Assoluzione per le «felci assassine» di Gabriele Romagnoli

Assoluzione per le «felci assassine» Nei boschi senza mascherina: oncologi e botanici italiani smentiscono gli esperti inglesi Assoluzione per le «felci assassine» «Spore non cancerogene» TORINO. Era stata messa sotto accusa con un'imputazione gravissima: assassinio. La felce aquilina era già indicata come «pianta-killer». Il pubblico ministero, rappresentato dagli scienziati inglesi del Bracken Internationale Group, non aveva dubbi: de sue spore sono cancerogene. In attesa del «processo», gli uomini della Forestale avevano preannunciato misure cautelative: non avvicinarsi ai felceti o proteggersi con una mascherina. Poi, a sorpresa, l'assoluzione: il fatto non sussiste. La stessa Forestrv Commission ha fatto marcia indietro: «L'allarme del Bracken Group? — dicono adesso — Eccessivo. Oltretutto manca un rapporto scientifico vero e proprio, c'è soltanto qualche segnalazione, non supportata da serie analisi scientifiche. I nostri uomini non porteranno mascherine. Dalle spore della felce non hanno mai avuto problemi». In Italia, l'assoluzione per la presunta felce-killer è stata immediata e unanime. Oncologi, botanici e forestali hanno raccolto sì qualche indizio della sua tossicità, ma escludono che le sue spore possano avere conseguenze letali. Il professor Giuseppe Della Porta, dell'Istituto italiano tumori, dice: «Sospetti sulla felce ce ne sono da tempo. Il ricercatore inglese Boyland li ha spesso sollevati durante congressi scientifici, ma riferendosi al di¬ lavamento dei felceti, mai alle spore». «Anche in Turchia — prosegue — sono stati segnalati, già da diversi anni, casi di carcinoma alla vescica per ruminanti che si nutrono di questa felce. Sostanze tossiche, d'altronde, sono contenute in numerosi vegetali, anche commestibili. Sono i cosiddetti "pesticidi naturali", che aiutano le piante a difendersi dagli insetti e a sopravvivere». Il botanico precisa: «Che la felce aquilina sia tossica se ingerita — dice il professor Silvano Scannerini, docente di botanica e biologia alla facoltà di Scienze naturali di Torino — si sa da almeno sessantanni. Esistono casi documentati di avvelenamento del bestiame. Sia i rizomi che le fronde di questa pianta contengono infatti un enzima, la tiaminasi, che demolisce la vitamina B. «Questo processo — continua Scannerini — provoca disturbi che nell'uomo possono portare all'ipoplasia del midollo osseo, alla diminuzione delle piastrine nel sangue e, al limite, a manifestazioni emorragiche. Tutto questo è risaputo. Che le spore possano essere cancerogene, invece, lo escluderei». «Infatti — aggiunge Scannerini — le spore di questa felce hanno una copertura inerte e praticamente indegradabile per un mammifero. Non vedo proprio come potrebbero riuscire a provocare simili effetti». Il forestale tranquillizza: «L'idea di consigliare l'uso di mascherine a chi va nei boschi — dice Attilio Salsotto, coordinatore per il Piemonte del Corpo forestale dello Statò —I non ci ha mai neppure sfiorato. Sarebbe come suggerire di indossare lo scafandro per difendersi dai morsi delle vipere». «I pericoli veri — continua Salsotto — si incontrano fuori dal bosco. Le spore della felce aquilina, diffusa sì, ma localizzata in ambienti particolari, ci sono soltanto in alcuni periodi e non mi risulta che abbiano mai causato problemi alla salute, né dei nostri agenti, né di chi passeggia nei boschi». Ma dóve si trova questa pianta, affrettatamente accur sata di mettere a repentaglio la camminata ecologica? «E' diffusissima — risponde il professor Franco Montaceli ini, ordinario di Fitogeografia all'Università di Torino — cresce in tutte le parti del globo, è una pianta cosmopolita. In Inghilterra ha la sua massima diffusione, ma nasce un po' in tutta Europa, in America meridionale e perfino nella steppa. In Italia la si può incontrare in tutte le zone marginali dei boschi, fino all'altezza di circa 1000 metri. Cresce soprattutto laddove l'uomo ha fatto sentire in modo marcato e negativo la sua presenza, disboscando e impoverendo l'ambiente. I suoi suoli d'elezione sono quelli poveri e acidi». In tutto l'arco alpino e quello appenninico la felce aquilina è presente, ma mai in grosse concentrazioni. Per chi comunque diffidasse delle rassicurazioni e volesse girare al largo, il fitogeografo precisa: «Si trovano specialmente nelle radure, sono riconoscibili per le grandi dimensioni e per l'asse della fronda eretto e scuro». Il professor Scannerini è però categorico: «Non si ha notizia neppure di una semplice allergia correlata alle spore della felce aquilina». Gabriele Romagnoli tutto l'arco alpino e quello enninico la felce aquilina è ente, ma mai in grosse conrazioni. Per chi comunque dasse delle rassicurazioni e sse girare al largo, il fitografo precisa: «Si trovano ialmente nelle radure, sono noscibili per le grandi disioni e per l'asse della fronretto e scuro». professor Scannerini è però gorico: «Non si ha notizia pure di una semplice allercorrelata alle spore della e aquilina». Gabriele Romagnoli Una pianta cosmopolita Lo «pteridium aquilinum» erroneamente accusato di essere un killer cresce in tutto il mondo. La si trova però soprattutto in Inghilterra. In Italia è frequente in tutto l'arco alpino fino a 1000 metri.

Luoghi citati: Europa, Inghilterra, Italia, Piemonte, Torino, Turchia