Il medico dice no agli sport «cattivi»

Il medico dice no agli sport «cattivi» Oggi il nuovo codice deontologico al vaglio dell'assemblea degli Ordini provinciali Il medico dice no agli sport «cattivi» «Nessuna collaborazione se l'obiettivo è il danno fisico» TORINO. Sarà abolita la boxe? Forse no, ma da oggi si riapriranno le polemiche. I medici da questo sport, che richiede obbligatoriamente la loro presenza, cominciano a prendere le distanze. Come si deve leggere, altrimenti, l'articolo 105 del nuovo codice deontologico, che oggi passerà al vaglio dell'assemblea degli Ordini provinciali? Recita, testualmente: «Il medico non deve dare la propria collaborazione ad attività sportive che abbiano per obiettivo il perseguimento del danno fisico grave dei contendenti». La boxe è uno sport che persegue il danno fisico grave? E' opinabile e l'articolo è ambiguo. Il problema oggi sarà posto. Dice l'onorevole Danilo Poggiolini, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici: «E', comunque, un'indicazione precisa». Il codice è generico. E se non dà veti, di certo apre la strada all'«obiezione di coscienza» del medico. Se i medici si rifiuteranno di assistere agli incontri di pugilato dovrà cambiare il regolamento. C'è un altro articolo meno dubbio che interessa questo sport. Stabilisce che .«il medico deve poter decidere in qualsiasi momento se un atleta può o no proseguire la prestazione». E ancora: «Il medico deve avere l'autorità di poter sospendere la prestazione e, comunque, intervenire con prontezza per il trattamento delle lesioni subite disponendo di tutti i mezzi necessari». L'onorevole Poggiolini: «Sul ring ora il medico può intervenire solo quando è chiamato dall'arbitro. E' un articolo che può avere conseguenze grosse. A cominciare dall'apertura di una serie di provvedimenti disciplinari. Oggi se ne dovrà discutere». Che faranno i medici? Si rifiuteranno di assistere agli incontri? Sempre per la medicina dello sport, il codice vieta di «consigliare, prescrivere e comunque fare ricorso al doping». Un capitolo riguarda i detenuti che decidono lo.sciopero della fame. Il vecchio codice si limitava a dire che il medico doveva informare il recluso delle con¬ seguenze, ma «non assumere iniziative, né partecipare a manovre coattive di nutrizione». Il nuovo codice ribadisce il principio deU'informazione, ma aggiunge che il medico deve intervenire «nell'osservanza delle leggi vigenti, quando si profila l'eventualità di un danno irreparabile o un pericolo per la vita». Eutanasia. Il codice dice che il medico deve astenersi dall'accanimento terapeutico «nell'irragionevole ostinazione in trattamenti da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per il paziente o un miglioramento della qualità della vita». E ancora: «il medico, nel rispetto della volontà del paziente, potrà limitare la sua opera all'assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze». E' un sì all'eutanasia passiva? Sembra, ma così non si deve interpretare. L'onorevole Poggiolini: «Non significa smettere di curare il paziente terminale, significa smettere di accanirsi. Il medico deve togliere il dolore e assistere il malato fino a una morte dignitosa». Già, ma significa togliere dei farmaci: «Forse si può togliere qualche ora, o qualche giorno di vita. Ma meglio sette giorni senza dolore, che dieci di atroci sofferenze». E' eutanasia? «No». Il margine però è labile. Il codice dice anche che deve essere mantenuto il sostegno vitale ai malati in coma, e che «in nessun caso, anche se richiesto dal paziente, il medico porrà in essere azioni capaci di abbreviare la vita». Un capitolo importante è dedicato all'informazione. Il codice riconosce il diritto all'informazione da parte del malato, la più ampia e chiara possibile («ogni quesito dovrà essere soddisfatto»). La malattia grave potrà essere comunicata ai famigliari, ma la volontà del paziente, anche in questo caso, deve prevalere. Conoscere la malattia significa partecipare in modo diverso alle cure e accrescere le probabilità di guarire. Già, la volontà del paziente. Ma quante volte accade, che il malato ripeta: «Voglio sapere», e in realtà non vuole. L'onorevole Poggiolini: «Era tradizione. Il medico ordinava pillole ed esami, e il paziente non chiedeva, non discuteva. Non è più così. Il malato deve sapere. Per le malattie a prognosi infausta, il medico deve valutare caso per caso. C'è chi si suicida dopo una diagnosi». Il codice impone l'immagine del medico del 2000, che non dovrà solo limitarsi alle cure, ma deve anche occuparsi, per la prima volta, degli aspetti sociali. Quanto ad anziani e handicappati, «deve adoperarsi affinché siano loro garantite qualità e dignità di vita». E per la droga si sottolinea l'importanza della «partecipazione del medico alla lotta contro la tossicodipendenza». Due ultime novità: un capitoletto dedicato alla tutela degli animali sottoposti a sperimentazioni, e uno in cui si vieta al medico di collaborare a banche dati, che compromettono la riservatezza del paziente. Giuliana Mongelli

Persone citate: Danilo Poggiolini, Giuliana Mongelli, Poggiolini

Luoghi citati: Torino