Aspettando il Codice

Aspettando il Codice Aspettando il Codice La Giustizia italiana una tela di Penelope LA circostanza che nonostante la crisi di Governo ed ipressanti inviti si sia ugualmente svolto (e con buon successo) lo sciopero degli avvocati e magistrati, bene evidenzia la gravità della situazione giustizia. A pochi mesi dalla (presumibile) entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale che modificherà profondamente il costume giudiziario, molti sono ancora i problemi irrisolti. Lo sciopero, tranne per una sparutafrangia, non è stato affatto rivolto (come da qualche parte si insinua) a procrastinare l'entrata in vigore del codice, ma ad evitare che possa di fatto arenarsi sui bassifondi delle carenze strutturali o delle ambiguità organizzative. Le briciole riservate dal bilancio statale alla giustizia non hanno consentito di realizzare un ampio programma edilizio in collaborazione con gli enti locali. In alcune importanti sedi giudiziarie mancano così le aule necessarie per celebrare i processi secondo il nuovo rito ed i locali per insediare gli uffici dei giudici delle istanze preliminari e dei pubblici ministeri presso le preture. Con ogni sforzo di buona volontà una dinamica città come Torino ed un tranquillo capoluogo di provincia come Cuneo, per citare due esempi piemontesi, rischiano di non poter far fronte alle nuove esigenze per molto tempo ancora. Migliaia di pratiche sono inoltre ammassate negli uffici istruzioni dei maggiori tribunali con destinazione ed esiti incerti. L'amnistia, sospesa nell'aria come un bisturi pronto ad estirpare l'arretrato, è una presenza avvertita e condizionante l'attività giudiziaria, ma resta una realtà vaga e misteriosa. Il ministro di Grazia e Giustizia sta compiendo ogni sforzo per incrementare gli organici dei magistrati e del personale ausiliario. I ritardi, peraltro, si accumulano, le complesse procedure concorsuali e la pesante burocrazia dilatano i tempi, l'approssimarsi della scadenza provoca tensioni. In questo difficile quadro generale appare sempre più paradossale il mantenimento di una geografìa giudiziaria ottocentesca ispirata al campanile ed al calesse. Tribunali e preture distanti tra di loro poche decine di chilometri continuano a resistere, con spreco di uomini e mezzi, strenuamente difesi da miopi interessi e da locali paladini politici. Va attribuito a merito del ministro Vassalli l'aver infarto il primo colpo al campanilismo giudiziario con la istituzione delle preture circondariali e delle loro sezioni distaccate. La legge 1/2/89 stabilisce, in sostanza, che le preture avranno sede solo nelle città una certa importanza e comunque nei capoluoghi di avrà) I di uì I comi provincia. Tutte le altre preture attualmente esistenti costituiranno sezioni distaccate delle prime, in pratica destinate in buona parte a venire soppresse se prive di un adeguato carico di lavoro. Con un'eccezionale tempestività, ad un mese dalla pubblicazione della legge, il C. S. M. ha emanato delle direttive per riorganizzare il lavoro delle preture in conformità alle nuove disposizioni ed alle reali esigenze della popolazione. Sui pretori che esercitano la loro funzione nelle sedi principali, oltre ai processi penali e civili già trattati in precedenza, sono stati concentrati quelli caratterizzati da una certa specialità (cause di lavoro, di locazione, i provvedimenti d'urgenza, quelli concernenti i tossicodipendenti, quelli propri del giudice tutelare ecc.). Ai pretori delle sedi distaccate sono state attribuite tutte le cause penali e civili già di loro competenza e senza sedi circondariali. Alle preture di minore consistenza e senza una reale struttura organizzativa, non è consentito assegnare magistrati. Era (e speriamo sia) il primo passo per la soppressione di preture inutili, il recupero di notevoli forze di lavoro e la razionalizzazione del servizio. Nella stessa direzione e con uguale tempestività si è mosso il ministero di Grazia e Giustizia emanando la circolare dell'aprile 1989. Del tutto inaspettatamente il 15 maggio è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto legge n. 173 che sembra far compiere un passo indietro all'intera operazione e suscita non poche perplessità e preoccupazioni. L'art. 1 stabilisce, infatti, che nelle sezioni distaccate dotate di cancelleria i pretori debbono trattare tutti gli affari civili e penali rientranti nel loro ambito territoriale. In pratica si ritorna alla situazione del passato, con qualche deroga per le cause di lavoro decise dal pretore «specializzato» e discusse sia nelle sedi principali sia in quelle distaccate, con continui spostamenti di magistrati e pratiche. Sorge il sospetto che, sotto specifiche spinte, il decreto abbia trasformato quella originaria in una «riforma gattopardesca» con il fine di tutto cambiare perché tutto resti come prima. E' sperabile che in tempi brevi il ministro Vassalli intervenga per togliere gli uffici di cancelleria nelle preture con scarso indice di lavoro, sopprimendole definitivamente e in modo indolore. In caso contrario la geografia giudiziaria resterà frazionata e causa di inefficienza, con buona pace della giustizia e dei pubblici interessi, ma con piena soddisfazione degli interessi particolari e dei loro paladini di turno. Giancarlo Ferrerò sro^J

Persone citate: Giancarlo Ferrerò, Penelope, Vassalli

Luoghi citati: Cuneo, Torino