Gigliola: «Credetemi, sono innocente»

Gigliola: «Credetemi, sene innocente» Savona: la corte si è ritirata, grande attesa per la sentenza del processo per l'omicidio Brin Gigliola: «Credetemi, sene innocente» E Soraya: non c'entro, è un bluff del difensore di mamma SAVONA DAL NOSTRO INVIATO «Ma non è vero. E' un bluff della difesa», dice Soraya. «Quello che hanno scritto i giornali è una scemenza. Non c'è la mia voce registrata su nessuna cassetta». Sua madre, invece, arriva in aula e questa volta non fa sceneggiate. Non regala liti, insulti, battute, memoriali, promesse. Solo una supplica, alla Corte, al presidente: «Sono innocente. Credetemi». I giurati da ieri mattina sono entrati in camera di consiglio. Sentenza attesa stasera, magari domani. L'arringa di Scipione Del Vecchio, però, ha lasciato il segno. L'altro giorno l'avvocato di Gigliola aveva insinuato il «dubbio atroce», il sospetto che quella notte, quando Cesare Brin fu assassinato, la piccola Soraya non fosse solo presente ma anche in qualche modo complice. Forse la voce flebile udita dai testimoni era la sua: «Fai piano che ti sentono». Soraya aveva 12 anni appena. Possibile? La madre non parja. Ieri, niente comizi, nessuna intervista, ma anche nessuna smentita. I carabinieri fanno cordone, tengono lontano i giornalisti. Per una volta, la scena si sposta fuori dal tribunale. Fra i bo'schi, in un paesino sperduto ai confini con la Valbormida, a Mioglia dov'è rifugiata Soraya. Alle cinque della sera, la ragazza guarda un film su Canale 5: «23 passi dal delitto». E' dal mattino che respinge l'assalto dei cronisti. «Ce l'ho con Del Vecchio e basta. Le sue dichiarazioni fanno parte di una linea difensiva. Ma è una tesi inaccettabile, del tutto infondata, inverosimile». Perché? «Perché il riferimento alla cassetta è inventato, non esiste proprio». Del Vecchio ha insinuato un dubbio: nella notte del delitto tre testimoni udirono una voce flebile: «fai piano che ti sentono»; guarda caso la stessa frase pronunciata da Soraya durante una telefonata di suo padre, Ettore Gerì, a Brin. «Ma di quale cassetta parla? E' una balla», dice Soraya. «Non è vero. Avrà tirato fuori una cassetta che non c'entra.niente». Ma quella sera salì in casa o no? Al giudice istruttore disse di sì: «andai su e vidi mio padre ferito al sopracciglio. Brin stava scivolando dal letto. Corsi giù in galleria, presi il martello e lo portai in camera, di mia iniziativa, perché avevo paura che Brin prevalesse su mio padre. Non so se l'ho posato sul pavimento o sul comodino. Vidi mia madre fra papà e Brin che gridava «crepa bastardo». A questo giornale disse di no: «Ero stanca, volevo andare a casa. Inventai la storia del martello perché la smettesse di interrogarmi». Adesso si rifiuta di rispondere: «Non ho voluto parlare con il pm in aula, non parlo più con nessun altro». Il babbo l'ha visto tre o quattro giorni fa, l'ultima volta. «M'è sembrato su di morale». La mamma le ha telefonato proprio ieri mattina, ap- pena rientrata in carcere, a Imperia. Poche parole soltanto: «Vienimi a trovare presto. Ho voglia di vederti. Stai tranquilla, fra pochi giorni tornerò a casa e ci abbracceremo di nuovo». Fuori, era già cominciato l'assalto dei cronisti. Soraya proprio due giorni fa aveva messo una pietra, davanti al cancello, per bloccarlo. In giardino, poi, c'è Yuri, pastore tedesco, che fa la guardia alla casa. E lei se ne sta alla finestra, a spiare gli intrusi. Graziella Cadenasso è l'amica della mamma che la ospita da due anni. Racconta le paure di una bambina, dice che «di notte Soraya mette le sedie contro le porte perché ha terrore che qualcuno possa venire a portarla