Esperti in affari, ma attenti all'ambiente e al sociale

Supermanager per l' Europa Nasce a losanna Itoi-Harvard diretta da uno dei più rivoluzionari docenti di gestione aziendale Supermanager per l' Europa rtiin affari, ma attenti e al sociale LONDRA. Juan Bada, direttore generale dell'Istituto per il Management Internazionale di Ginevra (Imi), è unanimemente, considerato cqme uno dei più moderni e rivoluzionari docenti di gestione aziendale. Mentre gli studenti delle altre scuole passano il tempo a studiare il caso di una linea aerea statunitense ò di una società elettronica, una classe dell'Imi starà probabilmente ascoltando la ter zione di un neurochirurgo che spiega coinè funziona il cervello umano. All'inizio dell'anno prossimo Rada si sposterà sull'altra sponda del lago di Losanna per occuparsi di un nuovo istituto che, questa è la speranza dei suoi ideatori, sarà la risposta europea alla Harvard Business School. Si chiamerà International Institute for Management Development (Imid) e sarà il frutto dell'unione tra l'Imi e l'Ir mede, una scuola rivale. Molti insegnanti dell'Imede si sono opposti con tutte: le loro forze alla nomina di Rada a direttore generale del nuovo istituto, pensavano che il loro rettore sarebbe stato un candidato migliore. Probabilmente sarebbe stato un amministratore migliore, ma Rada, che ha solo 38 anni, sarà di sicuro più avventuroso. Secondo lui, infatti, le scuole di amministrazione aziendale hanno un serio problema: la maggior parte, di ciò che insegnano sarà inutile nel giro di cinque o dièci anni. I tempi in cui viviamo sono troppo imprevedibili per poter dire di cosa avranno bisogno i manager del futuro. «Le scuole sono.i posti dove si insegna la verità — dice — ma nel campo degli affari non esistono'verità. Ci sono solo differenti esperienze, modi diversi di fare le cose. Quindi la scuola deve riconoscere che anche l'ignoranza ha un suo posto». Le scuole di affari devono fornire ai manager la preparazione per imparare, piuttosto che insegnare una serie di discipline. Se le aziende vogliono che i loro dirigenti acquisiscano delle competenze specifiche, come saper leggere un bilancio, «allora è meglio che si comprino una videocassetta», dice Rada. '~ L'unica previsòne che si permette sulle capacità necessarie per il manager del futuro è che dovrà saper gestire le risorse umane. «Tradizionalmente i dirigenti d'azienda passano dal 40 al 60% del loro tempo gestendo le risorse umane, in futuro questo compito occuperà l'80% del loro tempo». «Le nostre forze lavoro — continua — stanno cambiando, se non cambiamo anche noi quel che succederà è che non saremo in grado di assumere le persone di cui abbiamo bisogno». Una delle cose che dovrebbero fare le business school, afferma, e incoraggiare i manager a pensare di più al contesto politico e sociale in cui operano. I dirigenti devono essere capaci di anticipare le tendenze piuttosto che reagire semplicemente ai cambiamenti. Secondo Ra- da i manager europei hanno in generale una maggiore- attenzione all'ambiente politico che li circonda rispetto ai loro colleghi americani. «Penso che l'atteggiamento dei manager europei sia molto più sensibile alla politica, non necessariamente alla politica dèi partiti, ma attento agli sviluppi politici. L'Europa ha una cultura molto più ideologica. Le elezio-' ni nazionali hanno un impatto molto più forte sull'industria di quanto non accada negi Usa». «Non basta saper leggere i conti» Nonostante ciò, Rada teme che le imprese non saranno capaci di reagire abbastanza rapidamente ai problemi dell'ambiente. «Stiamo vivendo un grande periodo di transizione, l'industria capisce per la prima volta che la natura è anche affar suo, che non può permettere ai Verdi di attribuirsi l'esclusiva proprietà degli alberi è dei laghi». «L'industria, piuttosto, deve sviluppare un sistema che sia in sintom'a con la natura. Invece di reagire alle norme sullo smaltimento dei rifiuti le industrie devono sviluppare delle fabbricazioni che non producano rifiuti». «Probabilmente verranno varate delle leggi che attribuiscono alle aziende la responsabilità di riciclare i prodotti che vendono. Ad esempio non mi stupirei se venisse approvata una norma che impone ai fabbricanti di frigoriferi di riciclarli. Così se il consumatore ha un frigorifero da buttare via chiama il concessonaiio locale che è obbligato a venire a riprenderselo». Se