L'ultimo concerto di Capodanno

L'ultimo concerto di Capodanno La sofferenza in diretta da Vienna davanti a mezzo miliardo di telespettatori L'ultimo concerto di Capodanno Appariva stanco, smagrito, era tenuto in piedi da un apposito schienale issato sul podio Muoveva le braccia con difficoltà, dirigeva con le mani, con le dita, con lo sguardo. Efu un trionfo "7^1 TANCO, smagrito, la L ' maglia bianca dolcevita w che sostituiva camicia e I | cravatta (Karajan non k/1 amava le cravatte), lo speciale schienale di cui era munito il podio e al quale il maestro era costretto ad appoggiarsi durante i concerti. Milioni di telespettatori lo ricordano così. Nelle ultime apparizioni televisive le luci quasi lo accecavano, i dolori alla colonna vertebrale disegnavano sul volto una maschera di sofferenza, le telecamere riprendevano sempre la stessa scena: il maestro entrava in sala appoggiato ai leggìi degli strumentisti, si trascinava a fatica fino al podio, si sistemava contro lo schienale apparendo contratto, pallido e teso. Muoveva il capo per rispondere agli appluasi del pubblico. Poi in sala, calava il silenzio. Lui e la musica. Fu così anche il 10 gennaio di due anni fa, quando Karajan fu chiamato a dirigere a Vienna il Concerto di Capodanno. Era la prima volta che interveniva all'appuntamento: ripresa diretta, la sala del Musikverein colorata di fiori, i Wiener Philhar- moniker sull'attenti ad attenderlo, mezzo miliardo di telespettatori sparsi in trentacinque Paesi con gli occhi puntati su quella scena. I valzer di Johann Strauss padre, la compagnia di balletto della Staatsoper viennese, un programma tutto straussiano cori una parentesi mai prima tentata: l'esibizione dei cavalli lipizzani della scuola di equitazione di Vienna sulle note della Annenpolka. Su un punto il maestro era stato categorico: niente Offenbach, niente autori che non avessero a che fare con Vienna: che cosa c'entravano con quella tradizione, quell'atmosfera? Le prime note, e il maestro chiudeva gli occhi. Muoveva le braccia con difficoltà e spesso dirigeva con le sole mani o addirittura con le dita, con lo sguardo, i movimenti del viso: una grande dimestichezza fra lui e la musica, l'immedesimazione totale fra l'artista e la partitura conosciuta a memoria, le note che facevano muovere un muscolo del volto, un passaggio che rendeva più vivo lo sguardo, la musica come medicina che alleviava i dolori e gli dava la forza per arrivare fino in fondo. Tre mesi di malattia non gli avevano impedito di salire sul podio. Cominciò con l'ouverture del Pipistrello. L'irruenza delle prime note quasi contrastava con la figura del vecchio appoggiato allo schienale, le braccia tenute faticosamete nel vuoto, le rughe del viso messe impietosamente in evidenza dalle telecamere. Eppure il motivo scivolava via con smalto e misura impeccabili, gli orchestrali sapevano leggere i minimi scatti del maestro, bastava un gesto apparentemente insignificante a far scaturire impulsi ritmici essenziali, impennate vigorose, sfumature imprevedibili. Un valzer, una polca, le note del Kaiserwalzer. Ce la farà Karajan a concludere il concerto? Ne avrà la forza? Il soprano americano Kathleen Battle eseguì la versione per canto e orchestra di Voci di primavera. L'ultimo motivo fu la Radetzky Marsch. Il maestro riusciva ancora a sorridere. Mauro Anselmo Il maestro Karajan nel 1950

Persone citate: Johann Strauss, Karajan, Kathleen Battle, Marsch, Mauro Anselmo, Offenbach, Radetzky

Luoghi citati: Vienna