via. Basta che scorga una persona da lontano e si spaventa subito. Una volta mi ha strillato: aiuto, adesso quello ha un mitra e ci ammazza. E' normale, va capita. S'è buttato fango su una bambina, sono state scritte assurdità, sciocchezze». Quando vede i giornalisti, prima s'affaccia alla finestra e scambia poche parole («No, non mi annoio, ho un'amica che abita un po più giù, la vedo spesso. Qualche volta vado al mare»), poi minaccia di chiamare i carabinieri. «Non vuole più parlare», spiega la signora Graziella. «Ha visto i giornali stamattina. Sono scemi, ha detto, questi danno i numeri. Io sono scesa in paese e tutti quanti mi guardavano. Allora, che è successo? E' vero?» Non è vero, dice la Cadenasso. «Del Vecchio non si è studiato il processo. Ha improvvisato tutto, non ha fatto una ricostruzione giusta del delitto. Ha tirato fuori la sua bella arringa, i suoi voli pindarici, le sue frasi a effetto. Ha fatto solo bene Gigliola ad arrabbiarsi con lui, perché invece di darle una mano ha alzato un gran polverone». E Soraya: «Un bluff. Tutto un bluff. Ma io sono serena. Perché l'altra avvocatessa è stata brava». Chissà. La sentenza, però, forse si fa più difficile. Di tutte le verità raccontate durante il processo, di tutte le confessioni, quale sarà l'unica che conta? Ieri, in aula, c'era il pubblico delle grandi occasioni. Gigliola aveva la stessa camicetta bianca, la stessa gonna azzurra del giorno prima. La stessa aria mesta. Ha chiesto la parola per pochi minuti. Il microfono non funzionava, il presidente le ha detto di aspettare che lo riparavano. «Va bene così, mi basta che mi senta lei...». Meglio di no, ha sorriso il presidente, Franco Becchino. E lei: «Meglio di sì», ha insistito. Quando alla fine le hanno messo a posto il microfono, non ha sprecato troppe parole: «Ho già trascorso due anni in carcere innocente. Sono troppi. Non voglio restarci ancora. E mi dichiaro sempre innocente. Spero che la Corte creda alle mie affermazioni, ci pensi sopra. E mi assolva». «Tutto qui?», chiede Becchino. Lei fa segno di sì. Per Gigliola, è finito il tempo delle sceneggiate. Raffaello Sacco, il vicequestore, invece non ci rinuncia. Lui è imputato di occultamento di cadavere. Due anni e mezzo di condanna, ha chiesto il pm, Alberto Landolfi, «perché ha collaborato». Sacco arriva con una giacchetta blu troppo stretta e le bretelle per tenere su i calzoni. Si siede, fa i soliti complimenti «all'esimia Corte, tanto simpatica, al presidente eccellente». Poi fa la sua breve dichiarazione: «Mi sono trovato intrappolato in una vicenda che non avrei mai immaginato. Rinnovo i deferenti saluti a voi tutti. Tenete conto che ho sempre condotto una vita francescana di servitore dello Stato. Sono sicuro che una molecola della simpatia che provo per voi, voi la provate per me». Il cancelliere deve scrivere e non crede alla parola: «Francescana?» «Francescana, sì», fa il presidente. «Francescana», ripete Sacco. Si alza attorniato dai giornalisti. «Con voi non parlo. Anche voi siete simpatici, qui siamo tutti molto simpatici. Ma con voi proprio non parlo». E perché? «Perché scrivete cose inesatte, state a guardare i particolari per farmi del male. C'è uno che ha scritto che avevo la forfora sulla giacca. Che cretinate sono queste?» Si allontana, il codazzo dei fotografi lo insegue. «Lasciatemi respirare». Si ferma, si gira. «Potete scrivere quello che volete, ma una cosa dovete riconoscerla». Che cosa? «Che sono un gentiluomo». Pierangelo Sa pegno Mistero. Soraya, figlia degli imputati per il delitto Brin, nasconde dietro lenti scure gli occhi che, forse, hanno visto

Luoghi citati: Imperia, Mioglia, Savona