BUIO DE LA MARE
BUIO DE LA MARE BUIO DE LA MARE Inquietanti racconti del poeta «georgiano» Rivivono ifantasmi di Conrad e James WALTER de la Mare (18731956) fu uno degli ultimi esponenti della poesia cosiddetta «georgiana», che potremmo frettolosamente definire come un'ultima propaggine, agli inizi del nostro secolo, della sensibilità romantica già approdata al decadentismo, passando attraverso le sontuosità verbali e i virtuosismi metrici di uno Swinburne. Oltre che delicato poeta e raffinato stilista, e squisito critico letterario, Walter de la Mare fu anche autore di racconti lunghi, sei dei quali, scelti da Malcolm Skey fra quelli contenuti in varie raccolte, ci vengono ora proposti da Theorìa in una preziosissima traduzione di Ottavio Fatica. Proprio dalla quale cominceremo per tentare di definire un libro che assomiglia a ben pochi altri. La prosa di Walter de la Mare è la prosa di un poeta, ma forse è più giusto dire che la lingua di de la Mare è la lingua di un poeta, carica di significati e percorsa da ritmi che ne arricchiscono segretamente l'espressività. Non è dunque la lingua del narratore convenzionale, il vero romanziere aspira sem- mai alla semplicità, evita quei preziosismi che attirando a sé l'attenzione del lettore rischiano di fargli perdere il filo di quello che nel romanzo di solito più conta, ossia la storia. Ma forte anche di precedenti immediati come Joseph Conrad (al quale sembra riallacciarsi anche per la predilezione dell'uso di un narratore che è personaggio anch'egli della vicenda) e come Henry James, Walter de la Mare propone un tipo di narrativa assai originale e moderno, dove la storia non è niente, o quasi, mentre il momento, la pagina, l'atmo¬ sfera che si crea, sono tutto. I suoi racconti appaiono di straordinaria densità, e vanno letti lentamente e ripetutamente, degustati, centellinati e sondati, appunto come poesie: operazione da non raccomandarsi, per intenderci, a quei lettori che i minimalisti americani bastano ad appagare del tutto. Chi però compie lo sforzo di entrare in questo mondo se ne trova ripagato, grazie anche, ripeto, al lavoro di Fatica, il quale ha dedicato all'autore qualcosa di più del rispetto e della fedeltà con la quale il tra¬ duttóre di professione normalmente e onestamente si guadagna la giornata. «Davanti a me il giardino era fittamente cinto d'alberi, e un maestro straordinariamente abile nell'arte topiaria si era dato un gran da fare con i tassi più vicini. Un anno dopo l'altro aveva dovuto portare quei suoi uccelli e archi e grandi funghi e perfino un obelisco. Ed erano verdissimi, appena potati. I domestici di Mr Bloom non potevano averlo dimenticato in un folto. Però erano spariti...». Spesso ci si scorda di star leggendo una versione. Il passo citato può anche dare un'idea della materia di questi racconti, materia della quale ho detto che non consiste, o comunque non consiste in primo luogo, in una vicenda. Si tratta piuttosto di situazioni, di situazioni vagamente minacciose, talvolta quasi allucinate; di atmosfere, che spesso nascono dalla descrizione di un ambiente nuovo (per chi narra) e benché suggestivo, inqietante, come la sontuosa ma stranamente inospitale magione del ricordato Mr Bloom, protagonista del «Rinchiuso»; o come la quasi inaccessibile casa «dai frontoni sparpagliati» dove Mr Kempe, altro strano distributore di assiomi, si è isolato dall'umanità; o come quella, ricca ma ormai quasi disabitata, ereditata dal giovane Jimmie, che vendendosela a pezzo a pezzo aspetta nemmeno lui sa cosa, sdraiato nel «gigantesco e pur leggiadro» letto arabo del defunto zio. Mossi da curiosità indefinibili nei confronti di un passato, o di un presente, o talvolta di un futuro che di solito non verranno spiegati, i personaggi di de la Mare si interrogano, di solito senza ascoltare le risposte. L'unico racconto dove qualcosa, foràe, si conclude davvero è il primo, intitolato «Il mandorlo», il cui narratore, bambino all'epoca dei fatti, riesce ora a dare un senso (anche se non una vera spiegazione) alla morte del padre, agli isterismi della madre, alla serena trepidazione di un'altra donna verso la quale, fanciullo, egli provò un'attrazione non dissimile da quella vissuta dal suo genitore. Masolino d'Amico Walter de la Mare Il rinchiuso trad. di Ottavio Fatica Theória, pp. 246, L. 24.000 C. D. Friedrich «Abbazia nel bosco di querce» (ca: 1809)
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