Così Gilda sfidò la scuola di Clemente Granata
Così Gilda sfidò la scuola Origini e lotte dei Cobas nella cronaca di Emanuele Lombardi Così Gilda sfidò la scuola IL loro primo nome fu Ucobas, Unione dei comitati di base della scuola, laddove la «u» voleva in qualche modo stabilire un legame, se non una vera e propria continuità, con i Cub delle fabbriche degli Anni Settanta, nuclei dello spontaneismo operaio con qualche velleità rivoluzionaria. Ma poi si parlò in modo più immediato di Cobas (con una connotazione un po' minacciosa). E la Falcucci, ministro della Pubblica Istruzione nel giugno di fuoco del 1987, tra blocchi degli scrutini e possibili scioperi generali della scuola, annotava sulla sua agenda, cosi almeno si dice, le manifestazioni dei neonatf gruppi protestatari con l'appellativo «Cobras». Loro, 1 Cobas-Cobras, gli insegnanti che volevano le 400 e passa mila lire mensili di aumento per tutti, che sottolineavano l'avvenuto superamento dei concetti tradizionali di professione e di professionalità nell'era del computer, rispondevano sbeffeggiando In coro, sulle orme di Rigoletto, durante i cortei che facevano impazzire Roma: «La donna è immobile sulla poltrona le ci bastona e ci bastona*. Dati gustosi, che troviamo nel libro Cobas, una spina nel fianco, scritto da Emanuele Lombardi, giornalista dell'Ansa, esperto di problemi scolastici. E con gli aneddoti si potrebbe continuare: il volume ne propone ad ogni passo. Perché per esempio ad un certo punto spuntò il nome di Gilda, riferito agli stessi Cobas?. Si disse: «£' chiaro, di mezzo c'è la Ghilda, corporazione di medioevale memoria*. Ma è una spiegazione arzigogolata. Sta di fatto che uno dei leader del Movimento, Antonio Ceccotti, ex Potere Operaio, pensò alla madre, Gilda appunto, e gli parve una bella trovata applicare questo nome a un gruppo di lavoratori in lotta. Ma Lombardi, è chiaro, va oltre, anche se l'aneddoto è sempre illuminante, anche se la cronaca affascina (che belle le pagine sulla notte convulsa del 2 giugno '88 quando a Palazzo Vidoni tra strepiti e improvvisi silenzi, tra esplosioni di entusiasmi e di rabbie, si firmò l'accordo sulla scuola nonostante l'opposizione dei Cobas). Lombardi va oltre perché tenta di decifrare le origini, talora ambigue, di un movimento di protesta esploso all'improvviso, ma dalla lunga incubazione (il luogo: uno scantinato romano di via Balilla) e destinato ad estendersi ad altri settori. La domanda ora è quale futuro avranno i Cobas, capaci di raccogliere nei momenti di tensione, il consenso di almeno 200 mila professori. Risposta difficile, dice Lombardi, n movimento è magmatico. Oscilla tra il desiderio di rimanere tale per interpretare in modo immediato i bisogni dei soggetti che operano nel terziario e quello di imboccare la strada che porta a diventare istituzione. Risposta difficile perché non sempre si riescono a conciliare le esigenze della professionalità con quelle conclamate dell'egualitarismo e il proposito di «coniugare la democrazia diretta con il computer» non sai se è più ingenuo o presuntuoso. Ma c'è anche di mezzo la questione dei rapporti con i sindacati e con la classe politica, gli uni e l'altra alle prese con il problema mai risolto di un autentico rinnovamento. E l'immobilismo è il sintomo di un male profondo nel quale, forse, affondano le radici movimenti come quelli che hanno scosso (e minacciano ancora di scuotere) la scuola e l'intera società civile. Clemente Granata Emanuele Lombardi, «Cobas. Una spina nel fianco», prefazione di Franco Ferrarotti, Sovera Multimedia, 207 pagine, 22.000 lire.
Persone citate: Antonio Ceccotti, Emanuele Lombardi, Falcucci, Franco Ferrarotti, Lombardi
Luoghi citati: Roma
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