le aziende non si muoveranno in questo senso, afferma Rada, potrebbe¬ ro finire per pagare un prezzo molto alto. Una delle difficoltà nel capire il contesto politico è che «talvolta è così vicino a noi che non riusciamo a vederlo». La maggior parte dei discòrsi in Europa verte su due argomenti: il Mercato Unico e la perestrqjka. Ma pochi manager, afferma Rada, sembrano consapevoli di quanto il primo dipenda dal successo della seconda. «Nel 92'saremo più condizionati» «Penso che nel 1992 saremo molto più condizionati da quello che avviene tra l'Est e l'Ovest che non da quello che succede nella Cee — afferma — se la perestrqjka dovesse fallire l'Europa stringerà i suoi rapporti con gli Usa e, sebbene la spinta per la costruzione di un'Europa unita non si spegnerà mai, si indebolirebbe». «Se, d'altro canto, la perestrqjka dovesse aver successo ci sarebbe un enorme cambiamento nella natura della competizione internazionale. Si assisterebbe all'apertura dell'Europa dell'Est e, almeno in certi campi, i sovietici diventerebbero formidabili concorrenti. Questo non avverrebbe però nel breve periodo, perchè, in questo caso, sarà l'Occidente a far breccia nei loro mercati». Rada ha iniziato ad interessarsi alla gestione aziendale perché nel 1968, durante un anno di studio negli Stati Uniti, era ospite della famiglia del presidente della International Multifoods di Minneapolis. L'importanza delle ricadute politiche dell'industria è qualcosa che aveva già capito quando era un leader studentesco all'Università cattolica del Cile, al¬ l'inizio degli Anni 70. Apparteneva ad un gruppo di democristiani che poi abbandonarono il partito per diventare sostenitori del governo di sinistra di Salvador Allende. Quando il governo di Allende cadde con il colpo di Stato del 1973 Rada si rifugiò nell'ambasciata venezuelana di Santiago dove rimase tre mesi, fino a quando un cardinale non riuscì a farlo uscire dal Paese. Molti dei suoi colleghi furono arrestati e sapendo che era al sicuro raccontarono durante gli interrogatori che èra responsabile di molte più còse di quanto realmente non fosse. Così il fascicolo intestato a suo nome crebbe sempre di più e a Rada non fu permesso di tornare a visitare il Cile fino al 1983. «Ho scoperto tutto verso il 1980, la gente che conoscevo iniziò a dirmi cosa aveva raccontato durante gli interrogatori. Quando ti stanno torturando devi raccontare alla polizia una storia credibile». Dopo aver lasciato il Cile Rada andò a Parigi e poi in Inghilterra dove iniziò un corso di dottorato alla London University. La sua tesi verteva sulla relazione tra istruzione e produzione. Poi nel 198Ù entrò all'Imi e nel 1986 ne diventò direttore generale. Rada non rimpiange il suo appoggio al governo Allende: «E' difficile da capire per gli europei ma non penso che lo sia per i latino-americani. C'erano tutti i problemi della giustizia sociale, le grandi differenze nel sistema, qui voi venite da famiglie ricche. Dovete capire qual era il contesto». Rada ha comunque tratto delle lezioni chiare dall'esperienza di Allende: «La scena economica latino-americana può essere divisa tra quelli che pensano che lo sviluppo economico si basa sulla distribuzione del reddito e che allora la ricchezza si svilupperà da sola ed un gruppo convinto invece che tutto quello che bisogna fare è creare reddito e poi questo si distribuirà autonomamente. Una parte della coalizione che sosteneva Allende rappresentava l'ala estrema di questa linea: distribuisci, statalizza e la creazione di ricchezza avverrà da sola». «Oggi è chiaro che sono le forze del mercato che distribuiscono le risorse, che non si può interferire in questo processo, che il processo di creazione della ricchezza è un processo assai complesso su cui non si può lavorare in modo improvvisato». Una seconda lezione è che il cambiamento politico, per avere successo, ha bisogno di un'ampia base di consenso. «Penso che la mia generazione sarà estremamente prudente dal punto di vista politico, non per un qualche pregiudizio ideologico, ma semplicemente perché abbiamo visto troppi dei nostri amici morire e così abbiamo imparato che i movimenti sociali ed i sistemi istituzionali sono molto più delicati di quanto si possa pensare». Michael Skapinker Copyright «Financial Times» e per l'Italia «La Stampa» CHI PREFERISCE LE SCUOLE USA Studenti stranieri che frequentano i corsi di istruzione superiore'