L'addio tra pugni chiusi e segni della croce
L'addio tra pugni chiusi e segni della croce L'addio tra pugni chiusi e segni della croce Attese la fine, circondato dal mondo contadino del Monferrato DAVIDE Lajolo nacque in estate e il giorno di giugno in cui lo seppellirono era torrido. Diafano il sole, sbracciata la gente, sugli alberi frinivano già le cicale, negli alberi cantava la natura in trionfo: la natura che egli, a sua volta, cantò, celebrò, cose e persone, atteggiamenti e sentimenti, altruismi e grettezze, sotto la cupola solenne del Monferrato. Tanta gente, una medesima indole o quasi. Uomini e donne di campagna in cui Lajolo ritrovava se stesso, la sua famiglia, le stirpi degli antenati, l'augurabilità dei discendenti. Sudditanza al fato e ribellione al fato. Filosofia pragmatica e gusto della lotta, uno spirito libertario che non rifugge dall'armonia delle cose ordinate, magari create. Quel giorno, nell'ampio cortile della casa di Vinchio, la gente attendeva Lajolo, ciò che si è lo si sarà sempre, che importa se ti ermetizzano dentro una bara? Io ero fra quelle migliaia e dialogavo con lui, ancora, come facevamo spesso, lontano dalle ciarlatanerie perché i sentieri di collina aiutano a conoscersi, se proprio non costringono tutti all'autenticità. Sì, se avesse potuto scegliere per quell'inesorabile, banale rituale, la stagione del grano che s'indora gli sarebbe andata bene. Accomiatarsi fra gli applausi, come al termine della presentazione d'un tuo libro o dopo l'incontro con i ragazzi di una scuola; bersi lo splendore di una natura che ti ha appena bevuto ma che è da provare ti abbia in pari dissolto; cogliere a uno a-uno i cenni della tua gente, lì per onorarti, con il pugno chiuso o con il segno della croce. I funerali civili non sono frequenti in campagna, ma è tanta la religiosità che si sprigiona dalla terra, da assorbire quella esteriorizzata. «Vedi, Lajolo? Siamo qui a farti festa. Qui anche più che a Milano. Lo hai scritto tu: i merli di campagna ritrovano sempre la strada del nido, senza nulla togliere agli orientamenti urbani». «Lo credo bene, Piccinelli. E' la nostra gente: con lei non devi nemmeno confidarti perché ti capisce al volo. Sono I mè, sono i monferrini dei quali non si perderà mai lo stampo». «Ti ha dato molto, Lajolo, il mondo contadino, e molto tu gli hai dato, nobilitandone la nostalgia e la voglia di futuro». «Vorrei vedere. Sono contadino anch'io. Ho girovagato ma il mio posto è qui. Non sono commosso, emozionato sì. Mi interro come un seme, vedrò l'erba dalla parte delle radici. stavolta davvero. Già ci sono andato a brucio, lo sai, ma allora ero sicuro di venirne fuori. Mi rifacevo alla combattività dei miei personaggi, mai perdenti pur quando sembrano dei vinti secondo i puri schemi mercantili». «Non è facile dribblare la sorte, amico mio». «Però, armando tutte le risorse, ne ottieni il rispetto e magari qualche dilazione. Il destino è anche la sfida della campagna con se stessa. In tutto Pavese e in tutto Fenoglio, i destini sono i caricatori delle mitraglie». «Mi hai ripetuto che torni a Vinchio per camminare nelle vigne, per sentire il sostegno e l'odore della terra, per respirare nei luoghi che ti sono ossatura come quest'aria è sangue». «Parlamene ancora, per favore. Discorri. Cosa vedi?». «Vedo aprirsi delle finestre, gente che si affaccia, qualcuno ti getta un fiore: lo senti? Un fiore ha bussato al tuo legno». «E poi?». «Si inchiavardano le portine e si abbassano le serrande. E' il loro addio». «E poi?». «Il dolore dei vecchi rurali, asciutto, che impietrisce». «Quello giusto. Hai mai scorto una lacrima nel viso di una contadina? Le eroine non piangono. E poi che altro vedi?». «Sento il rintocco di una campana e vedo i tuoi racconti impallinati nella strada, uno per ciascuno dei personaggi, cento eroi e antieroi imbronciati là». «Cosa fa Laurana?». «Fa ciò che gli hai chiesto tu, fa la figlia di Davide Lajolo. Ciao, Ulisse; ciao, pais». Che sole, che ardore, a Vinchio, quel giorno. Franco Piccinelli
Persone citate: Davide Lajolo, Fenoglio, Franco Piccinelli, Lajolo, Laurana, Pavese, Piccinelli
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