Treviso: due hanno contratto il virus, dubbi sulla morte di altri nove pazienti
L' Aids per una trasfusione Treviso: due hanno contratto il virus, dubbi sulla morte di altri nove pa2ienti L' Aids per una trasfusione Sangue sieropositivo a dodici persone TREVISO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una giovane donna malata di Aids, mi uomo sieropositivo. Per entrambi ima. trasfusione fatale con il sangue di un donatore che, ma è stato scoperto solo in seguito, era sieropositivo. Il suo plasma è stato trasfuso ad altri dieci pazienti. Soltanto uno è vivo e sano, nove sono morti. Su quei decessi, inizialmente attribuiti ad altre cause, pesa ora un dubbio angosciante e legittimo: La storia è venuta alla luce soltanto adesso, quando gli avvocati della donna che ha contratto il micidiale virus — A.G., una padovana di trentaquattro anni — sfondando un muro di imbarazzante silenzio sono riusciti ad accertare la verità. Sotto accusa l'ospedale di Asolo, provincia di Treviso. Nel marzo del 1986 la giovane donna viene ricoverata nel reparto di ginecologia. All'intervento chirurgico subentra una leggera forma di anemia. I sanitari decidono di farle una trasfusione, La donna viene dimessa, ma poco dopo avverte strani disturbi: spossatezza, astenia, ingrossamento delle ghiandole. Per A.G. comincia il calvario delle visite mediche e degli esami clinici alla ricerca del male misterioso che la consuma. La risposta, agghiacciante, arriva nel settembre del 1986 quando il medico curante, per ectrema cautela, fa sottoporre la donna anche al test dell'Aids. L'accertamento, compiuto dai sanitari della divisione malattie infettive dell'ospedale di Padova, dà esito positivo. A. G., una donna dalla vita senza «trasgressioni» rischiose, è affetta dalla sindrome da immunodeficienza acquisita. L'origine del contagio può essere una sola, quella trasfusione nell'ospedale di Asolo. La donna e il marito si affidano a due legali, Beniamino Del Mercato e Alberto Borella. Comincia la ricerca delle prove, per gli avvocati si chiudono tutte le porte. Tacciono i medici dell'ospedale di Asolo, tacciono i sanitari del Centro trasfusionale di Castelfranco Veneto, tace l'Unità sanitaria locale competente. Una lettera dell'avvocato Beniamino Del Mercato al presidente dell'Usi numero 13, Mario Gazzola, nel luglio dell'87, riceve una risposta sconcertante: «Mi disse che la pratica era stata trasmessa all'assicurazione perché risarcisse il danno all'interessata — spiega l'avvocato Del Mercato — e di fronte al muro di impenetrabile silenzio la mia assistita nel febbraio '88 decise di citare l'Usi numero 13 per danni. Attraverso vie informali, noi avevamo già scoperto la verità». • Il muro è stato squarciato soltanto pochi giorni fa (tre anni dopo il fatto), quando la commissione peritale nominata dal tribunale civile di Treviso ha depositato l'esito della perizia. Dalle cinquanta pagine stese dai periti emerge che il donatore di sangue, volontario dal 1983, era sieropositivo e che il suo plasma era servito per complessivamente dodici trasfusioni. Ma la perizia, compiuta tra i luminari dell'università di Padova, accerta qualcosa di più. Sette mesi dopo la trasfusione alla giovane padovana, il donatore viene sottoposto al controllo anti-Aids e risulta sieropositivo: ma nessuno dei sanitari del Centro trasfusionale di Castelfranco pensa di avvertire la donna. «Noi abbiamo cominciato a controllare i donatori soltanto nel giugno dell'86 — afferma il dottor Piergiorgio Da voli, aiuto del Centro trasfusionale —, ben prima che l'obbligo fosse imposto dalla legge. Ci fu comunicato dall'ospedale di Padova il sospetto che una donna fosse divenuta sieropositiva dopo una trasfusione all'ospedale di Asolo. Dopo la segnalazione, siamo subito risaliti al donatore». E il donatore è un uomo, poco più che trentenne, sposato e senza figli, non appartenente, ad alcuna categona a rischio. La moglie, sottoposta al test, è risultata sieronegativa. «Dopo la scoperta del sangue contagiato abbiamo subito cercato di individuare gli altri pazienti cui era stato trasfuso lo stesso sangue — dice il dottor Davoli —. Abbiamo accertato che nove persone, tutte anziane, erano decedute prima dell'autunno '86 per tumori o altre manifestazioni patologiche. Un uomo, che aveva ricevuto il sangue infetto dopo un incidente stradale, è sieropositivo». L'undicesimo paziente è una bimba, miracolosamente indenne dal contagio. La dodicesima vittima è la donna padovana. «Quando è emersa la verità abbiamo fatto quel che potevamo —dice il presidente dell'Usi numero 13, Mario Gazzola —: denunciare il fatto alla compagnia assicuratrice affinché risarcisse il danno all'interessata». Maria Grazia Raffele
Persone citate: Alberto Borella, Beniamino Del Mercato, Davoli, Del Mercato, Maria Grazia, Mario Gazzola, Piergiorgio Da
Luoghi citati: Castelfranco Veneto, Padova, Treviso
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