«Ucciso il re della camorra»

«Ucciso il re della camorra» «Ucciso il re della camorra» Un giudice conferma la morte di Bardellino NAPOLI. L'inafferrabile manager della camorra è morto. Il fiuto per gli affari, l'alleanza con le cosche mafiose, una rete capillare di «guaglioni» pronti a battersi in suo nome, non hanno salvato il boss. La sua non è stata una ritirata strategica, né una fuga. Il mistero della scomparsa di Antonio Bardellino, il «re» del crimine organizzato, che seppe efidare e vincere l'esercito di Raffaele Cutolo, ha per la prima volta una spiegazione ufficiale. E' contenuta nel documento che ha dato il via ad una raffica di provvedimenti giudiziari, ventuno mandati di cattura, emessi nei giorni scorsi dal giudice istruttore Vincenzo Scolastico. Il magistrato sta indagando infatti sulla sanguinosa lotta di potere apertasi nell'agro aversano dopo l'uscita di scena del dominatore incontrastato: «don» Antonio. Di lui non si sa più nulla da oltre un anno, da quando la notizia della sua uccisione rim¬ balzò da Santo Domingo, la piccola repubblica centro-americana, nella quale viveva trascorrendo una dorata latitanza. Fu uno dei suoi uomini, Luigi Basile, a raccontarne ai carabinieri la fine. Nel maggio dell'anno scorso si presentò in caserma, chiese protezione e annunciò un'imminente carneficina tra i famigliari di Bardellino e tra quanti erano rimasti a difenderne i molteplici interessi. Disse anche di avere saputo dell'uccisione del capo da Vincenzo De Falco, uno degli uomini del clan che l'avevano abbandonato per passare nelle file dei «vincenti». La notizia arriva il 26 maggio. Il giorno dopo Basile, dovendo scegliere tra finire in carcere e subire gli effetti di una prevedibile vendetta, opta per il primo. Ma alle confidenze del «pentito» mancò un riscontro fondamentale: il cadavere del boss, infatti, non fu mai ritrovato. Ora il magistrato, sulla scor¬ ta di «accertamenti di polizia e intercettazioni telefoniche» è giunto alla conclusione che Bardellino è stato ucciso. Come e perché? «Don» Antonio, si afferma, sarebbe caduto in una trappola. A tendergliela sarebbe stato proprio il più fidato tra i suoi luogotenenti, Mario Iovine, lui pure da anni latitante. Con quest'ultimo, Bardellino s'incontrò in Brasile, dopo essersi precipitosamente allontanato da Santo Domingo. Qualcuno gli aveva fatto credere che il suo nascondiglio era stato scoperto, che gli investigatori erano ormai lanciati sulle sue tracce. La conferma indiretta dell'eliminazione di Bardellino, per il giudice Scolastico, viene anche dalla commissione di un altro delitto «eccellente»: l'uccisione, pochi giorni dopo la scomparsa del boss, di un suo nipote, Paride Salzillo. Proprio a quest'omicidio si riferiscono i mandati di cattura partiti dall'ufficio istruzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e nei quali la morte di Bardellino viene data per certa. «Salzillo — sostiene il magistrato — non sarebbe stato ucciso se tutti non fossero stati più che convinti dell'avvenuta eliminazione del boss». Dell'episodio è accusato, tra gli altri, Francesco Schiavone, soprannominato «Sandokan», l'ex braccio destro di «don» Antonio, arrestato nei mesi scorsi in Francia e ritenuto, con Iovine, l'ideatore del piano che li ha portati ai vertici dell'organizzazione. Ma l'inchiesta ha svelato anche un complesso intreccio di «relazioni pericolose» tra camorra ed esponenti di amministrazioni locali — quelle di Casal di Principe e di San Cipriano d'Aversa, un tempo «feudo» del boss — alcuni dei quali sono stati già incriminati per favoreggiamento. Mariella Cirillo

Luoghi citati: Brasile, Casal Di Principe, Francia, Napoli, San Cipriano D'aversa, Santa Maria Capua Vetere, Santo Domingo