LETTERE

LETTERE LETTERE Maccari e io poeti a Torino Gentile Direttore, ho letto con vivo piacere e commozione le lettere scritte da Maccari a Cremona sull'ultimo numero di «Tuttolibri». Maccari ha avuto un rapporto intenso con Torino e ha sempre mantenuto affettuosi rapporti con gli artisti. Bicordo che era venuto qui con Malaparte, a lavorare a «La Stampa». Aveva aperto una redazione de «Il Selvaggio» in via Pietro Micca. Ci si ritrovavano Cremona, Mazzetti, Primo Zeglio, Righetti. Noi meno, «Il Selvaggio» ci andava bene fino ad un certo punto. Ma ci vedevamo nei caffè di Piazza Castello, dove ascoltavamo le sue irriverenti boutade, le sue .'esaltazioni di Erich VonStroheim. Ricordo che collaborai a «Il Selvaggio» una sola volta, con una poesia popolare genovese: «L'uomo nasce, cresce in fasce/si precipita a bagasce/prende moglie si abbelina/e muore». Alla galleria della Zecca, nel '36-'37, feci una mostra di opere di Maccari e Longanesi. Ebbe molta attenzione. Avevamo fatto mostre di Manzù, Scialoja, Rosai. Poi lo vidi molte volte a Roma, nella sua «dacia» al Gin quale e, l'ultima volta, un po' di anni fa, a Canelli, dove aveva messo su una mostra di disegni erotici. Era un caro amico e sotto tutto quello scoppiettio di boutade un vero saggio. Tengo affìsso nel mio studio, oltre ai tanti ritratti fattimi durante i pranzi, una sua poesia scherzosa e affettuosa: «Al valoroso/Enrico Paulucci,/ portiere senza rivali, pittore/senza avversari, nobile senza/palle, con/ammirazione: il suo vecchio/Maccari». Un cordiale saluto. Enrico Paulucci

Luoghi citati: Canelli, Cremona, Roma, Torino