ANSELMO: IO E L'ARTE POVERA

ANSELMO: IO E L'ARTE POVERA ANSELMO: IO E L'ARTE POVERA GIOVANNI Anselmo, uno tra gli artisti più significativi del gruppo dell'Arte Povera, è dedi- I cata una grande mostra alla Galleria Civica, con opere dal 1967 a oggi, che verrà trasferita dal prossimo ottobre al Museo d'Arte Contemporanea di Lione. La accompagna un catalogo-monografia a cura di Beatrice Merz, edito da Hopefulmonster, una giovane casa editrice fiorentina specializzata in arte contemporanea, con note bibliografiche di Walter Guadagnine e un'antologia critica dal '68 a oggi. E' una «storia attraverso le immagini», dalle prime opere del '65'66, lavori chiave per comprendere la poetica dell'artista che, partendo da un dato di materia, di peso, di tempo reale, ha come referente l'infinito, il «tutto». A Giovanni Anselmo abbiamo rivolto alcune domande. Negli anni tra il 1959 e il 1964 lei disegnava e dipingeva. Che cosa l'ha spinto a oltrepassare i limiti del telaio e della pittura e usare i materiali (ferro, pietre) nelle loro relazioni? «Il disegnare e il dipingere di quel periodo erano per lo più un esercizio di apprendimento e di approfondimento delle tecniche e non mi identificavo totalmente nei risultati. «Attraverso questa ricerca personale sono poi scaturite situazioni nuove: è stata la necessità di dovermi riconoscere nell'opera a pormi oltre i limiti del telaio e della pittura. Le mie prime opere le vide Gian Enzo Sperone nel 1966 e nella primavera dell'anno successivo esposi nella sua galleria in una mostra di gruppo che comprendeva opere di Fontana, Pistoletto, Zoilo, Fabro, Guardi, Piacentino, Pascali. «In quei momenti era necessario uscire dalle categorie della pittura e della scultura, reinventare tutto, dilatare gli orizzonti. «Credo che questa esigenza abbia costituito, pur nella diversità di ciascuna personalità, il terreno comune degli artisti che hanno esposto nelle mostre di Arte Povera di quegli anni». Nel 1967-68 a Torino vi sono state relazioni di idee tra l'Arte Povera e i rivolgimenti sociopolitici del movimento studentesco? «Chi vive in un determinato momento della storia, partecipa in qualche misura alle rela¬ tive circostanze. Certamente il '68 è stato un momento importante dal punto di vista politico e sociale. Credo che il dato più significativo di allora sia stato prendere coscienza di sé in rapporto agli altri e al mondo: in questo senso tra movimento studentesco e arte vi era un'analogia» Come colloca il suo stile attuale rispetto a quello di allora? «Sono trascorsi più di ventanni, ma io non credo di essere cambiato molto. Il problema permane nelle sue linee generali: lavorare utilizzando in modo dialettico le energie proprie e quelle che ci stanno intorno. Se dovessi rilasciare delle dichiarazioni ripeterei quelle scritte vent'anni fa e ripubblicate nei catalogo edito in occasione della mostra di Modena. «Per me sono importanti i lavori più recenti "Verso oltremare", grandi lastre triangolari di pietra trattenute da un cavo d'acciaio agganciato alla parete, che assumono, pur in uno spazio chiuso, un orientamento verso una direzione esterna, essendo sulla terra "l'oltremare" tutto intorno al punto in cui si sta. Ma è ancora importante mettere insieme una situazione di lavoro in rapporto alla direzione che assume l'ago magnetico, che coinvolge i campi magnetici terrestri, a loro volta influenzati dalle tempeste solari». Che cosa pensa della storicizzazione dell'Arte Povera? «L'Arte Povera è stata una situazione di vent'anni fa ed è un momento che appartiene alla storia dell'arte. Gli artisti che esponevano in collettive con quella denominazione hanno continuato a percorrere ognuno la propria strada». Le odierne ricerche dei giovani artisti sono state influenzate dall'Arte Povera? «L'Arte Povera può aver influenzato gli artisti successivi in modo indiretto o diretto. Alcuni, come a prendere le distanze dall'Arte Povera, som tornati ad una situazione ere tiene nuovamente conto delle categorie della pittura e dell» scultura, altri si sono mossi « si muovono nella stessa direzione verso la quale si è mossa l'Arte Povera, cioè l'allargamento degli orizzonti mediante il lavoro fuori dalle categorie». Mirella Bandirti

Persone citate: Beatrice Merz, Fabro, Fontana, Gian Enzo Sperone, Giovanni Anselmo, Guardi, Pascali, Piacentino, Pistoletto, Walter Guadagnine

Luoghi citati: Lione, Modena, Torino