Lassù sulle montagne una certosa tra i larici

Lassù sulle montagne una certosa tra i larici Dal rifugio Val Gravio alla scoperta del Parco Orsiera Lassù sulle montagne una certosa tra i larici QUANDO, alla fine degli Anni Venti, se ne decise la costruzione, al Rifugio Geat nel Vallone del Gravio si arrivava in non meno di tre ore di cammino da Borgone o Bussoleno, le due stazioni ferroviarie più vicine. Agli alpinisti diretti alla Cristalliera o al Rocciavrè veniva così offerta un'alternativa ai pernottamenti di fortuna nelle scomode grange dell'Alpe Mustione. Anche oggi il Rifugio serve da base per molte escursioni nel gruppo (e nel parco) dell'Orsiera-Rocciavrè. Solo che, grazie alla bella strada asfaltata che da San Giorgio sale fino ai 1100 metri della frazione dell'Adret, ci si arriva in meno di un'ora. Abbastanza per preservarlo da quella mutazione in alberghetto «alpino», chiassoso e affollato, che pare essere la non evitabile conseguenza dell'arrivo delle strade nei pressi di un rifugio, ma anche sufficientemente poco da farne una meta ideale per un'escursione breve quanto ricca di attrattive e di possibili sviluppi. . Lasciata l'automobile al parcheggio dell'Adret, si attraversa la borgata iniziando a salire tra quelli che un tempo erano campi terrazzati e sono ora bosco, lungo una larga mulattiera in parte selciata. Tutto intorno noccioli, tigli, maggiociondoli, sorbi, aceri, betulle fanno da filtro ai raggi del sole. Abbastanza presto i tornanti cessano: si procede ora in piano tra faggi e larici. Qualche piccola salita, poi un tratto in leggera discesa, prima che il sentiero riprenda a prendere quota, inoltrandosi sempre più nel vallone del Gravio che rumoreggia più basso. Si passa attraverso le case abbandonate di una prima frazione, poi in mezzo a quelle del Passet dove ci si raccorda al percorso della GTA — la Grande Traversata delle Alpi — e al Sentiero dei Franchi. Si è ormai tra i larici, interrotti da tratti di pascolo, quando un'ultima breve salita nel bosco porta ai 1400 metri del Rifugio. Volendo la gita è finita: un piatto di polenta concia o di carne cotta sulla Iosa o i gelati e la panna cotta che offrono i gestori costituiscono altrettante ottime ragioni per non andare oltre. In attesa del pranzo un breve giro consente di ammirare le incisioni cruciformi e le coppelle preistoriche di un masso non lontano. Ma si può anche proseguire verso l'Alpe Musticone — a un'ora di cammino dal Rifugio — salire al Pian delle Cavalle o al Colle del Vento che si raggiungono rispettivemente in due ore e mezza e in tre ore. Via via che ci si innalza, tenendosi sempre alla sinistra orografica del torrente, il panorama cambia: i larici fanno posto ai pascoli sassosi che precedono l'alpe e più avanti agli ontani che coprono la conoide. che porta al laghetto di quota 1995. Al fondo del suo piano il bivio dei sentieri del Colle del Vento e del Pian delle Cavalle è segnalato. L'ambiente è di nuovo cambiato: qualche nevaio ci ricorda le nevicate primaverili e sotto le pareti del Rocciavrè e della Cristalliera, tra i grandi ammassi di pietre della Cassa Frera si respira aria di montagna già alta. Dal Colle del Vento, che per alcuni è quello da cui passò Carlo Magno per aggirare la Chiusa, il panorama si apre invece sui larghi pascoli dell'alta Val Sangone. La lista delle mete possibili è molto lunga e buoni consigli si possono chiedere direttamente al gestore del rifugio, Luciano Pezzica, che è anche guida alpina. Una fra tutte merita però di essere segnalata: in discesa anziché dal cammino di andata, si può prendere il sentiero che oltre i! torrente porta alla Certosa di Monte Benedetto. Costruita agli inizi del xm secolo, venne abbandonata a favore della certosa di Banda, meno appartata e in quota, verso la metà del '400. Divenuta di proprietà privata e trasformata in alpeggio, è rimasta singolarmente integra nelle sue parti fondamentali e sono anzi in corso lavori di restauro della chiesa, finanziati dalla Regione Piemonte. Dal complesso delle sue costruzioni, adagiate in una conca amena, emana un fascino raro che ne consigliano assolutamente la vista. Per tornare all'Adret bisogna ora prestare un po' di attenzione: dalla casa più alta della vicina borgata Grange, un cartello e dei bolli di vernice gialla conducono alla cima del dosso che si valica scendendo nel vallone del Gravio: per un sentierino nel bosco; passato un ponticello costruito dai guardaparco, si risale infine, accanto a un piccolo canale parzialmente scavato nella roccia, fino all'Adret. Daniele Jalla Sopra ein buso due hìim^ìni del Monte Benedetto (foto Gabriele Marlotti)

Luoghi citati: Borgone, Bussoleno, Pian Delle Cavalle, Piemonte