«Attenti, l'impero sovietico non si lascerà disintegrare»

«Attenti, l'impero sovietico non si lascerà disintegrare» KBSSBN&E8* «Attenti, l'impero sovietico non si lascerà disintegrare» LA trasformazione del comunismo può svolgersi pacificamente? E l'Urss riuscirà a mantenere bene o male quelli che sono i suoi confini storici o si disintegrerà? «E' la questione del giorno, più importante del controllo degli armamenti e degli altri temi quotidiani della diplomazia. Il secondo punto fondamentale è se si possa passare da una economia pianificata centralista a un'economia di mercato senza sconvolgimenti politici che minaccino la coesione politica stessa del Paese». Che ne pensa del problema delle nazionalità? «Penso che nessuno sappia se è governabile o meno. Non risulta che sia stato trovato un principio unificante, in base a cui le diverse nazionalità sentano di doversi lasciar dominare in permanenza dai russi. L'istinto mi dice che se l'impero russo storico inizia a mostrare segni di disintegrazione, ci sarà una riaffermazione del principio d'autorità da parte dello Stato, attraverso l'esercito, il partito o, magari, entrambi. Non credo che si lascerebbero disintegrare senza combattere». Attualmente in Polonia e Ungheria sono in corso esperimenti d'ogni genere. Entro che limiti l'Unione Sovietica li può accettare? «La crisi che incombe sulla diplomazia europea è proprio quella di non saper gestire l'evoluzione dei Paesi dell'Est. La mia impressione è che se tentassero di abbandonare il Patto di Varsavia metterebbero fine alla pazienza sovietica. Forse in Ungheria non è proprio così, ma la situazione della Polonia è quasi certamente questa». E un loro associarsi al Mercato Comune, l'estendere all'Occidente i rapporti economici? «In parte dipende da come i sovietici percepirebbero il significato di questi eventi. Se partiamo dall'assunto che l'Urss identifica la sua sicurezza con la presenza di governi comunisti nell'Est europeo, allora Mosca si troverà in permanenza nella posizione del poliziotto messo di fronte a crisi che non sa controllare. Ma ci si potrebbe anche basare sulla teoria che nell'Europa dell'Est uno status come quello dell'Austria è più sicuro per l'Unione Sovietica che una crisi permanente in Polonia, Ungheria e — con l'andar del tempo — in Cecoslovacchia. Ora, se si riuscisse a convincere i sovietici di questo, direttamente o implicitamente, c'è da chiedersi quali sarebbero le conseguenze per gli accordi militari. In linea di principio, i Paesi del blocco orientale dovrebbero essere liberi di lasciare il Patto di Varsavia. Ho il sospetto che il miglior modo di affrontare questo problema sia farlo per gradi, dando per inteso che — come parte delle trattative in corso per il controllo degli armamenti — i sovietici devono ritirarsi da Cecoslovacchia e Ungheria ma possono mantenere le loro forze in Germania e Polonia se si impegnano a un'evoluzione verso forme pluraliste che lascino questi Paesi liberi di determinare il loro futuro politico. Besta ancora il problema della Repubblica Democratica tedesca. In Polonia e Ungheria si può identificare la sicurezza nazionale con l'indipendenza sia dall'Est che dall'Ovest. La Ddr, invece, non sopravviverebbe come Stato una volta che il partito comunista accettasse un ruolo di minoranza». Quale dovrebbe essere, a suo avviso, la politica dell'Europa occidentale se il suo scopo è quello di incoraggiare un'evoluzione pacifica? «I Paesi europei hanno interesse a un'evoluzione pacifica che si svolga all'interno d'un contesto europeo, non intertedesco. Se trova attuazione in una prospettiva nazionale tedesca c'è infatti il rischio che sia meno pacifica. L'Europa occidentale, infine, non vuole che il processo evolutivo faccia naufragare le relazioni con gli Stati Uniti, almeno per quanto riguarda la difesa comune». Vede la possibilità di una violenta reazione contro le riforme di Gorbaciov, o è possibile che sia lui stesso a guidarla? «Ambedue le cose sono possibili. Potrebbe tentare di mettersi alla testa di questa contro-ondata e, visto il potere che è riuscito ad accumulare, non è un'eventualità da scartare. Oppure potrebbero sbarazzarsi di lui. Gorbaciov mi piace più di ogni altro suo predecessore, ma starei molto attento a non legare la politica dell'Occidente a un singolo leader sovietico». Se ci fosse una reazione violenta, assumerebbe una forma diversa che in Cina? «La Russia, a differenza della Cina, non ha tanta gente che studia in Occidente. Gorbaciov si serve dei gruppi che hanno appoggiato la perestrojka per assegnargli un certo ruolo nel Soviet Supremo o nell'apparato amministrativo, e senza dubbio spera che questo impedirà una situazione alla cinese. I russi, poi, sono meno individualisti nei rapporti con il governo di quanto non siano, di tanto in tanto, i cinesi. Secondo me, quello che ha scatenato la rivolta in Cina è la riforma dei prezzi, unita all'inflazione. Gli studenti sarebbero stati egualmente infelici, ma non sarebbero stati in grado di guadagnarsi un simile sostegno di massa senza l'inflazione e la corruzione. Adesso anche l'Unione Sovietica deve passare attraverso una riforma dei prezzi. E l'essenza della riforma dei prezzi è il loro aumento. «Raramente si assiste a manifestazioni di massa in Russia. Ma è difficile avere idea di che cosa avverrà se i prezzi salgono e viene minacciata la sicurezza del posto di lavoro». Marc Ullman Copyright «Los Angeles Times e per l'Italia «La Stampi nes» I ripa» I no in menti . Eni l'Uca li ? combe euroella di lonia è quasi a». ssociarsi al une, l'estendente i rapci? e da come i rebbero il siti eventi. Se ssunto che la sua sicusenza di gonell'Est euro si troverà in la posizione sso di fronte a controllare. anche basae nell'Europa us come quelpiù sicuro per violunain C«La Rula Cinche sGorbapi cheperestgovernodi tantocondo mtenato riformal'inflazrebberofelici, min gradmile sol'inflazAdesso tica deuna rifosenza dè il loro«Raranifestasia. Madi che csalgonosicurezCopy

Persone citate: Besta, Gorbaciov, Madi, Marc Ullman, Polonia