Diventa più difficile licenziare

Diventa più difficile licenziare La Consulta estende a tutti i lavoratori le norme per le vertenze disciplinari Diventa più difficile licenziare Lo Statuto anche nelle piccole imprese ROMA. Rivoluzione nel mondo del lavoro: da oggi gli oltre 5 milioni di dipendenti delle piccole imprese saranno più tutelati. Diverrà molto più difficile il loro licenziamento per motivi disciplinari. E si apriranno le porte ai sindacati nelle aziende con meno di 16 lavoratori. E' l'effetto della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha stabilito ieri che nelle piccole imprese si dovrà in ogni caso applicare l'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, con tutte le garanzie e i vincoli previsti, perché «lo impongono principi di civiltà giuridica e innegabili esigenze della parità di trattamento sancita dalla Carta repubblicana». Dopo 19 anni è stata così ampliata la portata della legge n. 300 che fino ad oggi limitava, invece, l'applicazione della norma sui licenziamenti per motivi disciplinari solo alle aziende con più di 16 dipendenti (e questa era stata sempre l'interpretazione della Cassazione). La decisione dell'Alta Corte è di grande rilievo sociale. Le centinaia di migliaia di piccole imprese operanti in Italia (più di 100 mila, pari al 95%, solo quelle aderenti alla Confindustria) non potranno più licenziare i loro dipendenti con il pretesto di motivi disciplinari senza, poi, fare i conti con il giudice. Resta invece, almeno per ora, la possibilità di licenziamento senza giusta causa nelle imprese fino a 35 dipendenti (è rimasto in vigore l'articolo 11 della legge 604 del '66, ma solo perché l'Alta Corte non se ne è occupata). Il segretario di dp Franco Russo Spena ha, tuttavia, auspicato che dopo la decisione della Consulta, definita «un primo significativo riconoscimento della parità dei diritti tra tutti i lavoratori», venga ora estesa la giusta causa anche ai licenziamenti da parte delle imprese minori. Solo così si potrebbero evitare i tre referendum (per i quali sono state de¬ positate in Cassazione 600 mila firme) per estendere a tutti i dipendenti le libertà sindacali, senza più barriere legate al numero degli occupati pressò un'impresa. La sentenza della Corte Costituzionale è. stata commentata positivamente anche da Cgil, Cisl e Uil. Del tutto negativo, invece, il giudizio di Confindustria, Confartigianato e Confapi. " Protagonista del caso esaminato dalla Consulta è Giancarlo Taccon, licenziato il 26 febbraio '86 per motivi disciplinari dalla pellicceria T.G. di Graziano Toniolo di Montegaldella (Vicenza) in seguito a un diverbio con il suo datore di lavoro, ma senza che fosse stata rispettata la procedura prevista dall'articolo ,7 dello Statuto. Il ricorso del dipendente era stato respinto dal pretore. Ma sei mesi fa il tribunale di Vicenza aveva deciso di rivolgersi all'Alta Corte che, bocciando le tesi del governo, ha ora accolto l'eccezione. Ogni lavoratore, hanno affermato i giudici della Consulta, dovrà «essere posto in grado sia di conoscere l'infrazione contestata, la sanzione e i motivi, sia di difendersi adeguatamente e di fare accertare 1 effettiva sussistenza dell'addebito». «Non vi è dubbio, infatti — così si legge nella sentenza, redatta dal giudice Francesco Greco — che il licenziamento per motivi disciplinari senza l'osservanza delle suddette garanzie può incidere sulla sfera morale e professionale del lavoratore e crea ostacoli o impedimenti alle nuove occasioni di lavoro che il licenziato deve necessariamente trovare. Tanto più grave è il pregiudizio che si verifica se il licenziato non sia posto in grado di difendersi e far accertare l'insussistenza dei motivi "disciplinari", peraltro unilateralmente mossi e addebitati dal datore di lavoro». Pierluigi Franz Gian Cario Fossi A PAGINA 2

Persone citate: Francesco Greco, Franco Russo, Giancarlo Taccon, Graziano Toniolo, Pierluigi Franz Gian

Luoghi citati: Italia, Montegaldella, Roma, Vicenza