Gli arricchiti della guerra d'Afghanistan

Gli arricchiti della guerra d'Afghanistan Sia Kabul sia gli emissari del Pakistan offrono denaro per ottenere i favori delle tribù di confine Gli arricchiti della guerra d'Afghanistan erPass KABUL NOSTRO SERVIZIO Dice un proverbio che se si trovano un serpente e un Arridi in camera da letto, bisogna uccidere prima l'Afridi. Sparsi a ridosso del confine tra Pakistan e Afghanistan, i 600 mila Arridi vivono in una terra dove ancor oggi il governo non ha autorità. Sin dai. tempi dell'Impero, gli Afridi hanno sorvegliato il Khyber Pass in cambio di dena ro e sovranità assoluta; della libertà di imporre tangenti é quella di depredare carovane lungo quella che un tempo era la strada che congiungeva Kabul a Delhi. ' Gli ufficiali inglesi fomentavano le rivalità fra le tribù e ricordavano loro di tanto in tanto chi era il padrone, scatenando piccole guerre nel corso delle quali prendevano ostaggi e razziavano villaggi. Un'abitudine che fu perpetuata dal Pakistan. Nadyer Khan, malik (re) della tribù, è un capo Afridi. E' un uomo piccolo e vivace sulla sessantina che, infagottato in un cappotto più grande della sua taglia e con uri ombrello nero, non sfigurerebbe su una linea della metropolitana del centro di Londra, se non fosse per il manipolo di sette tipacci armati di kalashnikov che lo seguono come la sua ombra. All'interno del suo fortino di fango diroccato, il malik serve carne di pecora macellata di fresco e champagne russo in una sog¬ giorno foderato di legno e ornato da tende di broccato. Dall'età di 22 anni controlla la tribù di Zakakhel. Gli Zakakhel e i Kukikhel sono per tradizione le più importanti tra le otto tribù Afridi, perché controllano la strada e il confine; principale via del contrabbando tra 1 due Paesi. La strada fortificata che corre lungo il Khyber Pass fu costruita dagli inglesi nel 1842 dopo la prima guerra afghana, per fermare l'espansionismo russo. Anche oggi il governo non ha autorità sui versanti del confine: gli ufficiali di dogana guardano impotenti il passaggio di contrabbandieri carichi di merci. La lotta per la supremazia tra le tribù Zakakhel e Kukikhel coinvolge sia il governo pakistano sia quello afghano, intenti ad appoggiare i due contendenti che cambiano continuamente bandiera. Da quando le truppe sovietiche invasero l'Afghanistan nel 1979, la posta in gioco è aumentata. Le tribù hanno assunto nuova importanza; il Pakistan ambisce ad usare il territorio degli Afridi per installarvi basi dei mujaheddin, mentre il regime di Kabul è ansioso di tagliare la principale via di rifornimenti ai guerriglieri. Acerrimo rivale di Nadyer Khan era il gran malik Kukikhel, Wali Khan Kukikhel, morto di recente. Poco dopo la spartizione, disapprovata dalla maggior parte degli Afridi, Wali Khan ruppe col governo pakistano, il quale fece radere al suolo il suo villaggio. Dopodiché, il malik Kukikhel passò il confine con l'Afghanistan, dove rimase fino al '62, anno in cui il presidente Ayub Khan si riconciliò con lui e gli diede un posto in Parlamento. Nadyer Khan si schierò allora con l'Afghanistan, unendosi a Ghaffar Khan nella battaglia per il Pushtunistan, una regione in cui vivono nell'indipendenza le tribù Pushtun, a cui appartengono gli Afridi. Con l'appoggio dell'Unione Sovietica, dal 1972 al 1974 imbracciarono i< fucili contro il governo di Zufilkar Ali Bhutto. Dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan, la «questione Pushtun» fu accantonata e Nadyer Khan fece ritorno in Pakistan. Oggi la cognata del presidente Najbullah vive nella sua casa di Kabul. Nadyer ha avuto modo di conoscere la famiglia Najbullah: «Najib non contava niente a quell'epoca. Di solito mi puliva le scarpe». Mentre Nadyer Khan trattò con i pakistani, Wali Khan Kukikhel conquistò il versante afghano del confine, ricevendo ingenti quantità di denaro e di armi per impedire che la resistenza si servisse delle aree tribali come basi operative. Nadyer Khan afferma di avere anche ricevuto armi e fondi dal regime di Kabul, ma di averli usati contro il regime. Gli Afridi dipendono dal con¬ trabbando per la loro sussistenza: pagano una modesta tangente ai rappresentanti del Pakistan, che impiegano il denaro come fondo segreto da cui attinge per dirimere le controversie tra le tribù. L'offensiva di Jalalabad aveva creato gravi problemi agli Afridi, riducendo del 15 per cento il contrabbando. I rapporti tra i malik e gli emissari pakistani sono la prosecuzione di quelli intercorsi con gli inglesi prima dell'indipendenza. Questi ultimi garantivano loro potere e assistenza finanziaria. Dichiara Nadyer Khan: «I malik erano piccoli re. Il sistema si perpetuava da sé, poiché soltanto i malik potevano permettersi di studiare, ed era così radicato che era ancora in auge quando tornai da Kabul nel 1979». Oggi il potere dei malik vacilla sotto il peso della droga e delle armi. Nel territorio degli Afridi viene prodotta più della metà dell'eroina di alta qualità spacciata nel mondo. La portata dei guadagni è tale che alcune fortificazioni hanno pavimenti di marmo e vasche per l'idromassaggio. La guerra in Afghanistan ha anche reso facilmente reperibili armi sofisticate. Un Afridi non si considera vestito senza la sua pistola. Nadyer Khan ricevette la prima pistola all'età di sei anni. La maggior parte dei fortini sono ora dotati della contraerea. Dice Nadyer Khan: «In ogni casa ci sono armi, ma ora la nostra gente dispone di kalashnikov e di dashakor, anziché di fucili di calibro 303». Nonostante gli Afridi siano armati fino ai denti ed abbiano un aspetto bellicoso, il numero degli omicidi è in effetti inferiore a quelli commessi nelle strade di New York, poiché il sistema feudale funziona da deterrente. Spiega Nadyer Khan: «Occhio per occhio, dente per dente. Un Afridi si vendica sempre. Non oserei uccidere perché per il resto della mia esistenza sarei in pericolo. Se tuo fratello uccide il mio, è mio dovere uccidere qualcuno della tua famiglia. Se non riesco ad uccidere tuo fratello, uccido te». Nonostante questo clima di crudeltà, le tribù sono governate democraticamente, sul modello della democrazia ateniese. Si tengono «jirgas», consigli, per comporre le liti, con la partecipazione dei due contendenti e dei membri di altre tribù. Possono intervenirvi fino a 5000 persone e proseguire per settimane finché non si trovi un accomodamento. Mentre la «jirga» è in corso, si sigla un accordo eli pace, detto «tiga», che significa «metterci una pietra sopra». Nadyer Khan deve spesso vigilare sulle infrazioni alla legge tribale. «La settimana scorsa ho incendiato il fortino del mio migliore amico perché la "jirga" ha stabilito che suo figlio aveva rubato una macchina ed era fuggito». Christina Lamb Copyright «Financial Times» e per l'Italia «La Stampa» Alcune tribù sono padrone assolute delle zone di confine tra Afghanistan e Pakistan