Bombe sui pellegrini della Mecca
Bombe sui pellegrini della Mecca Due morti e 16 feriti per l'attentato, che riapre la sanguinosa «guerra tra fedeli» Bombe sui pellegrini della Mecca a : torna iraniana MAN AMA. Due attentati dinamitardi, avvenuti l'altra sera dopo le 22, hanno turbato il pellegrinaggio annuale alla Mecca, provocando due morti e 16 feriti, due dei quali gravissimi. Gli ordigni sono esplosi lungo la strada principale che conduce alla grande moschea della Kaaba e nei pressi di un cavalcavia. La polizia ha parlato semplicemente di «bombe», senza precisarne la natura. Le esplosioni sono avvenute mentre nella città saudita si trovavano, non meno di un milione e 800.000 pellegrini provenienti da ottanta Paesi. Un'organizzazione libanese finora sconosciuta, che si autodefinisce «La Generazione della Collera araba», ha rivendicato a Beirut le due bombe, più un'altra esplosione a Gedda di cui le autorità saudite non hanno dato finora notizia. Il comunicato spiega che le esplosioni sono «un avvertimento alla famiglia regnante, che ha profanato i luoghi sacri. Se continuerà la sua politica di tradimento, regoleremo direttamente i conti con i suoi mèmbri, liquidandoli». «Radio Libano libero», un'emittente controllata dai miliziani cristiani, ha confermato la pista libanese, rivelando nel suo notiziario della mattina come, un'ora prima delle esplosioni, la polizia di Beirut era venuta a conoscenza di piani per disturbare il pellegrinaggio con azioni terroristiche. Gli sciiti iraniani, va ricordato, sono in gran parte filo-khomeinisti, e in passato gli estremisti di Teheran si sono ripetutamente scontrati con la polizia della Mecca. Le ultime frizioni tra i due Paesi risalgono a lunedì scorso. L'Iran aveva definito «terroristi» i governanti sauditi: per tutta risposta Re Fahd ha reso ancora più severe le misure di sicurezza alla Mecca e Medina. Già l'anno scorso, peraltro, l'Arabia Saudita ha iniziato a limitare il numero dei pellegrini ammessi annualmente a visitare i luòghi santi, basandosi su un criterio di contingentamento in relazione alla popolazione del Paese di provenienza. Il capo dell'organizzazione iraniana che coordina i pellegrinaggi, per rappresaglia aveva esortato i suoi connazionali a boicottare il pellegrinaggio per dieci anni come segno di protesta contro il controllo «poliziesco» esercitato dall'Arabia Saudita sui luoghi santi. La stagione dèi pellegrinaggi è stata disturbata sin dal 1979, cioè da quando in Iran ha avuto il sopravvento la rivoluzione islamica dell'ayatollah Khomeini. In quell'anno, estremisti religiosi sciiti occuparono infatti la grande moschea della Mecca e solo dopo due giorni le forze saudite riuscirono ad averne ragione con le armi. Negli scontri morirono 250 persone, inclusi un centinaio d'iraniani. Successivamente le auto- rità saudite ne giustiziarono altri 63, decapitandoli. Nel 1986 decine di «guardie rivoluzionarie» iraniane che si facevano passare per pellegrini furono arrestate mentre stavano cercando di contrabbandare armi ed esplosivi. L'anno successivo, 402 pellegrini, per la maggior parte iraniani, furono uccisi in disordini provocati da fondamentalisti seguaci di Khomeini. Nell'aprile '88 il governo di Riad ha interrotto i rapporti con l'Iran e da allora Teheran conduce una campagna per togliere a re Fahd il titolo di «custode dei due santuari» e studiare per la Mecca forme di controllo internazionale. [Agi-Ap] Fedeli iraniani con effigi di Khomeini durante lo Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca
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