A Rimini si litiga sulle alghe di P. S.

A Rimini si litiga sulle alghe La lotta per salvare l'Adriatico non accomuna gli interessi di albergatori e pescatori A Rimini si litiga sulle alghe «Luci spente per dieci minuti», mala protesta fallisce RIMINI DAL NOSTRO INVIATO Gli alberghi chiusi, a Cesenatico, e i camerieri in livrea, impalati, sulle scale. Per 15 minuti la Riviera ha protestato anche così. Come in una foto d'altri tempi, quando il mare c'era ed era vivo. Da Goro a Cattolica. Solo a Rimini è andata male. Davanti agli stucchi del Grand Hotel, pochi cartelli: «Emerdenza alghe». Due -sindacalisti sul palco, e duecento persone lì sotto: bagnini in canottiera, marinai, qualche turista abbronzatissimo. Ma la capitale delle vacanze non risponde, è come inerte, rassegnata. Doveva essere il giorno del mare, della grande protesta sulle spiagge della Riviera. Doveva essere il giorno per far sentire la voce di Rimini, la sua rabbia. E invece Rimini s'è divisa, ha taciuto. Doveva spegnere le luci, nella sera, per dieci minuti: lo hanno fatto soltanto il Grand Hotel e pochi altri alberghi. Rimini ha fermato le sue fabbriche, indetto assemblee. Non c'era folla, però, dietro i cartelli, dietro gli slogan. Le vacanze continuano, indifferenti, anche se il mare è ancora di bava, da tredici giorni. «L'anno scorso era agosto, c'era più gente sulle spiagge e noi eravamo di meno in piazza», garantisce Luigi Rambelli, segretario regionale della Cgil ambiente. E Guglielmo Martinese, Cgil: «Gli albergatori spengono la luce per dieci minuti così risparmiano pure i soldi della corrente». La verità è che accanto all'Adriatico che muore si scontrano interessi e categorie: albergatori e commercianti da una parte; pescatori, bagnini e lavoratori del mare dall'altra. Non è protesta compatta. Nelle manifestazioni, sempre cartelli contro le piscine: «Non servono per salvare l'Adriatico». Durante il black out, invece, lo slogan è proprio l'opposto: «Le piscine per salvare la nostra economia». Due fronti che è sempre più difficile mettere d'accordo. In mezzo a questo dissenso, però, ci sono le voci di speranza. A Rimini sfilano anche turisti francesi: «Ensemble sauvons l'Adriatique». A Cervia volano gli aquiloni: «Salvare l'Adriatico è possibile». A Riccione, hanno riunito gli studenti, letto i loro temi. Claudia, 16 anni: «Io sono nata qui. Questo mare è la mia vita, la vita di mio padre e di mia madre. Quello che vedo adesso è un incubo. Sono sicura: mi sveglierà e sarà come prima». A Ravenna, consiglio comunale aperto alla cittadinanza. «La situazione è gravissima, c'è il rischio forte di assistere all'anossia e alla morìa di pesci», dice il sindaco, Mauro Dragoni, comunista. Aveva chiesto l'esercito, Dragoni, per levare la mucillagine dalle spiagge: ieri gli hanno risposto di no. Dovrà arrangiarsi con i camion del Comune. Altro consiglio aperto, a Cesenatico. Consiglio suggestivo, su una barca, «Il ghibli» che veleggia al largo. Folla di bagnanti sulla riva, a guardare da lontano. I bagnini hanno chiuso gli ombrelloni, la gente sul molo applaude. Giovanni Bissoni, pei, il sindaco, spiega: «Facciamo un consiglio comunale come si fa quando chiude una fabbrica. Si va nella fabbrica chiusa, per occuparla. Per questo abbiamo deciso di convocarlo sul mare, per rimarcare il nostro legame di vita ed economico con l'Adriatico. Al governo, alle regioni, alle province, a tutti noi chiediamo di non far finta che non sia successo nulla: nessuno può più dire io non c'entro». [p. s.]

Persone citate: Dragoni, Giovanni Bissoni, Guglielmo Martinese, Luigi Rambelli, Mauro Dragoni