«Terribili analog tra Urss e Cina» di Enrico Benedetto

«Terribili analogie tra Urss e Cina» Sacharov e la Bonner a Venezia «Terribili analogie tra Urss e Cina» VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO «Esiste una terribile analogia tra quanto avviene a Pechino e a Mosca. Deng era considerato il padre della perestrqjka cinese, ora i suoi uomini uccidono sulle piazze. In Urss non siamo al riparo da questo pericolo: il Congresso del Popolo ha applaudito il gen. Rodionov per avere sparato sulla folla, in Georgia. Dunque, possiamo solo parlare dell'oggi, ma è un parlare amaro perché la Russia sta vivendo il crollo di tutte le sue illusioni». Andrej Sacharov e Yelena Bonner parlano chiaro, nell'affollatissima saletta dell'Ateneo Veneto. Due volte qualcuno fra il pubblico li interrompe in russo: «Basta, vergognatevi d'insultare il vostro Paese». «Denuncio la violenza del potere ora come 15 anni fa — replica decisa la Sacharova — perché la glasnost l'hanno inventata i dissidenti sovietici prima che arrivasse il signor Gorbaciov. Ma non denigro, e non disinformo nessuno. Andatevi a leggere gli interventi pronunciati al nuovo Parlamento: troverete accuse ancora più gravi». Il dibattito aspro e la drammaticità degli interventi hanno messo in pochi istanti fra parentesi l'idilliaca giornata veneziana dei coniugi Sacharov, la passeggiata a San Marco mano nella mano, il bacio con sfondo di gondole per la gioia dei fotografi, l'innamoramento del fisico settantenne verso una città a lungo sognata e mai vista. Ma quando il Nobel Carlo Robbia lo ha nominato socio ad honorem dell'Ateneo, respingendo gli applausi, si è capito che Sacharov, fino a quel momento taciturno e impermeabile alle domande dei giornalisti, voleva «parlare» e «far parlare» Yelena Bonner, apparsa spesso più radicale del marito. «Non importa chi è ad aprire la bocca. Oggi, anzi, toccherebbe a lei in base a una ferrea divisione del lavoro che ci siamo imposti. Tra noi non esistono divergenze, solo questo conta». E' così iniziato un dialogo senza rete, battagliero ma dichiaratamente pessimista nello sfondo, sui temi e le persone che oggi dividono l'Unione Sovietica e la sua società. GROMYKO. Yelena Bonner: «Posso dire soltanto "pace all'anima sua". Ma con questa morte, possiamo iniziare a occuparci dei vivi. Penso per esempio a Raoul Wallemberg, il diplomatico svedese che salvò in Ungheria migliaia di ebrei: secondo la versione ufficiale sovietica, morì alla Lubjanka, nel '47. Andrej e io sappiamo per certo che non è vero, secondo alcuni vive tuttora. Finalmente, tutti quelli che vollero occultare il caso si trovano sotto terra. Michail Gorbaciov può, finalmente, cercare tutta la verità». MORIRE D'OSPEDALE. «In questi mesi, a causa della fortissima crisi economica, l'assistenza medica praticamente non esiste più. Non di rado i chirurghi preferiscono lasciar morire i pazienti che operarli e sapere di non aver più medicinali per il dopo. In due ospedali su tre manca l'acqua corrente. Si moltiplicano i casi di Aids fra neonati perché la seconda potenza mondiale nella produzione d'armi non conosce gli aghi "usa e getta". Quando 15 anni fa io (Yelena Bonner» dicevo queste cose a una platea italiana, la gente, indignata, mi urlava "Fascista". Ora, per fortuna, le scrivono le Izviestia.» ECOLOGIA. «Tutti parlano di Cemobil, ma nel nostro Paese esistono zono immense ormai precluse all'uomo per l'inquinamento. C'è la Bielorussia, ancora influenzata dalla nube atomica, ma anche il Mar Caspio e il Lago di Arai, quasi tutti gli Urali, la Penisola di Kola. Alcune città industriali, si è scoperto, hanno tassi di veleni atmosferici cinquanta volte superiori al massimo consentito». NAZIONALITÀ'. E' l'ultimo, ma forse il più delicato argomento che i Sacharov affrontano. Andrej: «Non ho ancora letto l'appello pronunciato sabato scorso da Gorbaciov in tv, ma certo la situazione è grave». Yelena: «L'ultimo Impero ad autosciogliersi è stato quello britannico. Ora restiamo noi, con i problemi ereditati dagli zar e da Stalin. Con mio marito abbiamo visitato l'Armenia sconvolta. Le violenze avvenute a Sumgait non sono facilmente immaginabili da mente umana. Poi, uzbeki, tatari, tedeschi del Volga, profughi ovunque. Ma questi, tutto sommato, sono ancora argomenti tabù per il regime. Come tabù è stato chiedere al Congresso di aprire un'inchiesta sull'invasione dell'Afghanistan: mio marito non ha potuto neppure finire l'intervento». Enrico Benedetto