Opere d'arte in malora tra furti e vandalismi
Opere d'arte in malora tra furti e vandalismi La Corte dei conti: troppa incuria per i beni culturali Opere d'arte in malora tra furti e vandalismi ROMA. I beni dello Stato vanno in malora per incuria e mancanza di controlli. Nella requisitoria sul rendiconto generale dello Stato per l'88, chiuso con un disavanzo di 920 mila miliardi, il procuratore generale della Corte dei conti, Emidio Di Giambattista, denuncia abusi, vandalismi e furti. Musei, pinacoteche, archivi, biblioteche e scuole statali — ha detto il magistrato — sono alla mercé dei ladri come opere e monumenti abbandonati. Per di più l'inventario delle opere d'arte è lacunoso: sono state stimate solo 1220 miliardi di lire. «La situazione—ha aggiunto il pg — è messa drammaticamente, in evidenza dalla sistematica spoliazione di importanti giacimenti archeologici. I reperti sono portati alla luce da scavatori clandestini, mancano le catalogazioni. E ciò dà luogo a grottesche pantomime: i ricettatori stranieri chiedono al ministero dei Beni culturali se l'oggetto acquistato è di provenienza furtiva, e si sentono ri¬ spondere che si tratta di reperti sconosciuti». Nel nostro Paese sono stati accertati lo scorso anno 23 furti nei musei statali (186 opere d'arte), 53 nei musei pubblici e privati (506 oggetti), 312 nelle chiese (2 mila 367 oggetti) e 333 presso privati (12 mila 130 oggetti). Questi furti, ha detto Di Giambattista, sono stati spesso favoriti dall'incuria e dalle generali carenze del ministero dei Beni Culturali. Numerosi pubblici dipendenti dovranno cosi rispondere del loro operato, rischiando di dover rimborsare i danni recati allo Stato. L'alto magistrato ha, poi, puntato il dito accusatore sull'abusivismo sulle aree demaniali marittime, chiedendo a governo e Parlamento di far intervenire l'esercito per sgombrare le spiagge e tutti i beni demaniali occupati abusivamente da cabine, stabilimenti balneari, alberghi, villaggi turistici e ristoranti. Il pg della Corte dei conti, condividendo le tesi dell'alto commissario per la lotta alla mafia Domenico Sica, ha sostenuto che «la tolleranza di illeciti finisce per screditare l'immagine dello Stato, quale proprietario dei beni e quale autorità, proprio nelle aree a più alta concentrazione di criminalità economica, dove sarebbe necessario riaffermare la prevalenza della legge sulla prepotenza e il sopruso». L'alto magistrato ha, poi, sottolineato che nella gestione del patrimonio dello Stato si è avuto nell'88 un deficit di 153 mila miliardi con un peggioramento del 9,2% rispetto all'anno precedente. A determinare questa situazione hanno contribuito i Bot, passati a 245 mila miliardi di lire (il 17,5% in più dell'87). Il pg si è detto infine scettico sulla possibilità di un consistente ricavato per l'erario derivante dalla vendita a privati di parte degli immobili dello Stato (18 mila miliardi). A suo parere «non ci deve essere svendita, occorre accertare se non esiste la possibilità di una loro migliore utilizzazione». [p.l.f.1
Persone citate: Di Giambattista, Domenico Sica, Emidio Di Giambattista
Luoghi citati: Roma
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