Turisti in fuga dalla Riviera delle alghe di Pierangelo Sapegno

Turisti in fuga dalla Riviera delle alghe Contro la marea amministratori locali e scienziati scoprono che nulla è stato fatto e ormai poco si può fare Turisti in fuga dalla Riviera delle alghe E sotto accusa finiscono anche le porcilaie della Pianura Padana RIMIMI DAL NOSTRO INVIATO «Questo non è più mare». Gian Matteo Fabbri è appena uscito dall'acqua: «Questo è il mio primo e ultimo bagno: non lo farò mai più. Quando sono venuto fuori avevo la pelle viscida e animaletti attaccati alle braccia. Ho fatto due docce e non bastavano ancora». Fabbri, 18 anni, è di Rimini. Giuseppe Ugolini e Giorgio Salvatori sono di Bologna: «Noi giochiamo a paletta, sulla riva. Il brutto è quando la pallina finisce in mare, perché ci fa schifo andarla a prendere». Fili di alghe, e una schiuma da cappuccino. Anche l'onda che increspa appena il mare, è una carezza untuosa. Adesso si è messa pure la pioggia: il cielo è nero, tuoni e fulmini da tregenda. Il temporale porterà certamente altri guai, affermano gli esperti. Gli albergatori hanno in programma una riunione. Pietro Arpesella, del Grand Hotel, spiega che «questa volta bisognerà essere soddisfatti se il calo dei turisti sarà solamente attorno al venti per cento». Per loro, per gli albergatori, aggiunge, sarà già come lavorare in perdita. La Tui, la più grande agenzia turistica tedesca, informa che fino adesso, prima del boom algale, «i clienti sull'Adriatico sono diminuiti del ven^ totto per cento». E' una Rimini strana, quasi triste, soffocata dal caldo. Dura poco il temporale, al crepuscolo. Le spiagge sembrano quelle di giugno, non troppa gente, i soliti affezionati. La riva pare continuare all'infinito: chissà dov'è sparito il mare, nascosto sotto la tela marroncina, da questa schiuma iridescente. Eppure c'è chi se la prende con i giornalisti, come se fosse soltanto colpa loro. Un gruppo di bagnini ha già fatto un comunicato, per cacciare «quelli della stampa». Mario Fabbri, presidente degli albergatori di Rimini: «C'è qualcuno che vuol farci morire, che non la smetterà finché non saremo senza respiro. Abbiamo tutti contro, la televisione e chi ci comanda. E' un complotto internazionale, tutta colpa dei giornali». Incredibile ma vero, c'è chi ci crede. Remo Lugli, bagnino 147 di Miramare di Rimini, è riuscito a dire addirittura che «un Adriatico così è da bere: bello, trasparente, limpido, pulito. Provare per credere. Il mare gira e rigira la sa lunga: si purga da solo». Invece no. Oggi è peggio di ieri. E dall'altra parte c'è chi affonda il coltello. I giornali inglesi, informa Pietro Caruso dell'Azienda turistica di Rimini, «hanno scritto già che i bagni sono vietati, il mare è inquinato». Per ora, aggiunge, «questa è una calunnia». Per ora sì. Arpesella è sconsolato: «Ci vorranno vent'anni per mettere a posto questo mare. E noi cosa dobbiamo fare, intanto? Dob¬ biamo chiudere?». E Luigi Montanari, presidente degli albergatori dell'Emilia Romagna: «Ormai si vive alla giornata. Speriamo in Dio, che devo dire? A questo punto, con questo mare, prima o poi si doveva arrivare, è inutile nasconderlo. Del resto, che cosa abbiamo fatto in questi giorni?» Forse non è vero che sono arrivate all'improvviso, le alghe, che nessuno se le aspettava. Forse speravano nel grecale, il vento che porta il bel tempo, speravano che soffiasse un po' più forte e portasse via questi fili di mucillagini, questo incubo color nocciola. Il marinaio si leva il berretto: «E invece ci ha traditi proprio il nostro vento, quello che salutavamo come la buona sorte». Una lieve brezza ha sospinto dolcemente le alghe fino a riva. Era venerdì sera, ci sono da allora, ogni tanto si nascondono e poi ritornano, con la bonaccia. Mauro Casini, da Parma, un turista come tanti: «Ci sono venuto l'anno scorso, ho voluto ritornarci perché credevo che non sarebbe più successo, che l'eutrofizzazione non ci avrebbe più perseguitati in questo modo». Si è sbagliato, Mauro Casini. E adesso? Massimo Conti, sindaco di Rimini, spera ancora che non tutto sia perduto: «La Regione non è seria», dice, «non ha preso una decisione seria. La balneazione o c'è o non c'è. Quello che hanno dato loro è un suggerimento medico, non un provvedimento amministrativo». Chissà se la stagione si può ancora salvare. Da Bellaria a Cattolica, solo in questo tratto della costa, ci sono abbarbicati al mare 144 alberghi, la più grande industria del turismo in Italia. Per ora quasi tutti chiedono soltanto piscine, giochi d'acqua, attrazioni varie sulla spiaggia. Fanno la fila in municipio e ripetono in coro le loro litanie. In fondo è un'ammissione di sconfitta. Come dire che per il mare non c'è speranza. Terzo Pierani, sindaco di Riccione, per ora preferisce il silenzio. Giovanni Bissoni, sindaco di Cesenatico, allarga le braccia sconsolato: «L'unico problema è affrontare l'emergenza. Non dobbiamo pensare ad altro». Antonio, cinquantanni, noleggia mosconi da una vita: «Adesso è peggio dell'anno scorso», dice. «Gli affari sono già diminuiti del venti per cento. Da qui alla fine dell'estate chissà che succederà». Adesso i pedalò li noleggiano i fotografi, per scattarci la foto: quella della scia che resta quando passa una barca in mezzo alla melma che ricopre il mare. Rimini cambia volto, persino abitudini. Usci e Alessandra, da Francoforte, hanno ragione loro: «Discoteche bellissime, gente simpatica, notti lunghe». E il mare? «Non lo vedete? Schifoso». Pierangelo Sapegno L1 ADRIATICO SOTTO IL TAPPETO La marea di alghe ha risparmiato poche zone e non si sa fino a quando: Grado, Caorle, Il Conerò e S. Benedetto del Tronto