North tre anni
North, tre anni USA Quasi un'assoluzione per l'Irangate North, tre anni Niente prigione ma libertà vigilata «Ha eseguito ordini di superiori cinici» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Oliver North non va in prigione. Dopo due anni e mezzo di clamorose inchieste congressuali e di processi, il giudice Gerhard Gesell ha pronunciato ieri una salomonica sentenza. Gesell ha punito l'ex colonnello dei marine per le sue violazioni della legge, ma lo ha esonerato dalla responsabilità politica dello scandalo Irangate. «Lei non è un semplice capro espiatorio — ha detto il giudice a North motivando la sentenza — ma non è neppure il leader dello scandalo: lei è un subordinato che ha eseguito gli ordini di un gruppo di superiori cinici». L'Irangate, che minacciò di far cadere Reagan e che resta una spada di Damocle su Bush, è così destinato a continuare. Il prossimo capitolo sarà quello di Poindexter, il diretto superiore di North, l'ex consigliere della sicurezza nazionale della Casa Bianca, che a settembre comparirà davanti a Gesell. Nell'Irangate gli uomini della Casa Bianca vendettero segretamente armi all'Iran per liberare gli ostaggi americani in Libano e ne stornavano i proventi ai Contras in Nicaragua. Ecco la sentenza del magistrato contro North. 1) Tre anni di carcere ma con due di condizionale: se nei prossimi 24 mesi l'ex marine non commetterà reati tornerà a godere della piena libertà. 2) Multa di 150 mila dollari, quasi 210 milioni di lire. 3) 1200 ore di pubblico servizio: North dovrà lavorare tra i giovani drogati di Washington. 4) Interdizione dai pubblici uffici: Gesell ha precluso a North la possibilità di presentarsi candidato al Congresso, come invece la destra dei repubblicani vorrebbe. Il protagonista dello scandalo Irangate rischiava un massimo di 10 anni di carcere e di 750 mila dollari di multa. Dei 16 capi d'imputazione a suo carico, tra cui quello gravissimo di congiura contro lo Stato, ne erano rimasti in piedi solo tre: complicità nell'ostacolare le indagini congressuali, distruzione di documenti, corruzione. L'ultima udienza del processo North si è svolta in un clima di tensione. L'ex colonnello, dimessosi dai marine lo scorso autunno, si è presentato al tribunale di Washington con l'avvocato Sullivan e con la moglie, aprendosi un varco tra una folla enorme, composta quasi per intero dai suoi sostenitori. In aula, per la prima volta, North si è mostrato pentito e ha chiesto clemenza a Gesell: «Non passa giorno senza che io mi tormenti per ciò che è accaduto», ha detto. «Ho servito il mio paese per 20 anni, non avrei mai fatto nulla per ledere le istituzioni. La mia famiglia ha molto sofferto. Ci consenta di ricostruire le nostre vite». Quando il giudice si è alzato per leggere la sentenza, un silenzio tombale è sceso sull'aula. «Il carcere — ha asserito Gesell rivolto a North — la rafforzerebbe soltanto nelle sue convinzioni errate... Nemmeno oggi lei si rende pienamente conto del danno che ha arrecato al principio del pubblico servizio... Nel corso dello scandalo lei ha accettato l'idea che il Congresso sia infido, che il destino del Paese debba essere lasciato nelle mani di un piccolo gruppo di gente non eletta, libera di comportarsi a proprio piacimento e di mentire in pubblico». Il giudice ha quindi elencato le quattro le condanne. North ha ascoltato impassibile, sull'attenti. Ha stretto la mano all'avvocato, ha preso la moglie sottobraccio ed è uscito. Lo ha accolto il boato della folla, in un rigurgito della «Ollimania» di due estati fa. Alla vigilia dell'apertura di quello di Poindexter si è dunque chiuso il capitolo di North? La logica vorrebbe di sì. Con la sua sentenza, il giudice Gesell ha evitato al presidente Bush l'imbarazzo di decidere se concedere o no la grazia a North: non a caso, Bush ha rifiutato ieri qualsiasi commento. Il giudice ha lasciato inoltre intatte le buone prospettive finanziarie di North: il protagonista dell'Irangate dispone di un fondo sostanzioso per le spese legali, raccolto dai simpatizzanti, e riceve tra 35 e 40 milioni di lire a conferenza. Ma l'avvocato Sullivan ha indicato che presenterà ricorso in appello: la sua tesi è che North è innocente e che vanno puniti i suoi mandanti. Sullivan nel corso del processo ha chiesto che testimoniassero Bush e Reagan. Gesell ha risposto di no e ha ritirato quattro dei sedici capi di accusa originari contro North «per non compromettere segreti di Stato». Ma la sua risposta potrebbe essere diversa se la richiesta, fosse avanzata dall'avvocato di Poindexter. Ennio Caretta
Luoghi citati: Iran, Libano, Nicaragua, Washington
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