In crisi gli schieramenti tradizionali di E. St.

In crisi gli schieramenti tradizionali Nei cinquanta Stati un tema chiave per le elezioni dei governatori In crisi gli schieramenti tradizionali WASHINGTON NOSTRO SERVIZIO Ormai è garantito: l'aborto sarà il problema principale nelle elezioni che il prossimo anno dovranno rinnovare i Parlamenti locali dei 50 Stati Uniti. A garantire l'ingresso trionfale di questo tema, in una campagna elettorale che tradizionalmente si tiene lontana da problemi di carattere generale, c'è non solo la sterzata data al Paese dalla Corte Suprema, con la sua sentenza che riconosce agli Stati il diritto di varare leggi restrittive sull'aborto, ma anche il fatto che quella sentenza si è inserita in un meccanismo che traccia ai due grandi partiti, il democratico e il repubblicano, una strada pressoché obbligata. L'anno prossimo, infatti, non ci saranno soltanto le elezioni: ci sarà anche il censimento in base al quale, ogni dieci anni, viene «ridisegnata» la mappa dei distretti elettorali per la Camera dei deputati. La battaglia per ridisegnare quella mappa è in genere estraniente aspra, perché l'attribuzione a — o la sottrazione da — un distretto di una «sacca» di elettori graniticamente fedeli ai democratici o ai repubblicani può determinare l'attribuzione del seggio. E il potere di fare le eventuali attribuzioni o sottrazióni è per l'appunto nelle mani dei Parlamenti locali. Ai democratici e ai repubblicani è dunque indispensabile assicurarsi il maggior numero possibile di seggi nei Parlamenti locali. E poiché la sentenza della Coite Suprema attribuisce alle autorità degli Stati un forte potere in materia di aborto, i candidati ai Parlamenti locali — e a maggior ragione i candidati alla carica di governatore — dovranno per forza di cose cimentarsi su questo tema «ideologico». E saranno dolori, perché la complessa situazione in seno agli elettori li costringerà a conciliare le rispettive ideologie (i democratici sono ufficialmente favorevoli all'aborto, i repubblicani ufficialmente contrari) con il sentimento di coloro cui chiederanno il voto. I sondaggi condotti finora, prima e dopo la sentenza della Corte Suprema, dimostrano una netta prevalenza nel pubblico americano dei favorevoli all'aborto. Sono il 61 per cento secondo il «Time», il 53 per cento secondo «Newsweek» e il 50 per cento (ma l'altra metà non è tutta di contrari: c'è un 20 per cento di incerti) secondo il quotidiano «Usa Today». Ma oltre a questo, i sondaggi dimostrano anche che i favorevoli e i contrari all'aborto si distribuiscono equamente fra i due partiti: il 45 per cento dei favorevoli ha detto di avere votato per i democratici e il 44 per cento per i repubblicani; fra i contrari, il 37 per cento ha votato democratico e il 44 per cento repubblicano. Finora, questa spaccatura netta sul problema dell'aborto ha inciso poco sul voto. In pratica, gli antiabortisti democratici e gli abortisti repubblicani «perdonavano» ai rispettivi partiti la posizione ufficiale su questo tema, in nome del consenso che tributavano loro su altri temi. Ora, con il potere concreto che la Corte Suprema ha conferito ai singoli Stati in materia di aborto, votare per questo o quel candidato può voler dire votare direttamente per la difesa dell'aborto (cioè per un Parlamento locale o un governatore che non «approfitteranno» di quel potere) o per la «difesa della vita», vale a dire per l'immediato varo di leggi restrittive. Gli «esperti in opinióne pubblica», dicono che una tale situazione potrebbe comportare «il più massiccio spostamento di voti della recente storia americana», e a questa prospettiva i due grandi partiti tremano, perché devono risolvere un'equazione difficilissima. Il problema dei democratici è di attrarre i voti dei repubblicani abortisti senza perdere — o perdendo limitatamente — quelli dei loro elettori antiabortisti. Il problema dei repubblicani è esattamente opposto e speculare. L'equazione si risolverà probabilmente nelle «sfumature» che i loro strateghi elettorali riusciranno a produrre. Un primo esempio è già stato dato dai candidati alla carica di governatore del New Jersey e della Virginia, la cui elezione non avverrà l'anno prossimo, ma a novembre, sicché la campagna elettorale è già partita. Il candidato repubblicano del New Jersey, James Courter, ha sùbito cercato di mitigare la sua fama di strenuo antiabortista dicendo che se verrà eletto non avvierà nessuna legge restrittiva (nel suo Stato i favorevoli all'aborto superano la media nazionale). Il candidato democratico della Virginia, Douglas Wilder, ha cercato di porre riparo al fatto che nel suo Stato gli antiabortisti sono molto forti, dicendo che, secondo lui, «alcune restrizioni» andrebbero comunque varate. [e. st.]

Persone citate: Douglas Wilder, James Courter

Luoghi citati: New Jersey, Stati Uniti, Virginia, Washington