«Niente violenza siamo la Rai» di Fulvia Caprara

«Niente violenza, siamo la Rai» Nuove regole: vietato lo scoop oltre ogni limite, maggiore tutela dei bambini «Niente violenza, siamo la Rai» Controlli sui film e mai più un caso Fiora ROMA. Non è un codice e non comporta sanzioni per chi lo infrange, ma è comunque il primo importante passo che la Rai, sull'esempio delle televisioni inglesi e francesi, fa nel campo dell'autoregolamentazione contro la violenza. Nei giorni della tempesta politica, della bagarre amministrativa, delle lotte intestine e del franare del sistèma della lottizzazione, l'azienda di Viale Mazzini sottolinea il suo ruolo di ente pubblico presentando alla stampa un documento dai toni molto seri. Illustrato dal vicedirettore generale al coordinamento delle reti Emmanuele Milano, messo a punto, nell'arco di più di un anno, da un gruppo di lavoro istituito per volere del direttore generale Biagio Agnes e composto da Sergio Zavoli, Vittorio Citterich e Andrea Barbato, il documento contenente le «Raccomandazioni deontologiche sulla rappresentazione della violenza in tv» ha il tono di una risposta netta ai tanti interrogativi posti negli ultimi mesi da un certo tipo di programmi-pugno nello stomaco. Basta con l'audience a tutti i costi, insomma, e quindi basta con certe interviste troppo sensazionali, con i film troppo carichi di sesso e sangue, con gli scoop «oltre ogni limite». Dice Milano a proposito delle nuove regole: «Non si tratta di tagliole poste sul cammino di chi fa i programmi, ma piuttosto di un modo per richiamare l'atten- zione sulla necessità di svolgere il lavoro nella maniera più utile e meno dannosa per il pubblico». E ancora: «Non si intende porre un freno a un certo tipo di televisione, ma si vuole ricordare che la tv di Stato non deve seguire la stella polare dell'audience e che i problemi legati alla concorrenza possono provocare degli scadimenti di tono nella programmazione». Il decalogo, trasmesso in questi giorni a tutti i dirigenti di Viale Mazzini, (direttori di rete, di testata, responsabili del dipartimento Scuola Educazione e così via), si apre con la descrizione di due diverse immagini della Rai: «La visione apocalittica secondo cui la tv è la causa di tutti i mali di cui soffre la nostra società» e quella «riduzionista dei mezzi di comunicazione di massa, in cui sembra che questi non abbiano alcun effetto negativo sulla costruzione di personalità e sugli stili di vita delle persone». Poi si passa all'enunciazione dei principi che sanciscono la tutela del diritto al decoro, del sentimento religioso, dell'essere umano qualunque sia il suo grado di sviluppo, dell'intimità privata, della manifestazione del pensiero, della gioventù e dell'infanzia. Infine le regole: la cronaca dovrà evitare di «sottolineare gli aspetti più morbosi e raccapriccianti del fatto»; l'elaborazione di notizie «in modo da colpire emotivamente i soggetti più labili e predisposti»; la riduzione degli episodi di violenza «a mero spettacolo». E se davanti alle telecamere dovessero arrivare persone che siano state vittime di episodi di violenza (e tutti ricordano l'intervista di Marco Fiora a Domenica in) occorrerà «usare estrema delicatezza per non realizzare una violenza aggiuntiva a quella già subita»; e se succederà che la tv entri nell'aula di un tribunale, bisognerà «evitare che attraverso la pubblicizzazione davanti a una platea di milioni di spettatori, si giunga ad un'ulteriore stigmatizzazione del soggetto coinvolto nel processo penale»; e bisognerà anche stare attenti «nei casi di procedimenti civili aperti, specie quando riguardano minori, a non farsi strumentalizzare da una delle parti in conflitto». Basta con i delinquenti trasformati in personaggi cinematografici: certe rappresentazioni, e a questo punto vengono in mente i Cutolo e i Liggio, possono provocare in soggetti deboli «una forte suggestione alla devianza». Il calendario di norme riguarda anche il delicato terreno della fiction: qui, dice il gruppo dei saggi incaricato da Agnes, «è indispensabile un ripensamento critico». Bisogna «accettare l'inserimento di scene di violenze solo quando siano strettamente indispensabili all'azione principale»; stare attenti «ai sottofondi musicali terrificanti», «all'identificazic ne del "cattivo" in specifiche categorie di persone» in modo da evitare che si affermino gli stereotipi; e soprattutto rafforzare il distacco tra la rappresentazione della violenza e le situazioni di vita normale dello spettatore. «Più la violenza è lontana nel tempo e nello spazio o relegata nel puro immaginario — si legge nel dqcumento — più essa risulta meno coinvolgente e quindi distruttiva». Il capitolo fiction è quello che pone maggiori preoccupazioni ai vertici Rai: c'è il problema dei grandi sceneggiati come la «Piovra», dei film di qualità come «C'era una volta in America» in cui il tema violenza è asse portante della storia, degli spot pubblicitari sulle pellicole in uscita nelle sale che quasi sempre costruiscono il lancio proprio sulle scene di sesso e violenza. Spiega Milano: «All' Anica abbiamo più volte chiesto di inviare spezzoni che evitino questo tipo di immagini e ai nostri operatori che acquistano all'estero i film da programmare abbiamo raccomandato grande attenzione. In più porremo la regola fissa che se una rete una sera manda in onda un film non adatto a un pubblico familiare, le altre dovranno garantire una programmazione che vada bene per tutti». L'ultimo capitolo del documento riguarda la pubblicità, ma, in questo caso, si tratta solo di una ripetizione delle regole già stabilite dal codice Sacis, più alcune precisazioni: «I messaggi pubblicitari devono evitare di dare visione distorta del ruolo genitoriale o del mondo dei bambini e di utilizzare il nudo dei bimbi per reclamizzare prodotti». Nelle trasmissioni dedicate a questo particolare pubblico sarebbe infine opportuno che le interruzioni siano inserite non nel cuore del programma ma solo all'inizio e alla fine. «Tra pochi giorni — ha fatto poi sapere Emmanuele Milano — sarà diffuso una specie di bollettino Rai che indica una mappa dei programmi per ragazzi e bambini, una specie di manuale per chi deve scegliere la programmazione». Fulvia Caprara Violenza nei film. Un'immagine dello sceneggiato «La piovra»

Persone citate: Andrea Barbato, Biagio Agnes, Cutolo, Emmanuele Milano, Fiora, Liggio, Marco Fiora, Sergio Zavoli

Luoghi citati: Milano, Roma