Tangente o soltanto... distrazione? di Guido Coppini

Tangente o soltanto... distrazione? Trovato del denaro dentro un fascicolo inviato al magistrato per una causa di fallimento Tangente o soltanto... distrazione? Imbarazzo e immediata inchiesta al tribunale di Genova GENOVA. Un funzionario del tribunale, ruolo dirigenti, presenta ad un magistrato il fascicolo di una causa su un grosso fallimento, con implicazioni penali. In mezzo ai fogli, alcune banconote. Non una somma enorme (si parla di poche centinaia di migliaia di lire), ma sufficiente a far scattare una denuncia per tentata corruzione. Il magistrato segnala l'episodio che passa all'esame del presidente del tribunale, Nicola Perrazzelli: e viene informato il ministero di Grazia e Giustizia. Il denaro sarebbe stato messo nel dossier da un notaio o da un commercialista, ma forse solo oggi si potranno avere maggiori particolari su una vicenda che ha turbato Palazzo di Giustizia e sulla quale viene mantenuto uno stretto riserbo. Se di tentata corruzione si tratta, l'istruttoria passerà alla pretura, competente per questo tipo di reato. Stamane è previ¬ sto un summit a Palazzo di Giustizia per esaminare le dichiarazioni del funzionario e del professionista che avrebbe cercato la scorciatoia per accelerare il corso di una sua pratica. Che cosa può essere accaduto? Non si esclude che l'inchiesta finisca col non configurare reati. Si dice che, qualche volta, professionisti lascino nei fascicoli somme di denaro (in genere modeste) perché impiegati e funzionari delle sezioni civili facciano fronte a spese per carte bollate, diritti di segreteria ed altri documenti, evitando perdite di tempo. Salvo fare i conti dopo, quando la pratica sia conclusa. In questo caso il funzionario avrebbe dimenticato di togliere le banconote dal fascicolo. Questa è la tesi difensiva. L'episodio potrebbe rientrare in un andazzo non certo regolarissimo, ma abbastanza consueto, e non configurare una vera e propria tangente. Ma il disagio è notevole. Più male di tutti è rimasto il magistrato, nell'accorgersi delle banconote inserite fra un foglio e l'altro del fascicolo. Si delinea, intanto, all'orizzonte giudiziario un'altra burrasca. Una trentina di professionisti (commercialisti, ragionieri, legali) compariranno a giudizio per falso in atto pubblico e per truffa: avrebbero falsificato le date di ricorsi fiscali presentati alla commissione tributaria da persone che chiedevano il condono. Funzionari della stessa commissione, che avrebbero facilitato il cambiamento di data, dovranno rispondere delle stesse imputazioni. Inizialmente gli accusati erano 102, ma l'inchiesta, diretta dal giudice istruttore Vincenzo Basoli, ne ha prosciolto quasi due terzi per insufficienza di prove o perché non ha ritenuto di ravvisare alcun reato nel loro comportamento. Gli imputati avevano lasciato trascorrere i termini per presentare il ricorso alla commissione tributaria incaricata di risolvere le controversie tra contribuenti e uffici delle imposte dirette e indirette. Per «mettersi in regola», il gioco sembrava semplice: far figurare la presentazione del ricorso avvenuta nei tempi previsti, modificando, quindi, la data per ottenere il condono e grossi tagli delle imposte da pagare. Un risparmio mediamente del 60 per cento, che avrebbe indotto commercialisti e contribuenti a ricorrere alla retrodatazione delle pratiche. L'inchiesta ora conclusa fu iniziata dalla Guardia di finanza nel 1984. Poiché è previsto che passi ancora del tempo prima del processo, è facile che nessuno paghi per l'illecito: potrebbe scattare la prescrizione. Guido Coppini

Persone citate: Nicola Perrazzelli, Vincenzo Basoli

Luoghi citati: Genova