AMAZZONIA

AMAZZONIA AMAZZONIA Chico Mendes: la mia vita da «seringueiro» CHICO Mendes era considerato il Gandhi dell'Amazzonia, si opponeva alla distruzione della foresta, difendeva i «seringueiros» del Brasile, i poveri cavatori di caucciù. Era diventato insieme un sindacalista e un ecologista perché battendosi per la sopravvivenza sua e dei suoi compagni si schierava in favore dei popoli della foresta e del patrimonio naturale. Era andato perfino negli Stati Uniti a denunciare gli abusi dei «fazendeiros», riuscendo a bloccare il finanziamento di una strada. Simbolo di una opposizione pacifica, aveva ricevuto il premio «Global 500» dell'Orni. Ma la sua figura dava fastidio ai progetti dei latifondisti; è stato ucciso da sicari con due colpi di pistola nel dicembre dell'88. Aveva 44 anni. Oltre alle testimonianze di chi l'ha conosciuto c'è un documento che lui ha lasciato. E' la storia della sua vita e del movimento dei «seringueiros» dettata al registratore. In Italia apparirà fra poco presso una casa editrice appena nata, la Sonda: (Chico Mendes: «Con gli uomini della foresta» pp. 112, L. 14.000). Per gentile concessione, pubblichiamo in anteprima alcuni passi. Anoe o dieci anni, come tutti gli altri, ho cominciato la mia vita da «seringueiro». Nel '68 ho tentato di fare un lavoro isolato nella lotta per l'autonomia dei «seringueiros» e ho affrontato molti problemi. E' stato piuttosto difficile fare attecchire qui il movimento, ma con molto sforzo e sacrificio esso ha messo radici. Io mi sono specializzato maggiormente nel movimento sindacale. Ho individuato nel movimento sindacale lo strumento più efficace da utilizzare. Il mio ruolo, non dico come comandante ma come compagno, è stato quello di tentare di contribuire al rafforzamento del movimento sindacale nell'Amazzonia. La mia vita è iniziata come quella di tutti gli altri «seringueiros»: schiavo, sottomesso agli ordini del padrone. Ho cominciato all'età di nove anni. Invece di andare a scuola, ho imparato a incidere l'albero della gomma. Per molti anni, dal secolo scorso fino al 1970, per quel che so, in nessun «seringal» dell'Amazzonia era concesso costruire una scuola. I padroni dei «seringais»l non lo permettevano. Anzitutto, perché se il figlio del «seringueiro» fosse andato a scuola, avrebbe appreso a leggere, a scrivere e a contare e avrebbe scoperto lo sfruttamento che veniva fatto della foresta e dei «seringueiros». Questo non era nell'interesse del padrone, senza contare che influiva negativamente sulla produzione. Invece di frequentare la scuola il figlio del «seringueiro» doveva andare ad estrarre il caucciù, per poter produrre più gomma ed aumen- tare la produzione del «seringal». Per questo, durante molti anni, la grande maggioranza, quasi ovunque, non sapeva né leggere né scrivere. Il «seringueiro» lavorava tutto l'anno pensando che alla fine avrebbe guadagnato un po' di denaro, ma rimaneva sempre in debito. Siccome non sapeva contare, non sapeva fare i conti, il padrone lo imbrogliava. Anche la prima istruzione di mio padre, è stata di incidere l'albero della gomma per far colare il caucciù. Vi è stato però un momento in cui per me è successo qualcosa di diverso. Non so se ho vinto alla lotteria, il fatto è che, d'improvviso, nel «seringal» dove vivevamo, nel '62 una sera è arrivata una persona diversa dagli altri «seringueiros»: un lavoratore, un seringueiro, ma con un aspetto totalmente diverso e con un linguaggio completamente differente da quello degli altri compagni. Quella persona, per coincidenza, è passata da casa nostra un giorno in cui noi eravamo arrivati dalla strada, dalla raccolta, e stavamo preparando il caucciù. Egli ha cominciato a conversare con noi, e io mi sono interessato al modo in cui parlava, al modo con cui si esprimeva. Portava con sé alcuni giornali; per l'esattezza io non sapevo ancora che cosa fosse un giornale a quell'epoca. Mi sono interessato a quello. Pare che lui si sia accorto del mio interesse e cosi dopo quella conversazione con mio padre e con me, siamo rimasti d'accordo che saremmo andati a visitare il suo «barraco» (casa di legno). Per andare a casa sua si camminava tre ore per un sentiero aperto a colpi di roncola nella foresta e per scorciatoie tra i versanti. Abitava da solo in una capanna ed è stato subito pronto ad insegnarmi a leggere. C'è stato un accordo tra lui e mio padre, affinché io fossi libero i sabati e le domeniche per rimanere nella sua casa per un po' di tempo. Ogni sabato io uscivo ~Ta-sera, canMBJnavQ-per-quelle—|tre ore nella foresta e andavo alla sua capanna. Siccome non c'era l'abbecedario, lui cominciava ad imbastire una specie di discussione sulla lettura di una colonna politica dei giornali che egli riceveva con grande ritardo, di uno, due mesi. Questo metodo è durato vari mesi e io ho imparato a leggere e a scrivere. Mio padre se ne intendeva anche un po' e questo mi ha aiutato. Lui leggeva un po' e" scriveva, ma non aveva molto tempo per insegnarmi. Quell'uomo, invece, era molto più bravo, era così profondo, che alle volte passavamo la notte svegli ed io stavo a sentire tutte le spiegazioni che lui mi dava. Dopo più o meno un anno, cominciò a parlarmi di sé, a raccontarmi la sua storia. Una notte mi svelo di essere un militare, di essere stato tenente dell'esercito nel'35. Assieme a molti altri