E anche per i calciatori esiste il problema della pensione
E anche per i calciatori esiste il problema della pensione La legge c'è da anni, ma i timori dei club e gli interventi del Comitato Olimpico rischiano di annullare una conquista sociale E anche per i calciatori esiste il problema della pensione Quando Marchesi chiuse con la Juve e rimase senza contratto, scattò per lui la pensione: 3.600.000 lire lorde al mese, nette sono circa 2 milioni, non una grossa cifra, ma nemmeno bruscolini. Anche Radice è teoricamente pensionato, e in qualche periodo di disoccupazione ha usufruito dell'Enpals, Ente Nazionale Per l'Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo, quello che 'dalla «nascita» della legge 91 si occupa anche degli sportivi professionisti, che per ora in Italia sono soltanto quelli che praticano calcio, ciclismo, motociclismo, golf e pugilato. E' un viaggio curioso e interessante quello dentro le pensioni dei milionari, o addirittura dei miliardari. Le esperienze torinesi possono valere per un po' tutta l'Italia, l'Enpals è dovunque, e funziona il tam-tam delle informazioni. Quando non ci sono dei fatti propellenti: a Torino la morte di Giorgio Ferrini, calciatore granata, con accesso della vedova alla pensione, il 60% per sé e il 20% per ognuno dei due figli, ha indicato nel 1976 la strada. Un controesempio: alla vedova di Mattrel, portiere bianconero, con il vecchio sistema «elemosiniere» del fondo Sportass erano toccate 5000 (cinquemila) lire al mese, pressappoco nella stessa epoca. Una strada che per i calciatori era aperta già dal 14 giugno 1973, con la legge n. 366, che prevedeva il riscatto, a fini pensionistici, addirittura di tutta l'attività prestata dal 1920. Poco nota, questa legge è stata estesa alla categoria tutta degli sportivi professionisti appunto il 23 marzo 1981, data della fatidica legge 91. Cosa deve fare un atleta professionista per avere la pensione quando compie i 45 anni se uomo, i 40 se donna? Deve avere almeno 3600 contributi giornalieri versati per almeno 180 giorni ogni anno: dunque possono anche essere meno di vent'anni, ma sino ai 40 o 45 anni d'età non si prende niente. Il versamento dei contributi, in ragione del 9,21% di un massimo di 3.600.000 lire mensili (il tetto attuale della pensione: il minimo è del 9,21% di lire 1.324.000), è a cura della società, con aiuti da parte della Lega e dell'Associazione Calciatori (parliamo della categoria più popolare). Almeno in teoria, perché non tutte le società sono a posto, ad esempio, come Juve e Toro, due modelli. Quanto agli altri sport, l'iniziativa individuale è ancora la più raccomandata, a parte il ciclismo, dove ad esempio in Piemonte non c'è nessun professionista, ma c'è un pensionato a fine professione, Fasolo. La normativa è, come suol dirsi, ottima e abbondante. Ad un certo punto sembrava avere inglobato anche i maestri di tennis, poi non se n'è fatto nul- la, il Coni ha messo l'alt, forse timoroso dell'allargamento eccessivo. Dicono gli esperti dell'Enpals che due cose hanno «giocato» contro l'insorgere della mentalità pensionistica, a dispetto di tutte le affermazioni di principio degli sportivi professionisti vogliosi di essere, ai fini previdenziali, «lavoratori come gli altri». Da una parte ha avuto ed ha ancora peso, nonostante i programmi di Olimpiade open, la paura del Comitato Internazionale Olimpico, che potrebbe prendersela contro definizioni troppo professionali dell'atleta. Dall'altra la paura da parte dei datori di lavoro di dover sostenere oneri economici non indifferenti, dopo anni e anni di contribuzioni in nero. Un controllo, proprio a proposito del tennis, a Roma presso un circolo campione, quello da cui erano partite le maggiori istan¬ ze prò maestri, ha portato alla constatazione che nessuno dei dipendenti di quel circolo era stato «messo a posto» in materia di contributi. Comunque qualcosa si sta muovendo, gli sportivi prendono conoscenza dei loro diritti, si informano, si danno da fare presso i loro «padroni». Non diciamo soltanto del campione celebre, ma anche dell'istruttore sconosciuto, quello che il circolo, il club ha sempre compensato in nero, facendo passare la sua opera come volontariato. Forse servirebbe alzare il tetto pensionistico, renderlo allettante in assoluto. Il calcio era partito con una pensione lorda di 1.800.000 lire mensili, poi Campana si è dato da fare, e siamo al raddoppio. E ci sono già pensionati o pensionai)di celebri (ovviamente non c'è corresponsione di denaro quan¬ do viene sostenuta un'altra attività) come, per stare a ex juventini, Morini e Capello, o per stare a ex granata Fossati e Sentimenti III, uno che ha usato la possibilità di riscattare il periodo antico di attività. Siamo di fronte a un discorso completamente nuovo, se non altro per ^differenza, per mancanza di curiosità. Ed è anche un discorso che potrebbe apparire irritante: le pensioni a chi è già assai ricco. Ma, a parte il fatto che ci sono situazioni, doverosamente non pubblicizzate, di ex ricchi dello sport diventati quasi poveri, e bisognosi addirittura della pensione, è da considerale che comunque l'instaurazione nello sport di una «filosofia» previdenziale è un passo verso l'acquisizione di dignità, di problematiche comuni a tutti i lavoratori. Nonché, se le pensioni fossero alzate, con contributi che incidessero di più sui redditi, di calmiere su ingaggi, salari, premi. Meno soldi subito, insomma, e più soldi dopo, quando guadagnarli sarà difficile. Gian Paolo Or-mezzano
Persone citate: Capello, Fasolo, Gian Paolo, Giorgio Ferrini, Marchesi, Mattrel, Morini, Radice
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