Antiche Grandi Madri nel nostro inconscio di Tilde Giani GallinoCarlo Carena

Antiche Grandi Madri nel nostro inconscio Lin dibattito tra antropologi, storici delle religioni e psicoanalisti coordinato da Tilde Giani Gallino Antiche Grandi Madri nel nostro inconscio UN convegno tenuto a Torino lo scorso anno, di cui ora Feltrinelli pubblica gli Atti curati con molta competenza e convinzione da Tilde Giani Gallino, affrontava con angolature diverse e dimensioni spazio-temporali sconfinate la figura antropologica, mitica ed enigmatica della Grande Madre, posta al vertice e all'origine di antichissime religioni, senza far perdere le proprie tracce nelle successive e passando dalla fède del primitivo alla psiche dell'uomo anche più evoluto. Alla Grande Madre, dea universale della fecondità e dell'agricoltura, dea dunque eminentemente femminile, mistero della terra e della natura, della nascita e della morte, si richiamano testi mesopotamici e misteri greci, mitologie e drammaturgie, trame culturali, mitologiche e letterarie del Vicino Oriente e dell'Egeo. Esse sopravvivono al successivo sovrapporsi, ad una cultura ginecratica se non proprio matriarcale, di una cultura maschile con l'avvento dell'età dei metalli e delle città, dunque della guerra e dell'organizzazione prima urbana poi statale. Ma la Grande Madre, la Potnia o Signora, rimane nel leggendario classico, nel folclore a nella devozione cristiana, simbolo dell'industriosità sapiente o della maternità piztosa, radicata nell'animo o affondata nell'inconscio. Perciò intorno al tema si danno convegno nel libro orientalisti come Mario Bussagli, etnologi come Ernesta Cerulli, antropologi come Vittorio Dini, una classicista come Eva Cantarella, uno studioso di gnosticismo come Gioanni Filoramo, Magda Kerényi e lo psicanalista Umberto Galimberti. Far risalire proprio tutto ciò che il libro contiene all'archetipo della Grande Madre sarebbe forse eccessivo, e gli autori ne sono essi stessi consapevoli e sovente confessi. Tuttavia proprio la vastità degli assaggi o degli assunti crea una rete seducente di collegamenti e di propo¬ ste, oltreché di fatti. Uno dei nuclei più compatti anche metodologicamente è quello dedicato al culto mariano ed alcuni suoi aspetti o circostanze particolari; con molto rispetto e rigore ne sono messi in evidenza rapporti duraturi con la figura e il culto primitivi della Grande Madre. Studiosi di religioni, di Medioevo e di Cristianesimo moderno come Tullio Seppilli, Franco Cardini e Attilio Agnoletto, presentando sedi di culto della Madonna nel Lazio, in To- ■ scana e in area lombarda, sottolineano gli aspetti arborei, tellurici ed acquorei che radicano profondamente, nella più conturbante terrestrità, in scenari anche fisicamente suggestivi e misteriosi, l'immagine, l'apparizione, la devozione mariana. Vi si trasferisce e trionfa la divinità delle fonti e delle grotte, l'assoluto femminile come perfezione casta e insieme feconda, la subordinazione del paredro, pur divinissimo, alla dea. Il rovescio sarà la miracolosità dannata e assai più oscura della strega e dei suoi prodigi notturni nel dramma, ora, del sabba. Questo non è che uno degli spunti e dei percorsi possibili di Le Grandi Madri, caratterizzato da una traversalità continua di temi, figure, fonti, deduzioni. Una delle caratteristiche più interessanti della figura al centro delle ricerche, che ne fece la suggestione antica e quella recente su studiosi della religione, della letteratura e della psicologia, da Morgan a Bachofen a Pestalozza a Untersteiner, per non parlare di Jung e altri, è la ricchezza dei suoi contrasti, le lacerazioni che testimoniano le contraddizioni del mondo primitivo e di quello psichico. Anche solo nei forzati accenni di questo volume, a tratti o nell'insieme, il lettore si scopre immerso, né solo mentre legge, in campi di forze che solo oscuramente percepisce. Ben ci sta lo psicologo accanto allo storico. Carlo Carena «Le Grandi Madri», a cura di T. Giani Gallino, Feltrinelli, 262 pagine, 30.000 lire.

Luoghi citati: Lazio, Torino, Vicino Oriente