Stefano D'Arrigo: la mia Orca ora va a teatro di Mirella Serri

Stefano D'Arrigo: la mia Orca ora va a teatro Stefano D'Arrigo: la mia Orca ora va a teatro ROMA — Ci sono voluti due anni per convincerlo. E alla fine ha accettato: Stefano D'Arrigo, scrittore che vive da tempo in una quasi totale solitudine, in un rapporto esclusivo con il suo lavoro, è uscito dalla condizione di volontaria segregazione e si è messo a scrivere per il teatro. E "Horcynus Orca», che pubblicato nel 1975 da Mondadori è il prodotto di ben quindici anni di lavoro, diventa spettacolo teatrale, n romanzo, ricchissimo per ineguagliabile proliferazione di immagini e di linguaggio, è l'epica storia di un moderno Ulisse che rientra a casa alla fine della guerra e trova la totale distruzione della sua civiltà e della sua cultura. D'Arrigo ha messo un grande impegno alla riduzione per le scene: ha preso una matita rossa e blu e ha coperto di fitti segni le oltre milleduecento pagine del suo libro. Ha scelto le parti che andavano mantenute, cancellando le altre. Molto lentamente, sotto la mano dello scrittore — coadiuvato e sostenuto in questa difficile avventura dell'amico Biagio Belfiore — dopo che è stata eliminata una miriade di personaggi e di episodi collaterali, il libro si è trasformato in quarantanove «scene» di un copione teatrale. Attentissimo alle cadenze musicali, al ritmo, e tanto alle singole parole che al complesso della frase, D'Arrigo ha sceneggiato le le vicende di Ndria Cambria, marinaio siciliano molto simile ad un eroe greco, quelle di Ciccina Circe, maga sensuale e avventuriera, simbolo di morte e di amore, gli scontri con la «fera» nei bui scenari delle coste tra Scilla e Cariddi. E, con la regia di Roberto Guicciardini, l'interpretazione degli attori Aldo Reggiani, Paola Pitagora, Renzo Giovampietro, Regina Bianchi, l'Hor- cynus sarà rappresentato a Taormina il 19 luglio, prima tappa di una lunga tournée per l'Italia. «Afz sgomentava l'idea di trasformare il mio libro per il teatro. Appena mi è stato offerto questo tipo di intervento ho subito rifiutato. Ma poi, un giorno, all'improvviso, quando ero convinto che non avrei proprio voluto più farne niente, ho trovato una soluzione che mi è piaciuta: lasciare solo la traccia essenziale della vicenda del protagonista e del suo drammatico viaggio, dell'emblematico percorso di Ndria Cambria verso la morte", dice D'Arrigo. Siamo nell'abitazione romana dello scrittore siciliano, quasi settantenne, in una silenziosa e alberata strada del quartiere di Montesacro dove D'Arrigo ha scelto di vivere in un volontario «ritiro» dal mondo, con l'unica compagnia della moglie Jutta. La sua casa è come un'inattaccabile fortezza: D'Arrigo non risponde mai al telefono, esce pochissimo, vede solo alcuni amici cari, come Walter Pedullà, Geno Pampaloni e pochi altri, come, prima della morte. Renato Guttuso. D'Arrigo si alza alle quattro del mattino e per tutta la giornata, salvo brevi intervalli, e alcune passeggiate nel quartiere, è alla scrivania e ricopre pagine e pagine di stesure varie di racconti e romanzi, di appunti fitti della sua incomprensibile scrittura. Tutto un materiale che lo scrittore, giudice impietoso di se stesso, autocritico e severo nei confronti della propria opera, è capace di eliminare, insoddisfatto del risultato, anche se questo è il prodotto di giorni e giorni di lavoro. •Sarebbe stato assurdo mettere in scena il romanzo nella sua totalità", dice D'Arrigo, seduto al tavolo della camera da pranzo sulle cui pareti si nota un disegno che rimanda alle amicizie di tempi lontani: firmato Guttuso, con gli auguri per l'anno 1950. "Tagliare il testo per me non è stato facile: ma sono contento che Horcynus arrivi al teatro e che trovi cosi degli interpreti che mi sembrano molto adeguati", continua il narratore siciliano. -Cosa mi è piaciuto di più? L'attenzione che ho dedicato al personaggio di Ciccina Circe. E se poi quando ho iniziato anni fa a scrivere avessi saputo che lo interpretava Paola Pitagora lo avrei elaborato ulteriormente: Le pagine di Horcynus traboccano di termini inventati, di metafore. Come si è regolato nel testo teatrale? "Ne ho eliminata gran parte e ho anche tolto una sovrabbondanza di immagini metaforiche. Io credo che nel mio romanzo la lingua è sempre viva, parlata: non è mai una lingua troppo letteraria, asfittica. Lo stesso avviene per il teatro". Il fatto di tagliare la storia, di sottrarre e incidere con il bisturi sulle vicende dei protagonisti, è stata per lei un'operazione dolorosa? "Assolutamente no. Ho cercato di fare tutto il possibile per non disorieìitare lo spettatore. Ho trasformato in gesto, in comportamento teatrale quello che risultava ridondante, eccessivo, se detto con le parole. In questi giorni con il regista discutiamo delle musiche per lo spettacolo e io sono molto esigente. Nessuna concessione ad un gusto troppo corrente e al folklore. E' un modo per difendere il testo. Anche perché il mio è un romanzo che è stato veramente perseguitato-. In che senso? Non ha avuto anche recensioni entusiaste? "Certamente, ma non è stato capito. Anzi direi che è stato messo al bando e io mi sono potuto difendere ben poco: E D'Arrigo ricorda che solo in pochi — tra cui Walter Pedullà, che ha scritto ripetutamente di cordone sanitario fatto intomo ad un'opera di cui è impossibile non riconoscere la grandezza — hanno veramente saputo cogliere il senso di "Horcynus Orca- e la sua dimensione di moderna apocalisse. Una dimensione che lei pensa verrà mantenuta nella riduzione teatrale? "Credo proprio di sì. Mentre viene accentuato il carattere di vicenda contemporanea, l'altro aspetto cui sto pensando proprio in questi giorni è a come rendere il senso di morie che percorre l'intero libro". E adesso, cosa sta scrivendo? •Alterno un romanzo che ha per protagonista uno scrittore affetto da una grave malattia le mentre ci lavoro mi sento prigioniero di uno stato di grande malinconia) e una raccolta di racconti in cui si parla di mafia: Lei si è sempre tenuto lontano da ogni forma di pubblicità: non è mai stato in televisione, concede poche interviste, la sua firma non appare come quella di molti scrittori su nessun giornale. Qualcuno per lei ha parlato di orgogliosa solitudine. Come mai questa scelta di vita? •Non è affatto una forma di disprezzo verso gli altri, bensì una necessità profonda: la mia solitudine è per me come un sostanziale nutrimento-. Mirella Serri

Luoghi citati: Italia, Taormina