Quello storico 800 fra Harbig e Lanzi di Gianni Romeo

Quello storico 800 fra Harbig e Lanzi sa Afflai mAtML&M® Quello storico 800 fra Harbig e Lanzi Cinquantanni fa, 15 luglio 1939. Sull'Europa si addensano le nubi della guerra, ma lo sport è ancora vivo. Quel giorno, per Italia-Germania, diecimila al-, l'Arena di Milano. Il clou, gli 800: si sfidano Mario Lanzi, ar-. gento alle Olimpiadi di Berlino 1936, e Rudolph Harbig, òro agli Europei di Parigi 1938, i due più celebri interpreti del j doppio giro di pista. Raccontiamo la corsa con le parole che in seguito usò lo stesso Lanzi, scomparso nel 1980 a 66 anni. . «L'idea di sbalordire mi era germogliata un mese prima, quando in un test segreto avevo avvicinato sugli 800 il tempo di l'47" — il primato del mondo era dell'inglese Wooderson con l'48"4, ndr —. E su quella pista in carbonella giocai la mia carta. Ero alla corda, Harbig alla mia destra, poi Bellini e Brandscheidt. Mi scatenai, provando subito una sensazione stupenda di facilità. L'idea che Harbig doveva soffrire alle mie spalle per reggere quel ritmo mi dava le ali. Mi trovai ai 500 metri quasi senza sforzo, e intanto mi preparavo psicologicamente a lottare con l'avversario sull'ultimo rettilineo, a contendergli metro su metro. Sapevo che lì avrebbe attaccato, anche se in quel momento non lo sentivo dietro di me». Non sentiva i passi di Harbig perché prudentemente il tedesco, ammonito dagli urli dell'allenatore Gerschler che leggeva sul cronometro tempi pazzeschi, aveva concesso un po' di spazio allo scatenato italiano. «Il pensiero che si stava avvicinando la vittoria e forse il record del mondo mi trasportava. Poi, all'ingresso del rettilineo, ecco Harbig. Un lampo. Mi superò brutalmente. Mi sbalordì a tal punto che pensai: dove va quel folle? Impressionato, smisi quasi l'azione di spinta e soltanto negli ultimi metri tornai a scuotermi. Avrei potuto concludere la gara in l'47", anziché l'49", senza quella paralisi da sbalordimento». , Incredulo Lanzi, increduli tutti. Anche Harbig, che risponde così al suo allenatore quando eccitatissimo gli corre incontro gridandogli lo strepitoso l'46"6 del record mondiale, 1 "8 meglio del primato di Wooderson: «Il vostro cronometro non funziona». Incredulo il mondo dell'atletica, del tutto impreparato a un'impresa che usciva dal suo tempo. Ci sarebbero volute sedici stagioni prima che il belga Moens, nel 1955, superasse il record propiziato da Locomotiva-Lanzi. Ma torniamo a quel 15 luglio e a quella gara. Lanzi, con l'49", migliorava il proprio récord italiano di 5 decimi. Un limite superbo non solo all'epoca, perché sarebbe teoricamente bastato tanti anni dopo per vincere le Olimpiadi di Londra (1948) o di Helsinki (1952). Un limite che in Italia soltanto nel 1963 sarebbe stato superato (da Francesco Bianchi). Ma in quel momento non rendeva appieno giustizia al valore dell'azzurro. Harbig aveva allora 28 anni e una ancor breve carriera nelle gambe, Lanzi ne aveva 27. Per dire della vitalità dell'azzurro, basterà ricordare che fu, capace di andare in Nazionale ancora nel 1951, a 37 anni! Rudolph Harbig era nato a Dresda T8 novembre -1913. Di famiglia povera, si dovette presto guadagnare da vivere come impiegato. La svolta nel 1934, a 21 anni, quando venne notato in una gara di propaganda da Waldemar Gerschler, un tecnico dalle idee innovatrici, che aveva intùito i pregi dell'allenamento frazionato o intervaltraining, metodo che sarebbe stato applicato assai più avanti, nel mezzofondo. Gerschler fu un precursore e Harbig un allievo modello. Capace di correre i 100 in 10"6, tramutava gli 800 in una gara da sprinter nel rettilineo finale. Fallite le Olimpiadi di Berlino per un'intossicazione alimentare, Harbig diede il meglio di sé dal 1938 al 1941 con i primati del mondo dei 400 e degli 800, poi quello dei 1000. Restò imbattuto sugli 800 per quattro anni, dal 23 agosto del 1936, appena dopo l'Olimpiade, al settembre del 1940 quando Lanzi, e chi altrimenti?, lo sconfisse a Como. Longilineo, 1,74, affilato. La classe pura e il raziocinio contro la forza esplosiva e garibaldina si potrebbe dire, paragonandolo a Mario Lanzi, un giovanotto ben piantato, 1,80, cosce poderose, forza fisica che sprizzava da tutti i pori. Lanzi era appena'poco più giovane di Harbig, essendo nato a Castelletto Ticino (Novara) il 10 ottobre 1914. Disputò una trentina di corse in bici prima che una brutta caduta gli procurasse una frattura a una mano e un taglio in testa. L'atletica avrebbe benedetto questa caduta, perché le venne consegnato un campione di razza come pochi altri della storia azzurra. Nel 1934, quando Harbig cominciava appena a scalare la gloria, già Lanzi era secondo agli Europei di Torino negli 800. Poi l'occasione mancata alle Olimpiadi di Berlino, quando violentando la sua natura accettò la gara tattica, ai 400 era addirittura in ottava posizione, e lo sprint poderoso del secondo giro lo portò a rimontare tutti ma non l'americano Woodruff, e fu secondo. Fu uomo generoso, utile all'atletica anche negli anni del tramonto, quando diresse la scuola di Schio con entusiasmo. Proprio a Schio Lanzi moriva nel fejbbraio del 1980. L'aveva preceduto di molti anni Rudolph Harbig: arruolato fra le truppe aerotrasportate, venne ferito una prima volta nel 1943. Dopo molti mesi d'ospedale ripartì e cadde nel marzo del 1944 sul fronte russo mentre difendeva un ponte. Nella città natale di Dresda, sulla sua tomba purtroppo vuota, perché il corpo non fu mai ritrovato, è stato scritto: «Solo i dimenticati sono veramente morti». Un epitaffio nel quale è il caso di accomunare l'amico e rivale Mario Lanzi. Gianni Romeo