Cicerone nell'abbecedario

Cicerone nell'abbecedario Ottanta deputati propongono che si insegni il latino fin dalle scuole elementari Cicerone nell'abbecedario «Aiuterà a parlare meglio Vitaliano» ROMA. Latino «lingua viva», anzi vivissima: bisogna abituarsi a parlare, a leggere e a scrivere in latino fin da bambini. Questo, almeno, è il parere di ottanta deputati — di diverse parti politiche — che hanno firmato una mozione per introdurre la lingua dei Romani nelle scuole elementari. Un insegnaménto — hanno' precisato — che non ha nulla in comune con il terribile stillicidio grammaticale che ha ossessionato generazioni e generazioni di ragazzini delle medie e continua a turbarci sonni dei liceali. No, hanno precisato ieri in una conferenza stampa: il fine dell'iniziativa non è quello di ripristinare forme didattiche tradizionali, che penalizzavano gli studenti provenienti dalle famiglie meno istruite; bisogna solo riconoscere che «è necessario reistituire l'unitarietà culturale della nostra tradizione». Ma si tratta pur sempre di una «controriforma» della scuola italiana; che una ventina d'anni fa tolse il latino anche dalla scuola media, relegandolo ai licei e agli istituti magistrali. E la polemica a favore del passato remoto contro questo recente passato «dissacratore» è emersa anche nella conferenza stampa di ieri. Lo schieramento dei deputati-latinofili comprendeva il vice presidente della Camera Gerardo Bianco (democristiano), il comunista Michele Ciafardini e il socialista Filippo Fiandrotti, primo firmatario della mozione. Per qualche minuto è stato presente anche Mario Capanna, ex leader di democrazia proletaria appena confluito nei Verdi Arcobaleno, che da anni si è convertito alla causa della romanità, tanto da tenere al Parlamento Europeo nel 1979 un lungo discorso nella lingua (e con lo stile) di Cicerone. Fiandrotti ha sottolineato il carattere «sperimentale» del ritorno del latino nella scuola italiana a cominciare dalle elementari: con «metodologie moderne» — ha precisato — quindi, per cominciare, con un si¬ stema «colloquiale». Un primo passo che è destinato a portare lontano: a uno studio assai più approfondito, ma sempre con metodi moderni, della lingua, degli autori e della storia. «Abbiamo alle spalle — ha osservato l'esponente del psi — il fallimento dell'insegnamento tradizionale e della sua eliminazione dalla scuola». Ciafardini ha detto di essere stato stimolato anche dal fatto che, negli ultimi tempi, «molti uomini politici hanno preso il vezzo di fare citazioni in latino, ma con frequenti errori di forma e nella citazione delle fon¬ ti». L'esponente del pei — che ha adento alla mozione «per i princìpi» — ha ricordato, come docente di lettere, di essere sempre stato contrario al latino come materia di «élite». Ma oggi le condizioni per l'insegnamento tradizionale del latino «sono superate» e allora «è giusto fare un riesame della questióne, perché la funzione del latino, nella nostra scuola, non è stata sostituita da null'altro». «Possono essere introdotti nella scuola — ha aggiunto Ciafardini — elementi di conoscenza della lingua, della letteratura e storia latina». Infine Gerardo Bianco ha sottolineato che «la scuola italiana ha perso i suoi punti di riferimento», proprio nel momento in cui per ognuno di noi «vi è la necessità di possedere pienamente la propria lingua, anche attraverso la conoscenza del latino». A differenza di quanto sostenuto da Fiandrotti, Bianco (che insegna da molti anni storia della letteratura latina) ha detto che il latino nella scuola «non è usabile come lingua a sé» ma come «elemento di riflessione sull'italiano». Gianluigi Savio Alle elementari si parlerà latino

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