NELLO ZOO DESERTO SONO ARRIVATI GLI ARTISTI di Angelo Dragone

NELLO ZOO DESERTO SONO ARRIVATI GLI ARTISTI NELLO ZOO DESERTO SONO ARRIVATI GLI ARTISTI CTORINO ON una installazione lignea di grande respiro, che mette insieme una decina di cerchi, di diametro diverso, animandoli dei suoi segni e colori. Marco Gastini ha finite col coprire un'intera paréte della «casa» delle Giraffe, al centro del vecchio Zoo di Torino, nell'Oltre Po. Zorio ha preso invece dimora di fronte, dov'erano gli elefanti: con una complessa ideazione tridimensionale in tubi di ferro, plastica, rame, acqua e facendo anche uso d'un sibilante compressore. All'aperto, nella grande vasca dei babbuini, Mario Merz ha finto intanto una sorta di drammatico circuito inchiodando a sbalzo, di traverso sul muro, una fiammante 650 ce Honda (concessa dalla Ghibor Moto), e nella scia una breve serie di numeri del Fibonacci in neon: da 1 a21. Organizzata da Willy Beck per iniziativa di Arci Nova e di un gruppo di assessorati comunali, la mostra, che si inaugura oggi e rimane aperta fino al 3 settembre, conta nell'insieme ventitré artisti, con un gruppo di esponenti dell'avanguardia internazionale e alcuni giovani da loro indicati, come Michelangelo Rossino cui si devono anche gli interventi grafici. Ognuno ben documentato in catalogo (a cura di Beatrice Merz), con opere e progetti degli allestimenti realizzati nell'ambito dell'iniziativa che — suggerita da Giovanni Ferrerò, già assessore regionale per la cultura — dovrebbe tra l'altro contribuire a riscattare l'ambiente dall'abbandono cui parve condannato dopo che, per far cessare l'innaturale cattività di tanti animali, un paio d'anni fa, il giardino zoologico venne smobilitato. Sotto le stupende alberate del Parco Michelotti — dove negli Anni 20 la città ebbe il suo Teatro all'aperto dedicato soprattutto all'operetta — ha fatto così la sua comparsa l'arte: alcuni dipinti, ma soprattuttto sculture e strutture tali da dare in qualche modo ragione del titolo: «Hic sunt leones/>, come s'usava nelle antiche carte geografiche per indicare i territori lontani e inesplorati, presumibilmente abitati da belve feroci ed oggi da un'arte con cui il pubblico non ha certo molta dimestichezza. Accanto ad alcuni superstiti esemplari dello zoo — lo splendido gufo reale, quasi immobile sul suo appoggio, e i cigni bianchi con la loro prole, «Gualtiero» e «Strega», la coppia di tigri del Bengala, con un imponente gallo di montagna, per non dire dell'aquilotto raccolto ferito ad un'ala ed oggi sulla via della guarigione — ecco dunque l'ar¬ te dei nostri giorni, dentro o fuori di gabbie e recinti, in una voliera come tra i viali secolari. Michelangelo Pistoletto conferma così il suo ruolo di pioniere bastandogli un video nella ex gabbia di felini per proiettarvi «Lo zoo» da lui messo in scena fin dal 1968, quando vi aveva interpretato la parte dell'«Uomo ammaestrato». A quel tempo lo stesso Anselmo muoveva i primi passi in direzione della natura. Nella fossa degli orsi bianchi, Ermanno Barovero, creatore di feroci metafore visive, ha installato invece la voracissima flora dei suoi «ibridi» e delle «carnivore», scheletri rivestiti di affilate lamiere colorate, per un autentico «Giardino del diavolo». Nell'acqua dove un tempo si sono bagnati ippopotami e rinoceronti, Stoisa ha trovato anche il modo di inserire alcune sue immagini dipinte come vasche dal fondo limpido dove in trasparenza si vedranno i suoi pesci rossi, mentre poco discosto, in «Progetto tempo reale» Piero Gilardi non soltanto ha costruito un intero rinoceronte in quel suo leggero materiale plastico, ma consente al visitatore di azionare un sensore capace di immergerlo nell'atmosfera di una remota savana. C'è naturalmente chi, come lo slavo Braco Dimitrijevic, tenterà di far convivere la sua pittura parietale con «Strega», la superstite I t;re femmina, mentre Glassino, Massaioli e Venturini usando come atelier le gabbie dei più feroci felini, saranno certo guardati con allarmata curiosità avvertendo ancora i cartelli in loco «Pericoloso avvicinarsi». Altri, da Mainolfi a Plescia, si rivelano in sintonia con l'ambiente naturale da loro sia pure intepretato con materiali diversi. Dall'arte povera e dal concettuale, c'è infine anche chi, nell'occasione s'è fatto ecologista, così da progettare, come ha fatto Nils-Udo, un'aerea passerella gettata tra i rami sopra il viale, o chi come Giorgio Griffa in qualche modo al disegno d'una corteccia ha sostituito il proprio dettato pittorico, rivestendo i tronchi d'una pittura sapientemente ispirata. Angelo Dragone Una scultura di Michelangelo Pistoletto

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