La sinistra: Forlani addio di Marcello Sorgi

La sinistra: Forlani addio De, l'area Zac dòpo la crisi si prepara ad andare all'opposizione La sinistra: Forlani addio « stati ingannati » ROMA. I più furiosi sono i demitiani. «Ci hanno ingannato due yolte, la prima al congresso, la seconda in questa crisi», grida Angelo Sanza. «Ci hanno dato il benservito, facendoci capire che in questa maggioranza non eravamo graditi», insiste Clemente Mastella/Nel pomeriggio afoso in cui il tentativo andreottiano prende il largo, la sinistra democristiana ammette la sua sconfitta e dichiara guerra a Forlani. Guido Bodrato, il vicesegretario che rappresenta l'area Zac al vertice de, «informerà Forlani che la sinistra nel prossimo consiglio nazionale chiederà un chiarimento nel partito», perché considera incrinata «da polemiche e sospetti» l'unità interna decisa dal congresso. Stavolta, il congresso de si chiude veramente: di qui a settembre, quando il «parlamentino» de si riunirà per tirare le somme della crisi, la sinistra forse sarà già passata in minoranza, davanti alla de «preambolare» che ritrova il suo vecchio equilibrio. A prima vista, sembra un vecchio film: ma rispetto al passato c'è una differenza non trascurabile. Nove anni fa, quando Zaccagnini cadeva, all'opposizione, insieme alla sinistra, c'era Andreotti. Ora invece il cartello di maggioranza cementa un'alleanza fra tutti i vecchi leader democristiani che vale oggi e può valere domani: con Forlani al partito, Andreotti al governo, Gava che si prepara a succedere, al suo momento, a uno dei due e Donat-Cattin, lo stratega di tutta l'operazione, che adesso come allora si gode la vittoria. Dietro di loro, poi, tutta la periferia democristiana preme, aspettando che il terremoto al vertice si propaghi a onde verso l'esterno e chiuda un po' dappertutto, rapidamente, l'epoca del settennato demitiano. Così, l'Aventino della sinistra che durò pochi mesi ai tempi del «preambolo» (trasformandosi nel trampolino di lancio della segreteria De Mita), si preannuncia più lungo. I capi della sinistra lo sanno, lo sapevano già quattro mesi fa al congresso, ma forse fu proprio questo a portarli all'unità con For¬ lani, malgrado la perdita della segreteria. De Mita sperava, dal governo, di riuscire a ristabilire un asse col vecchio amico di San Ginesio, instaurando una specie di consolato al vertice della de. I demitiani, di perdere qualche posizione, ma non tutto. Gli altri leader della sinistra, di preparare a poco a poco il ritorno a una dialettica politica, accompagnando l'esaurimento del «pentapartito» come linea con la rimessa in campo, tramite il rilancio della riforma istituzionale, di un «confronto» col pei. Ma un piano del genere era fondato su due premesse: la conferma, da parte di Craxi, di una conflittualità verso la de che l'avrebbe costretta atenere la guardia alta; la necessità, di fronte a una crisi, di attestarsi .sul governo De Mita, presentato fin dall'inizio, e riconfermato al congresso, come «la carta più alta della de». In breve invece le due premesse si sono rivelate due illusioni. E ieri i leader della sinistra — e lo stesso De Mita—han cominciato a fare i conti con la realtà che fino a due giorni fa si ostinavano a negare. Bodrato ha cominciato rileggendo freddamente gli ultimi giorni della crisi. Martinazzoli ha ripercorso la sequenza come un giallo di cui tutti conoscono la soluzione: De Mita rimesso in pista con pieno appoggio dopo le elezioni; l'emergere della «questione laica» nell'ultimo, giro di consultazioni; la rinuncia; e subito dopo, d'incanto, la strada che si apre davanti ad Andreotti. Era tutto scritto. «Ci avevano preso in ostaggio con la presidenza del Consiglio, finché non hanno deciso di scaricarci», spiega Sanza. Nessuno si fa grandi illusioni, nella sinistra de. Rompere subito, significherebbe mettere in difficoltà l'incaricato, con seri rischi di far perdere Palazzo Chigi al partito. «Ad Andreotti. né sconti né agguati», sintetizza Mastella. E come ammette Guzzetti, l'opposizione interna per ora si ridurrà a un'intransigenza sul programma. Se Andreotti sarà'troppo generoso con Craxi sulle istituzioni (leggi: repubblica presi- denziale) o sulle tv (Rai e Berh> sconi) l'opposizione interna si farà viva. Quanto al futuro, è tutto da decidere. Martinazzoli, il solo che nei giorni scorsi ha criticato De Mita per l'incertezza e l'insistenza a restare a Palazzo Chigi, ieri non ne ha parlato: «Non c'è niente di drammatico; ma, mi auguro, niente di banale», ha detto andandosene. Per Granelli si tratta di ricominciare da capo: non ripartendo — è implicito — da De Mita. Non cedendo a lusinghe e offerte che verranno, in termini di «ministeri e lottizzazioni». Accettando insomma la sconfitta senza diventare dorotea. Marcello Sorgi Ciriaco De Mita

Luoghi citati: Roma, San Ginesio