I minatori tornano al lavoro

I minatori tornano al lavoro UCRAINA Dopo l'appello di Gorbaciov e del Soviet, resta qualche focolaio di protesta I minatori tornano al lavoro La Pravda si scaglia contro i dirigenti delpcus MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Lo sciopero dei minatori è finito nel più grande bacino del Paese, il «Donbass» d'Ucraina, dove tutti i pozzi hanno riaperto ieri mattina dopo un colloquio fra sedici rappresentanti dei lavoratori e il premier Ryzkhov, al Cremlino, e all'indomani del nuovo appello di Michail Gorbaciov per scongiurare la «più difficile prova» mai subita dalla perestroika. Ieri sera restavano bloccate soltanto le tredici miniere di Vorkuta, nel Grande Nord, quelle di Chernyonograd al confine polacco, e alcuni pozzi presso Dempopretovsk e Voroshilograd, nell'Ucraina orientale: una novantina di pozzi nel complesso, secondo fonti dei minatori, contro i 165 di domenica scorsa. Ma la conclusione della «protesta dei centomila» nel Donbass, il centro dello sciopero dopo la fine dell'agitazione nel Kuzbass, in Siberia, fa prevedere che presto torneranno al lavoro anche gli altri baci¬ ni, e che la più grave crisi sociale dagli Anni '20 sia alla svolta finale dopo due settimane di tensione, dopo la mobilitazione di quasi mezzo milione di lavoratori, dopo un convulso susseguirsi di appelli di Gorbaciov e di Ryzkhov. Quanto è accaduto non sarà privo di conseguenze per l'economia e gli equilibri politici all'interno del potere. In un appello al Paese, ieri, il Soviet Supremo riconosceva il pericolo di «reazioni a catena in altri settori della produzione», di «un aggravamento della crisi economica» e di «danni agli obiettivi» a chi la protesta ha innescato. Ma le rivendicazioni dei lavoratori sono «legittime», ammettono i deputati, che condividono la loro volontà di anticipare «nella misura del possibile» le elezioni ai Soviet locali, contro gli interessi dell'apparato conservatore del partito, impaurito dalle conseguenze di un possibile tracollo. I lavoratori hanno ragione, inoltre, quando chiedono di «ripulire l'apparato dirigente» del Paese e di «spez¬ zare gli ostacoli burocratici» che impediscono una realizzazione rapida delle riforme. Il fronte della protesta sociale ha saldato attorno a sé, dunque, un ampio settore del potere, e il Soviet Supremo ha letto nello sciopero dei minatori anche una spinta a far presto, vi ha colto un'occasione per procedere sulla strada delle riforme. Il risultato è duplice: c'è, intanto, l'impegno a un rapido esame di alcune leggi sociali di grande rilievo, da quella sul diritto di sciopero a quella sui sindacati a quelle, ancora, che faranno dei collettivi di lavoro nelle singole aziende i «veri padroni dell'impresa» e garantiranno «il trasferimento effettivo della terra ai contadini», «la sovranità e l'autonomia economiche delle Repubbliche», o la difesa dei diritti del cittadino contro gli abusi del potere. Ma c'è anche, fra le conseguenze della grande scossa sociale, un avvertimento ai quadri che frenano la riforma. Ci sono sempre più insistenti allusioni alla «ristrutturazione» dell'apparato, a una grande purga dunque. L'appello al Paese del Soviet, ieri, e l'esame degli accordi fra minatori e governo avviato dalle commissioni del Parlamento, confermano che per la prima volta una crisi è stata gestita dallo Stato e non dal partito. Ieri, la «Pravda» si interrogava su questa assenza del pcus, ma era una critica ai quadri: «Dov'erano certi dirigenti quando i minatori del Kuzbass avanzavano le loro giuste richieste?, perché non combattevano in favore degli interessi dei lavoratori?», si chiede il quotidiano del pcus. «Certi comitati di partito rimpiangono i bei tempi andati, quando si ricorreva alla forza per risolvere i problemi», insisteva il giornale, ed era un'eco quasi della denuncia di Gorbaciov davanti ai responsabili locali del pcus: il partito non tiene il passo con la società, chiude gli occhi di fronte ai fermenti che lo circondano, e per questo rischia di esserne travolto. Se lo sciopero è stato un colpo per l'economia lo sarà, di certo, anche per l'apparato. [e. n.j

Persone citate: Gorbaciov, Michail Gorbaciov, Ryzkhov

Luoghi citati: Mosca, Siberia, Ucraina