No al cólpo di spugna si allo sconto di pena di A. Galante Garrone

No al colpo di spugna Sì allo sconto di pena ! CONTB CONI TERRORISf I- No al colpo di spugna Sì allo sconto di pena DI fronte all'iniziativa di un certo numero di parlamentari per alleviare la sorte di non pochi condannati per i reati commessi negli «anni di piombo» e per «superare l'emergenza», si è scritto sul Manifesto che «è giunta l'ora di fare i conti col terrorismo». Contro questa affermazione è insorto un assiduo lettore dello stesso Manifesto, nel corso dell'ottima rubrica radiofonica <<Priina pagina». Quel lettore ha ragione. E' ima frase equivoca, e passibile di preoccupanti fraintendimenti. In essa può anche annidarsi la non voluta conseguenza, se non proprio l'intento, di conferire al terrorismo una postuma legittimazione «politica»: quella stessa che le Br si erano prefissa negli anni cruenti, specialmente nei giorni del delitto Moro, e a cui lo Stato, i partiti, la gente comune allora si opposero, tranne qualche irrilevante frangia di opinione. Al fondo del contrasto fra la linea della «fermezza» e quella delle «trattative», era appunto in gioco il rifiuto o l'accondiscendenza ad accordare quel riconoscimento. La linea della fermezza prevalse, e fu un bene. Da qualche parte si obietta: è ora di cancellare i residui di un passato ormai sepolto, e di prendere atto della nuova realtà. Si è invocato perfino il precedente dell'amnistia Togliatti (allora Guardasigilli), all'indomani della Liberazione. Ma la diversità salta agli occhi. Allora la guerra civile era stata vinta, il nazismo e il fascismo debellati, e impellente urgeva l'esigenza di una pacificazione. Oggi il terrorimo — che si propose, ma non riuscì mai a dar vita a una guerra civile — non si può dire definitivamente scomparso, specialmente fuori d'Italia; e non è chimerico il timore di allacciamenti fra le organizzazioni di diversi Paesi. Episodi recenti ce lo confermano. Si dice anche: l'emergenza è superata, il metro allora adottato non può più valere senza un'iniquità di fondo. Quel che possiamo (e dunque dobbiamo) riconoscere è che non sussistono più le ragioni che allora condussero alla necessità di un sensibile aggravamento delle pene, specialmente per quel che riguardava i reati associativi (associazioni sovversive, cui si affiancarono le associazioni «con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico», costituzione di bande armate e così via). Pertanto oggi si può addivenire a una riduzione delle pene, la quale tuttavia non può essere dilatata oltre misura. Lo scopo è quello di riequilibrare le pene, non di creare un altro e opposto squilibrio. Un'altra via percorribile è quella di praticare ancor più largamente i benefici riconosciuti a tutti i detenuti dalla nostra legislazione, che è tra le più avanzate del mondo (permessi premio, semilibertà, permessi Evoro fuori del carcere). Per ito risulta, tutti i terroristi che ne hanno goduto sono rientrati sempre puntualmente in carcere, senza darsi a una pur facile latitanza. Si potrebbe, con un prowedimehto legislativo, concedere un ulterióre sgravio di pena a chi, per un cèrto tempo di,apprezzabilè durata, ha dato veramente prova di avere cambiato strada. E queste misure dovrebbero valere per tutti i detenuti, anche coi-' munì. Ma sia ben chiaro: possiamo accettare un indulto, che riduce la pena inflitta; non l'amnistia, che cancella il delitto. Insomma, dire no a un colpo di spugna, sì a uno sconto di pena. Aggiungo che io esiterei a. concedere (tranne l'ultima ipotesi ora fatta, per chi ha già, con la sua condotta in carcere^ fuori, dato prova di un effettivo ripudio del terrorismo) un trattamento di favore a chi si è macchiato di uno o più omicidi. Come è stato detto, non si può discriminare un omicidio in base ai moventi per cui è stato commesso. Chi ha assassinato un Bachelet o un Casalegno non è meno spregevole e pericoloso di chi, per rubare un portafoglio, nella colluttazione uccide la vittima. Per questi elementari motivi di giustizia distributiva, mi sembrano stonate le dichiarazioni di Renato Curcio auspicante «una soluzione politica di più ampio respiro culturale» (!); 0 l'invocazione di Toni Negri, dalla Francia, al presidente Cossiga per la concessione di un'amnistia a favore dei poveri esuli (quasi che costoro potessero paragonarsi all'emigrazione politica del Risorgimento, o ai fondatori di «Giustizia e Libertà» durante il fascismo); o le elucubrazioni di Flaminio Piccoli sulla dignità «politica» della lotta armata, e la profonda distinzione fra la lotta politica, anche cruenta, e la delinquenza comune, e l'«intelligenza», la «passione», la «coscienza rivoluzionaria» di Curcio, e la sua matrice «cattolica»; e la deplorazione di Maria Fida Moro che ci si voglia oggi «nascondere» dietro il dolore delle vittime come allora dietro la linea della fermezza; un dolore che, 'ella dice, non può avere «rilevanza politica se si vuole costruire una legge di tipo oggettivo». Sono considerazioni, queste, che riguardano la coscienza della figlia di Moro; e noi le rispettiamo. Ma non possono automaticamente valere anche per altre vittime, come, ad esempio, per i congiunti dei componenti la scorta trucidata nell'agguato di via Fani. La conclusione, per me, non può essere che una sola: indulgenza e comprensione umana verso l'errante, non verso l'errore. Su questo dobbiamo essere intransigenti, se ancora crediamo — come mi ostino a credere ■— nella nostra Costituzione repubblicana e democratica. 1 conti col terrorismo non possono essere in alcun modo riaperti. A. Galante Garrone

Persone citate: Bachelet, Casalegno, Cossiga, Curcio, Flaminio Piccoli, Maria Fida Moro, Moro, Renato Curcio, Togliatti, Toni Negri

Luoghi citati: Francia, Italia