Ad Asti Teatro si recita il dubbio

Ad Asti Teatro si recita il dubbio Mercoledì 28 apre PUa rassegna di prosa e musica contemporanea Ad Asti Teatro si recita il dubbio I testi propongono la crisi degli intellettuali, degli attori e della famiglia - Nessuna novità italiana Asti Teatro riceve quest'anno da parte del ministero Turismo-Spettacolo l'investitura a Festival d'interesse nazionale e ostenta un gemellaggio non solo burocratico con Avignone. Non mancano le polemiche tra le forze politiche locali, forse bisognerà pregare 1 numi del teatro perché non piova troppo. Tuttavia al di là delle sicurezze e delle incertezze stesse, Asti Teatro 11 conferma la sua primitiva e migliore vocazione. Da mercoledì 28 sfileranno sui suoi palcoscenici sotto le stelle le voci della drammaturgia contemporanea; Europa e America, Francia e Inghilterra ma non l'Italia, Broadway e il Cile per dire una strana accoppiata. Il discorso sulla prosa viene accennato e quasi scagliato contro il pubblico da Thomas Bernhard in Alla meta. Bernhard, una delle voci autentiche della cultura tedesca in questo scorcio di secolo, non cade assolutamente mai nel conformismo. Battuta per battuta si coglie la sua voglia di fare male, e magari una rissosa intenzione di non negarsi al sacrificio. Sono dolorosamente buffe per esempio le considerazioni che Bernhard fa sul mestiere («fi nostro scrittore di teatro credo I che abbia avuto più fortuna che giudizio» e anche 'Sul palcoscenico la prima parola che si dice I è anche la propria morte' e ancora "fi pensiero di fallire le un pensiero essenziale"). Il perbenismo d'un commediografo di successo anima dunque la parte finale della commedia, che trascina versi ora stanchi ora scintillanti in una sorta di vociante ammissione di mutismo. Ma il personaggio principale è una spettatrice anziana, che ne subisce vagamente il fascino ma senza debolezza alcuna. Non ci tiene a fare parte della numerosa schiera di coloro che condividono anche le cose più insensate (".'..dhti'altò del palcoscenico li si schiaffeggia ie lozQMBaiauianO'i. | Ha invitato il personaggio nella loro casa al mare per dare un'opportunità alla figlia. In realtà alla figlia non ha mai concesso né libertà né tenerezza (•>/ bambini sono comunque una disgrazia»). A questa disgraziata infligge un'affascinante verità: 'Tu sei la mia bambina pura I e io sono la tua mamma impura» e tutto finisce lì. Piuttosto una simile aggressività sembrerebbe destinata a scontrarsi con la personalità in qualche modo megalomane d'un autore affermato. Qui la commedia — che sarà interpretata da Valeria Monconi con la regìa di Piero Maccarinelli — ha una levata d'ingegno. Nella sostanza l'artista è più banale della mamma esorbitante e della figlia succuba. Ammette di limitarsi a mettere addosso alla realtà la propria giacca e se a un certo punto fa un'onesta confessione ("Noi facciamo il tentativo I di cambiare la società»), due passi più avanti ribadirà: «£' già tutto morto prima ancora che si levi il sipario». La signora stringe i tempi. Allora il suo scomparso ma¬ rito, un industrialotto noioso, era a sua volta eroico perché una volta lo sorprese a immaginarsi di fare saltare in aria il palazzo reale, come nel finale di Zabrìskie Point quando Antonioni manda in pezzi la casa simbolo della reazione... Allora una vera attività creativa sarà l'allargare buchi nelle tende senza rammendarli... Allora per ultimo l'uomo disfatto si accingerà a fermarsi al mare con le sue ospiti-carceriere per ben più dei due giorni previsti. I pregi di Hurliburly dell'americano David Rabe (uno spaccato di vita d'attori ai margini di Hollywood, una colossale e mutile indigestione di droga e sesso) consistono nel sarcasmo che alita miracolosamente sopra le mille e mille parole volteggianti tra i sette personaggi. E' mutile pertanto che 1 blabla e gli eccetera vengano considerati, in una nota, quali parti integranti del discorso. Va ovviamente da sé in una tale condizione d'incomunicabilità, che porta Phil a divorziare nel momento che gli nascerà un figlio e per di più a morire in auto senza vederlo. Rimane la curiosità per la marnerà di ammonticchiare tanta miseria morale e tanta aggressività verbale (regia Marco Mattolinl, con Uno Capolicchio e Ricky Tognazzi). Del resto a Broadway nell'84 il regista fu Mike Nichols che in Conoscenza carnale domò tempeste di parole altrimenti pericolose e che per la tournée contava su almeno tre fuoriclasse in compagnia: William Hurt, Harvey Keitel e Christopher Walken, più la folgorante enigmatica presenza di Si- goumey Weaver. Attenzione però, le parole sono come assegni a vuoto. Lo sostiene in Ardente pazienza di Antonio Skarmeta, la mamma d'una ragazza troppo bella che rischia di essere infinocchiata dal corteggiatori. Nella commedia: di questo misconosciuto docente cileno tradotta da Rosalia Polizzi e intepretata da Raf Vallone si passa attraverso un momento immaginario (o vero, che importa?) della vita di Pablo Neruda quando passò un anno a Isola Nera, dove il mare 'Sembra che stia impastando un pane infinito: Le scenette di per sé non sarebbero male perché gale e ironiche, con una bonaria indulgenza per 11 poeta impiccione. Rischiano di stonare 1 maldestri riferimenti alla dolente storia politica del Cile, con il golpe del generale e la morte del presidente, con l'immancabile coro «El pueblo unido I llamàs sera vencido». Infine il Gruppo della Rocca, nelle persone di Bob Marchese e Fiorenza Brogl con la regìa di Dino Desiata per Tir & Lir, che ni presentato d'inverno in forma sperimentale. Marie Redonnet ha conquistato l'anno scorso il Festival di Avignone con la solitudine apparentemente beckettiana di due vecchi coniugi che mandano e ricevono lettere di fantasia ai figli lontani. Ma si ride pure perché secondo la Redonnet marcire è meglio che morire, scherzare meglio che crepare. Piero Perona Valeria Monconi inaugura mercoledì Asti Teatro con la pièce «Alla meta» di Thomas Bernhard