La «crociata greca» di Gianni Bisio

Così Kabul tiene in scacco i ribelli Dopo la partenza dei soldati sovietici il regime afghano ha trovato una strategia militare vincente Così Kabul tiene in scacco i ribelli Bombardamenti a tappeto con aerei ad altissima quota Armi di ieri — bombe, aerei e missili degli Anni 60 — combinate con tattiche di oggi, fuori manuale, ma ritagliate su misura alla particolare situazione bellica del momento. In questo modo l'esercito regolare afghano, con i preziosi suggerimenti dei «consiglieri militari» sovietici, gli unici a non aver lasciato Kabul dopo il ritiro del gen. Gromov, sta tenendo in scacco le formazioni dei mujaheddin. Non sono solo divisioni politiche e rivalità, religiose o tribali, ad aver spostato l'equilibrio in Afghanistan dopo il ritiro dell'Armata rossa, ma è il nuovo tipo di guerra a mettere la resistenza in difficoltà: gli assedi richiedono un coordinamento militare che i mujaheddin non possiedono. Di contro, l'esercito di Kabul ha imboccato una duplice tattica: sistematici lanci contro le basi della resistenza dei vecchi e imprecisi missili terra-terra Scud B (in servizio dal 1965) e bombardamenti da alta quota, eseguiti da quadrimotori da trasporto Antonov 12, opportunamente adattati, con l'impiego di bombe a grappolo, le Prosab-250, capaci di «coprire» vaste zone con i più diversi tipi di «submunizioni», liberate dalla bomba-madre a poche decine di metri da terra. Gli Scud B sono ormai un classico per i Paesi legati in qualche modo a Mosca: uno di questi missili fu usato da Gheddafi contro Lampedusa, a decine vennero impiegati durante la «guerra delle città» tra Iran e Iraq. Pur avendo una precisione molto relativa e una gittata ridotta (tra i 130 e i 300 km, a seconda dei modelli) lo Scud è comunque in grado di trasportare una testata bellica con 770 kg di esplosivo ad alto potenziale, capace di provocare seri danni sul bersaglio. Da non sottovalutare è l'effetto psicologico della «bomba che arriva dal nulla», terrorizzante sia sui combattenti che sulla popolazione civile, elemento che già avevano intuito i tedeschi, con le loro V-2 lancia¬ te a caso su Londra. Per quanto riguarda invece i bombardamenti aerei, si è appreso che l'aviazione afghana ha recentemente ricevuto da Mosca una dozzina di Antonov12, quadrimotori a turboelica da trasporto (Hercules in versione sovietica), velivoli ormai superati e in via di sostituzione con i nuovi quadrigetti 11-76. Convertiti in bombardieri, con un sistema che consente di lanciare il carico dal portellone posteriore, gli Antonov-12 portano sul bersaglio circa 20 tonnellate di bombe, mantenendosi ad una quota di 5500-6000 metri, appena al di sopra del limite operativo del missile antiaereo americano «Stinger», l'arma vincente in questi anni, che ha consentito ài mujaheddin di togliere ad elicotteri e cacciabombardieri il dominio del cielo. Secondo fonti Usa, gli Stinger hanno abbattuto, in meno di quattro anni, 269 velivoli e i guerriglieri hanno raggiunto una precisione d'impiego che ha consentito di fare centro nel 79 per cento dei lanci, un risultato considerano «straordinariamente buono». Ma in una guerra convenzionale, poco mobile e molto di posizione, come è ora il conflitto afghano, lo «Stinger» ha un impiego ridotto. Gli Antonov sono irraggiungibili dal piccolo missile, mentre la difficoltà dei bombardamenti da alta quota è compensata dalla quantità e qualità di bombe lanciabili (che si spargono a grappolo per coprire vaste aree) e dalla relativa conoscenza dei luoghi dove le formazioni di mujaheddin si concentrano, nei pressi delle città che stanno assediando. Così Jalalabad ha resistito per circa quattro mesi fino a far desistere gli assedianti e l'altro ieri è stata riconquistata la guarnigione di Samarkhel, mentre, quasi la metà delle perdite fra le file della resistenza sono causate proprio dai bombardamenti. Gli Antonov volano a lungo, molto alti sugli obiettivi, lanciando alcune bombe per rego¬ lare la mira prima di sganciare l'intero carico di «Prosab-250». Ciascuno di questi ordigni può contenere 90 submunizioni di vario tipo, dalle mine antiuomo (le «farfalle» e i «pappagalli verdi») alle bombe a frammentazione e a gas esplosivo: liberate a una certa quota, si spargono su una vasta superficie (anche 30-40 mila metri quadrati) creando una vera pioggia di morte. Per ridurre i bombardamenti, i consiglieri pakistani e americani della resistenza hanno suggerito di aumentare la pressione sulle basi aeree afghane: l'obiettivo è di rendere inservibili gli aeroporti degli Antonov con speciali proiettili di mortaio da 120 mm che aprono profondi crateri nelle piste di volo. Ma è difficile che le nuove armi siano distribuite prima della fine dell'estate, in tempo per cogliere quella che gli esperti considerano «l'ultima opportunità per una vittoria militare dei mujaheddin». Gianni Bisio

Persone citate: Antonov, Gheddafi, Gromov