DOPO L'ULTIMA SCOPERTA RACCOGLIAMO LE LETTERE DI CAMPANA

DOPO L'ULTIMA SCOPERTA, RACCOGLIAMO LE LETTERE DI CAMPANA DOPO L'ULTIMA SCOPERTA, RACCOGLIAMO LE LETTERE DI CAMPANA Cosa aspetta il Vieusseux? Gentile direttore, è forse per un bizzarro gioco del destino che le lettere di Dino Campana a Aldo Orlandi, alle quali Gabriel Cacho Millet ha dedicato investigazioni appassionate e frustranti, siano emerse dall'archivio di Lorenzo Gigli, insieme con altre importanti schegge dell'epistolario campaniano, in perfetta coincidenza con la Campana-Renaissance un po' meccanicamente provocata (ad appena quattro anni dal centenario della nascita!) dalla scadenza dei diritti d'autore: per cui, se non ne ho perduto il conto, ben cinque ristampe dei «Canti Orfici», con e senza allegati, si sono già succedute da gennaio a oggi per le cure, rispettivamente, di Neuro Bonifazi (Garzanti), di Mario Lunetta (Newton Compton), di Seba¬ stiano Vassalli e Carlo Fini (Tea), di Gianni Turchetta (Marcos y Marcos), di Fiorenza Ceragioli (che ha ripubblicato nella Bur il suo commento vallecchiano). Rispetto a questo accumulo un po' ripetitivo (e verosimilmente non del tutto proporzionato alla domanda del cosiddetto mercato) l'apparizione delle lettere «torinesi» di e a Campana introduce un effetto di spiazzamento, una sorta di provvidenziale mossa del cavallo che induce a sottolineare: a) l'esigenza di procedere a un urgente censimento e a una ordinata sistemazione in una struttura per dir così sovrapersonale (il Comune di Marradi, per esempio, o l'Archivio Contemporaneo del fiorentino Gabinetto Vieusseux, o tutti e due) delle copie, se non degli originali, delle carte di Dino Campana disperse in archivi privati e pubblici; b) l'opportunità di una accurata ma rapida edizione dei reperti campaniani segnalati da Fernanda Gigli e Giuseppe Risso. A tener conto delle essenziali anticipazioni addotte da «Tuttolibri», non sono soltanto alcune zone opache, o controverse, della biografia di Campana ad essere illuminate dalle lettere ritrovate, ma, e particolarmente, la irrepetibile qualità del rapporto istituito da Campana con Aldo Orlandi, «l'unico essere vivente per me di Torino»: un rapporto di illimitata lealtà e confidenza che al linguaggio epistolare conferisce la nuda forza di una verità non eludibile. Infine: che alle lettere di Campana a Orlandi, e a quelle di Soffici, Papini, Cecchi, Sbarbaro a Campana, non sia toccata la sorte del carteggio Aspern, si deve al più eminente (e senza dubbio al più dimenticato) tra i critici militanti torinesi di que¬ sto secolo: che la storia di Lorenzo Gigli non sia la storia di Dino Campana, non occorre spiegare troppo lungamente: ma prima o poi varrà la pena di incominciare a raccontarla. Franco Contorbia Profonda emozione Gentile direttore, credo che in molti abbiamo provato una certa emozione, leggendo su «Tuttolibri» di sabato scorso quell'appello bizzarro, in realtà tragico: «Io domando la cittadinanza fiorentina ai soli che possono conferirla...». Il «giorno del giudizio» di Dino Campana fu forse nel giugno del 1915, quando lui potè vestire la divisa di soldato e sperare di andare al fronte come volontario. In quei giorni, Dino ancora credeva di poter recuperare qualcuna delle sue molte cittadinanze perdute; poi rinunciò, come ben si vede dalla lettera ad Orlandi. Parallelo al sacrificio del «fanciullo», di cui si parla in epigrafe ai «Canti Orfici», si compì poi il sacrificio dei suoi manoscritti. Ci fu il manoscritto smarrito da Soffici, ci fu la «cassa da saponi» piena zeppa di carte che i famigliari usarono per accendere la stufa, ci furono, in anni più recenti, le lettere censurate, forse addirittura stracciate, perché ritenute compromettenti o troppo crude... Ora lo sperpero è finito; ma stanno finendo, purtroppo, anche i manoscritti. Le lettere, le cartoline, i foglietti dei ristoranti, i frontespizi con dedica: davvero, e non solo nel nostro tempo, in ogni epoca!, non sono molti i poeti come Campana, per cui ogni parola è un frammento minimo ma sempre folgorante di quell'opera comples¬ siva che le carte e il tempo non riuscirono a racchiudere. Perciò la mia speranza di lettore è che queste «lettere torinesi» trovino presto un editore attento e degno; e che si arrivi, possibilmente prima della fine del secolo, ad avere quell'archivio campaniano, e quell'edizione filologicamente attendibile di tutti gli scritti, maggiori e minimi, di Campana, che collocherà al loro giusto posto anche questi della «Gazzetta del Popolo». Sebastiano Vassalli Attenti all'arte povera Caro Tuttolibri, mi ha fatto molto piacere trovare due pagine sull'arte nel supplemento apparso in «nuova veste». Ma non vorrei che questo spazio, a parte le grandi mostre, fosse tutto su quell'arte di avanguardia che oggi fa tanto «in» ma dalla quale il comune amatore può trarre poco sostentamento. Qualche segnale pericoloso c'è già in queste due prime pagine, e allora perché non gridare subito «al lupo!»? Io lo faccio, a costo di sembrare un apprensivo esagerato: «Attenti ali arte povera!». Non che non si debba parlare dei bravi installatori (si dice così) di meccanismi e coacervi di reperti industriali, solitamente oscurati da un titolo poetico quanto enigmatico. Ma vi sono, perbacco, tanti altri giovani o meno giovani pittori che fanno cose egregie usando la vecchia tela, i pennelli e i colori. Anzi, oggi ce n'è sempre di più. Vi pregherei perciò di non dimenticarli, adesso che lo spazio per l'arte c'è, e abbondante. Sergio Crespi, Milano I

Luoghi citati: Campana, Comune Di Marradi, Milano, Torino