Aperte le «primarie» per Palazzo Chigi di Marcello Sorgi

Aperte le «primarie» per Palazzo Chigi Dopo la rinuncia di De Mita, si accende lo scontro nella de per la scelta dei candidati all'incarico Aperte le «primarie» per Palazzo Chigi E si riapre il congresso della de ROMA. «Superior stabat lupus.. .»: sarà la vecchia passione retorica meridionale, sarà l'eccitazione del momento, il senatore Francesco Patriarca comincia in latino. Cita la vecchia favola del lupo e dell'agnello e ne ricava l'eterna morale dorotea: Craxi in cima al ruscello fa il viso truce, ma se la de saprà pazientare dòpo un po' riuscirà a dissetarsi. Nella lunga notte democristiana che precede la vigilia delle consultazioni, è il segnale che Gava non vuole guerre e l'inizio dello scontro che porterà divisa, oggi, la de davanti al Capo dello Stato. Andreotti resta il favorito, Forlanì candidato controvoglia, Gava pronto all'emergenza di un governo elettorale, e Mancino e Martinazzoli, i due capigruppo, come «indicazioni istituzionali». Poi, dietro il gruppo di testa, come nelle primarie americane corrono «i sette nani». Nomi di gran prestigio (Fanfani, Colombo, Russo Jervolino): spesi con il consenso degli interessati o inseriti a viva forza sultreno che può portare all'ultimo governo de? Per capirlo, bisogna ripercorrere fino in fondo una notte e un giorno, partendo dalle riunioni dei direttivi dei gruppi parlamentari che hanno formulato le candidature. «Una vecchia tradizione, le rose di nomi», ricorderà Forlani: ma recuperarla è stato tempestoso. Giovedì sera, chi s'af¬ faccia al Senato sente Patriarca che parla in latino e i democristiani maliziosi, sottovoce, che gli correggono le citazioni. Chi va a guardare alla Camera trova lo scontro fra gli andreottiani (che hanno votato anche per Martinazzoli) e la sinistra (che s'è rifiutata di votare Andreotti). Quel che traspare dalle due riunioni è una coda del congresso de: con la nuova maggioranza (Forlani-Andreotti-GavaDonat-Cattin) che fa quadrato su Andreotti, e la sinistra che cerca di mettere in pista il nuovo segretario, riaprendo il fronte del doppio incarico su cui è caduto De Mita. Alla Camera è Martinazzoli a fare la proposta, spiegando che più la situazione si complica e più alto dev'essere l'impegno della de. Al segretario, spiega il presidente dei deputati, nessuno potrà dire di no. Altrimenti è chiaro che non si vuole una soluzione. Il primo a opporsi è l'andreottiano Augello. «Bisogna smetterla — obietta — di ragionare con la logica dell'emergenza. Forlani scende in campo solo se c'è la fine del mondo. Ma senza drammatizzare, se si vuol fare un governo la de ha i suoi candidati. Faccio tre nomi: Andreotti, Gava e Martinazzoli». Sono gli stessi che il forlaniano Bonferroni sta elencando fuori della porta, come se fossero già decisi. Dentro, invece, in breve si ar¬ riva allo scontro, perchè i deputati della sinistra, che sostengono Martinazzoli, di Andreotti non vogliono sentir parlare. Alla fine, il trio resterà sulla carta, con l'aggiunta di un Forlani «di riserva»: ma un accordo vero non c'è. Al Senato la situazione non cambia. Non si arriva allo scontro perchè il presidente Mancino, fin dall'inizio, spiega che non dovendo scegliere, potendo compilare una rosa, non c'è ragione di dividersi. Ma qui, il trio è diventato una quaterna, poi una cinquina, una tombola. Si parte dall'asse Andreotti-Gava con l'aggiunta dello stesso Mancino. E' una rosa «istituzionale», spiegano gli andreottiani Aliverti e Ianni, come a dire che i candidati veri sono due e il terzo è un gesto di cortesia verso il presidente. Interviene Mancino e aggiunge, sempre col metodo istituzionale, il nome di Martinazzoli. Poi introduce la questione Forlani: ove fosse necessario, argomenta, è chiaro che non può tirarsi indietro. A questo punto anche altri si fanno avanti: Vittorino Colombo propone la Jervolino, un altro dice Fanfani, un terzo Emilio Colombo. Così il verbale finale è fitto di aspiranti all'incarico: toccherà alla delegazione, l'indomani, sfoltirlo. Non sarà facile. Forlani, nel suo studio, comincia ascoltando le due relazioni dei capigruppo, e appena si sente nomi¬ nare fa una smorfia di dissenso. Dà la parola a Scotti, il vicesegretario che rappresenta il Centro, e si sente proporre «una candidatura che assicuri l'unità della de». Parla Bodrato, il vicesegretario della sinistra, e avverte: «Attenti, siete proprio sicuri che se non scegliamo noi, l'incarico non finirà nelle mani di un laico?». Ahi ahi, qui c'è puzza di bruciato, comincia a pensare Forlani. E: «Cari amici — chiede, sorridendo sorpreso — ma cos'è questa storia del mio nome? Come se non avessimo fatto un congresso, deciso tutti insieme che il doppio incarico è impossibile. No, scusate, io non sono disponibile. E lo dirò anche all'esterno». Prima ancora che il segretario esca e dichiari che la de «anche in caso di fine del mondo ha uomini di grande esperienza» che verranno prima di lui, il tani tam forlaniano è già partito. Pierferdinando Casini sostiene che la candidatura Forlani «non esiste», lo stesso ripeteranno per tutto il giorno amici e collaboratori del segretario. Ma la sinistra non molla: le designazioni dei direttivi non si possono cambiare, dicono Martinazzoli e Mancino, e a Cossiga ripeteremo le stesse cose. Così, l'ultimo conclave democristiano si allunga in un'altra notte di vigilia, A sera, quando gli uomini della delegazione si ritrovano di fronte a piazza del Gesù, il clima è sempre più avvelenato. I forlaniani annunciano che Forlani spiegherà a Cossiga le ragioni della sua indisponibilità. E sottovoce accusano De Mita «e il suo amico La Malfa» di far pressioni sul Quirinale che deve prendere una decisione. La sinistra reagisce parlando di un «accordo sommerso» fra Craxi e Andreotti che punta a metterla in minoranza. I due «partiti trasversali» ormai si sono dichiarati guerra. Oggi Cossiga se li ritroverà di fronte e il clima delle consultazioni non potrà non risentirne. Dire come andrà a finire, è diffìcile. Solo Andreotti non si preoccupa. Ieri mattina ha mandato il suo ambasciatore Cirino Pomicino a Palazzo Chigi, per capire se De Mita, anche ora che è battuto, vuol continuare la guerra. Avuta la conferma, non s'è allarmato: e ieri sera, coi suoi, al premio Fiuggi ha brindato al suo nuovo governo. Marcello Sorgi Nella de c'è chi vorrebbe ii segretario Forlani a Palazzo Chigi

Luoghi citati: Fiuggi, Roma