchi è un jolly fondamentale, che può alternarsi indifferentemente con Matteoli o con Bianchi. Poi c'è Rossini: niente male, davvero. Panchina corta rispetto al Milan? Ma no, vedrete che basterà. Alla Juve, un anno, avevo quattro stopper e fui costretto da infortuni e squalifiche a schierare un mediano al centro della difesa. Ma sono cose che capitano una volta nella vita!». Uno sguardo agli spalti: sempre più vuoti, sempre più violenti. Che succede, Trap?: «Tanto per cominciare, cerchiamo di non criminalizzare i calciatori. Io sonò il primo ad arrabbiarmi quando uno dei miei si lascia andare ad un gesto inconsulto, ma devo anche ammettere che, rispetto ai miei tempi, in campo ci si picchia molto di meno. Eppure, anche quando noi davamo il cattivo esempio, non è che in curva spuntassero bombe e coltelli. La realtà è che il mondo è cambiato e il calcio è l'unico evento che consente a certi giovani di sentirsi protagonisti. Sono scettico anche sulla ventilata chiusura dei club organizzati. Chi vuol piantar grane continuerebbe a riunirsi, spontaneamente. Vedete, è la stessa psicologia del ragazzino che incontra una bella donna per strada: se è da solo, non ha neppure il coraggio di fischiarle dietro. Ma se è spalleggiato da un paio di amici, acquista spregiudicatezza e allora, oltre a fischiare, magari le rifila pure una pacca sul sedere...». Non è calcio da ricchi Trapattoni rifiuta di addebitare la fuga di spettatori al caro-biglietti: «Quando io giocavo, una tribuna costava 7500 lire, che equivalgono grosso modo alle 120.000 di adesso. Non sono aumentati i prezzi, ma i bisogni della gente. Io, da ragazzino, non avevo altro svago che andare a San Siro, la domenica. Oggi fra discoteche, weekend, feste, ristoranti e automobili da mantenere, la quota del portafoglio familiare destinata ai divertimenti ha sempre più esigenze da soddisfare». L'ultimo messaggio del Trap tradisce il suo grande amore per lo sport al quale ha dedicato la vita: «Qualche intellettuale lo snobba ancora, chissà poi perché, ma il calcio è ormai un vero fenomeno culturale di massa. Come la tivù o, se preferite, grazie alla tivù. Ecco, la mia paura è che il pallone finisca per diventare uno strumento esclusivo del video: stadi vuoti e salotti pieni. Tendenza brutta, ma irreversibile. E' quello il calcio del futuro». Massimo Gramellini Trap l'invisibile

Luoghi citati: Bologna, Fanna, Milano, Napoli, San Paolo, Sudamerica, Varese