Tamil tregua eli sangue di Mario Ciriello
Tamil, tregua di sangue L'armistizio fra esercito e ribelli rischia d'essere una pura spartizione di poteri e scatenare nuove rappresaglie Tamil, tregua di sangue «Ma le truppe indiane se ne vadano» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Già la chiamano una «pace di sangue». Si è firmato un armistizio, ma il futuro fa più paura di prima. E' quanto avviene a Sri Lanka, la gemma dell'Oceano Indiano, trasformata da 17 anni di violenza in un'isola di lacrime. Il 28 giugno, il governo singalese del presidente Ranasinghe Premadasa ha firmato un accordo con i guerriglieri delle Tigri Tamil per cessare le ostilità e convertire l'intesa in una «pace permanente». A prima vista, è una bella, bellissima notizia: ma non lo è. E' una svolta minacciosa, piena di pericoli mortali. Il patto accende un nuovo conflitto, in cui Premadasa e le Tigri hanno per nemico l'India. Già si spara, si muore. Il dramma singalese si arroventa: le sue fiamme arrivano a New Delhi, dove il primo ministro Rajiv Gandhi deve affrontare decisioni onerose e rischiose. Ritirare i 45 mila soldati indiani in Sri Lanka, come esigono i nuovi alleati, il governo di Colombo e le Tigri? Attendere prima le elezioni generali in India, previste per gennaio? Oppure sfidare Premadasa e le Tigri e serbare in Sri Lanka quella presenza militare che è l'unica difesa degli altri gruppi Tamil nel Nord e nell'Est dell'isola? Per ora Gandhi ha reagito con asprezza coriacea, ha avverti- to: «Le forze indiane restano». Non è facile riconoscere tutti i fili di questa ispida matassa. Troppo è accaduto. Occorre indicare alcuni fatti. Vivono in Sri Lanka, l'ex Ceylon, tra i 1516 milioni di abitanti, dei quali il 74 per cento è costituito da singalesi, il 12,6 da Tamil singalesi, il 5,6 da Tamil indiani, il 7,1 dai Moors, i mori. Con la fine degli Anni 70, le ansie e le aspirazioni dei Tamil contro gli «oppressori» singalesi cominciano a manifestarsi in forma sempre più violenta; vaste zone nel Nord e nell'Est passano sotto il controllo dei guerriglieri; nell'83, la comunità Tamil chiede l'indipendenza da Colombo. E' la guerra civile. Si giunge così all'accordo del luglio '87 fra Colombo e New Delhi. Rajiv Gandhi diviene il «grande protettore». Protegge i Tamil dai singalesi: e protegge Colombo, nonché i Tamil non violenti, dagli attacchi più sanguinosi degli oltranzisti del «Ltte», il movimento «Liberation Tigers of Tamil Eelam». (Tamil è la parola sanscrita che descrive tutti gli indiani del Sud). Migliaia di soldati indiani occupano le regioni che si af¬ facciano verso la vicinissima India, e ne assumono l'amministrazione. Gandhi usa i suoi muscoli politici e militari per indurre le truppe singalesi a rientrare in caserma e per infliggere alle Tigri sconfitte feroci. Adesso, dunque, Premadasa dice a New Delhi: «Grazie al vostro aiuto, e alla tenacia dei nostri soldati, le Tigri sono domate». Hanno firmato un armistizio. C'è finalmente la possibilità che singalesi, Tamil e Mori appoggino tutti il governo. La presenza militare indiana non è più giustificata. Deve scomparire entro la fine di luglio». Si illudeva, Premadasa; e come lui si illudeva Anton Balasingham, il leader delle Tigri. Rajiv Gandhi non si è lasciato né sedurre né intimorire. Subito le Tigri hanno reagito furiose. Hanno ammazzato sette soldati indiani. Perché Gandhi non se ne va? Per motivi di politica interna — le elezioni non sono lontane — il premier non si può permettere gesti di debolezza, ma anche per motivi più ponderosi. Quel suo corpo di spedizione non è soltanto una peacekeeping for¬ ce, è l'unico scudo capace di difendere dalle implacabili Tigri gli altri gruppi separatisti Tamil, più moderati. A New Delhi già si parla di un «patto diabolico», con cui Premadasa avrebbe dato mano libera alle Tigri nel Nord-Est. Il fronte Tamil antiTigri vive nel terrore: «Saremo liquidati dai nostri terroristi, con il benestare di Colombo. Se gli indiani se ne andranno, proclameremo l'indipendenza e ci difenderemo con le armi dai singalesi e dalle Tigri». La scena si oscura. Zampillano interrogativi minacciosi. In che misura Colombo si è legata alle Tigri? Riuscirà Premadasa a «cavalcare» lo spietato felino? E fino a quando resisterà alle crescenti pressioni del Jyp, i supernazionalisti singalesi che odiano i Tamil ed esigono le espulsioni dei 45 mila soldati indiani? Ben 10 mila persone sono perite in Sri Lanka negli ultimi otto anni. Dall'87 il corpo di spedizione indiano ha perso quasi mille uomini e, nello stesso periodo, sono cadute 500 Tigri. E' un bagno di sangue di cui non si vede ancora la fine. Mario Ciriello Carri armati nelle strade a Colombo: una scena consueta a causa della forte tensione etnica e del timore d'attentati
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