colleghi di caserma aveva fatto un'opzione per il movimento che Luiz Carlos Prestes comandava nel Brasile di quegli anni. Era convinto che il paese si trovasse in una situazione molto difficile e per questo era entrato nel processo di rivoluzione comandato da Prestes. Con la sconfitta di Prestes, molti erano stati imprigionati. Lui ed altri compagni erano stati rinchiusi nell'isola di Fernandez de Noronha. Egli aveva parenti di idee opposte, era parente di Juarez Tàvora, che aveva una grande influenza. Per questo era riuscito a fuggire dall'isola di Fernandez de Noronha su una barca ed era venuto a Belém. A quell'epoca aveva partecipato ad un movimento che aveva l'appoggio del maggiore Barrata, nello stato del Para. In quel movimento egli e-ra stato quasi-ssttupgts-unfal--. tra volta. Era riuscito a fuggire e di là era andato in Bolivia. Là per molto tempo, negli Anni Cinquanta, aveva partecipato ai movimenti di resistenza degli operai boliviani e dei minatori ed era entrato in tutti i movimenti di opposizione. Vi fu allora una grande repressione in Bolivia ed egli ne fu una vittima. Prima di essere catturato egli era riuscito a fuggire e si era imboscato nella selva. Aveva attraversato la selva Boliviana all'interno dei «seringais» e si era trovato alla frontiera del Brasile. Siccome la sua situazione era già molto complicata, aveva deciso di vivere nel «seringal», coi «seringueiros» e da quel momento era rimasto lì dove abitava. Non era così distante dalla frontiera con la Bolivia, con una o due ore di cammino poteva entare in quel paese. Egli era rimasto in quel luogo perché pensava che lì era più al sicuro, aveva fatto la sua scelta, aveva imparato ad incidere l'albero della gomma. Viveva una vita molto isolata, abitava solo e non ha mai saputo né imparato a cucinare. Conduceva realmente una vita molto dura. Dopo un anno mi disse il suo nome. Era Euclides Fernandes Tàvora. Suo padre si chiamava Joaquim Tàvora e tutti i suoi figli erano nati a Grato. Cearà. Aveva un altro parente, Don José Tàvora, che era vescovo. Tutte persone molto influenti. Ma egh trovava che non sarebbe mai tornato in seno alla sua famiglia, perché pensava che la sua vita fosse complicata. Se fosse tornato avrebbe dovuto fare di un fucile un guanciale. Non avrebbe mai più fatto questa scelta di vita, sarebbe rimasto lì j-Sne-aHa-morter-o fino a quaado-j il suo destino lo avrebbe portato in qualche posto. La cosa più importante che ho imparato con lui è stata nel '64, quando ci fu il golpe militare. Io ero già molto più preparato grazie alle nostre discussioni. Ero riuscito ad avere una radio che avevo imparato a sintonizzare sui programmi in portoghese delle radio internazionali. Uno dei primi programmi in portoghese che ho ascoltato era trasmesso tutte le sere alle cinque dalla «Centrale di Mosca». Poi c'era un programma trasmesso in portoghese su «Voce dell'America» e, anche, allo stesso orario, un programma in portoghese trasmesso dalla Bbc di Londra. E' stato così che ho scoperto che queste tre radio hanno un ruolo molto importante per l'Amazzonia. Ogni notte tenevamo una discussione a proposito di quei programmi. Alcuni mesi dopo il golpe militare sintonizzavamo la radio, per esempio, sul programma in portoghese trasmesso dalla «Voce dell'America». Esso parlava della grande vittoria della democrazia in Brasile e ne faceva una tremenda propaganda. Un'altra notte si sentiva la versione della «Centrale di Mosca», dove si condannava tutta la politica di repressione che esisteva nel paese, il golpe finanziato dalla Cia, dal governo americano, con la partecipazione anche di grandi settori conservatori della Chiesa o delle Chiese, il I programma dava una spiegazio¬ ne molto buona. Allo stesso tempo venivamo informati dalla stessa radio che stava avvenendo un massacro contro i veri patrioti di questo paese, che molti stavano per essere torturati, altri erano nelle prigioni, altri in ptjilin, altri orano cr-rimpargi as. sassinati, tutti multanti... Dall'altra parte, la «Voce dell'America» ripeteva sempre che era stata una vittoria della democrazia, che il paese camminava ora verso la normalizzazione democratica, che si trattava di una grande vittoria su una politica di anarchia, di corruzione, di non so che altro, di terrorismo, di comunismo. Lì sono venuto a conoscenza di queste diverse versioni dei fatti. La Bbc di Londra in seguito faceva un'analisi retrospettiva di tutto quello che succedeva nel mondo. Alla conclusione di ogni programma si apriva una discussione a proposito di tutte quelle questioni, con una versione dei fatti secondo la politica nordamericana e un'altra secondo quella sovietico-socialista. Nel '65 ci fu per me una vera rivelazione e fu l'ultimo anno in cui ebbi un contatto più diretto con lui. Egh parlava molto, e mi faceva molte raccomandazioni orca il processo di organizzazione del movimento sindacale del paese. Diceva che avremmo avuto di fronte, in quella situazione di dittatura e di imposizione, un momento nero, almeno dieci, quindici, venti anni di regime duro, di regime dittatoriale, ma che sarebbero sorti nuovi sindacati, nuove organizzazioni, enti, associazioni. Sebbene sconfitte, umiliate, massacrate, le radici non estingueranno inai, germoglieranno più tardi. Chico Mendes Chico Mendes davanti alla sua casa con la moglie e 1figli