Filosofo dell'Italia civile

Filosofo dell'Italia civile UN SAGGIO SUL PENSIERO DI BOBBIO: POLITICA E CULTURA Filosofo dell'Italia civile Enrico Lanfranchi è autore del volume Un filosofo militante, politica e cultura nel pensiero di Norberto Bobbio (ed. Bollati-Boringhieri).dapochi giorni in libreria. Gli abbiamo chiesto questo intervento. Scrivere un saggio dedicato a un intellettuale vivente può forse risultare un'operazione rischiosa: tuttavia, se si considera l'importanza delle tematiche che hanno sin dalla seconda metà degli Anni 30 caratterizzato la riflessione filosoficopolitica di questo autore e si valuta con oggettività il ruolo da lui svolto nel dibattito politico-culturale, appare allora utile già oggi cercare di offrire un contributo per una riflessione critica sulla sua opera. Ho esaminato il pensiero del filosofo torinese considerando soprattutto i tratti esemplari di un modo, per molti aspetti inedito, di risolvere i difficili rapporti fra sfera culturale e politica. La ricerca di carattere più schiettamente accademico si accompagna in Bobbio alla volontà di affrontare con strumenti critici sempre più adeguati, nei diversi contesti storici in cui si è trovato a operare, il rapporto fra politica e cultura, e di proporre quindi un nuovo modello d'intellettuale che si opponga sia alla politicizzazione della cultura, ovvero all'asservimento della ragione agli interessi politici contingenti, sia al rifiuto da parte dell'intellettuale di occuparsi della politica, secondo la tipologia dell'«intellettuale puro». La sua figura e la sua opera — dagli anni del fascismo alla più recente storia repubblicana — appaiono oggi espressione di quella stessa Italia civile alla quale Bobbio costantemente si è richiamato; mi è sembrato opportuno riferirmi a esse per tentare una prima ricostruzione storica anche delle vicende che hanno accompagnato la formazione di un gruppo di intellettuali e di una tradizione ancor oggi in gran parte non studiate. Ho creduto di poter individuare questo filone di pensiero, che dalla Torino gobettiana giunge sino ai nostri giorni, nel «gobettismo» inteso non solo come tradizione che eredita l'esperienza di Piero Gobetti e, in diversa misura, di Antonio Gramsci (poiché l'esigenza prioritaria è stata proprio quella di aprirsi a stimoli culturali europei, non certo di limitarsi agli «angusti» orizzonti italiani), ma come atteggiamento di quei giovani che al Caffé Rattazzi, sotto la guida di Augusto Monti, giunsero all'antifascismo militante: Massimo Mila, Leone Ginzburg, Franto Antonicelli, Cesare Pavese, e altri. L'opera di Bobbio sorge proprio in questo contesto storico e si caratterizza per il dialogo con la tradizione di pensiero liberale e quella socialista alla luce delle più recenti esperienze filosofiche europee, dalla fenomenologia all'esistenzialismo, al neoidealismo. Essa, attraverso una costante attenzione alle -dure repliche della storia- (dal fallimento del partito d'azione alla gravissima crisi subita dalle istituzioni democratiche durante gli anni del terrorismo), si è trasformata da illuministica convinzione della necessità del ruolo propositivo degli uomini di cultura in un atteggiamento che accompagna il 'pessimisrìio della ragione- air-ottimismo della volontà-. Nonostante le vicende della storia italiana abbiano spesso smentito le -alcinesche seduzioni- di giustizia e libertà di cui questo gruppo di gobettiani si erano resi assertori, Bobbio ha risposto ai numerosi scacchi subiti attraverso gradi successivi di rielaborazione della propria concezione democratica e del suo ruolo d'intellettuale. Sono queste le premesse teoriche di un atteggiamento critico che permette ancor oggi all'autore di esercitare un ruolo atipico nel dibattito ideologico: il suo discorso sulla democrazia, sui diritti dell'uomo e sulla pace non potrebbe certamente avere così larga risonanza se non si fondasse innanzitutto sulla convinzione della necessità del dialogo come strumento essenziale del progresso civile e se non rifiutasse le schematizzazioni o strumentalirzazioni che questi temi spesso subiscono in ambito politico. Bobbio dialoga con le esperienze politiche e culturali più diverse: attraverso lo studio della sua opera è possibile ripercorrere cinquant'anni di vita italiana alla ricerca di concrete proposte che possano contribuire ancor oggi ad arricchire la discussione al di là di sterili contrapposizioni. Sin dal 1934 le opere pubblicate dimostrano come gradualmente Bobbio venga convincendosi della necessità della 'politicità della cultura' centro la 'filosofia dei relori'-, si tratta di un impe¬ gno che vuole discostarsi tuttavia dal modello dell'intellettuale organico di tradizione marxista (affermatosi poi particolarmente negli Anni 50 ) per fondarsi su una concezione dell'uomo inteso come persona, della quale si esalta a un tempo l'essere -autonoma- e -aperta agli altri-. L'esigenza dell'impegno rimane ferma anche dopo la seconda guerra mondiale, nonostante siano mutatf le condizioni storiche e in parte gli stessi fondamenti della riflessione di Bobbio, nonostante le speranze suscitate dalla partecipazione al partito d'azione siano presto disilluse dal clima di guerra fredda, in cui ancora una volta le ideologie dominano il dibattito, impedendo che la discussione razionale sostituisca la contrapposizione dogmatica. E' in particolare con la pubblicazione di Politica e cultura nel 1955 che Bobbio assume un ruolo atipico di intellettuale disposto al confronto con la cultura marxista e quella borghese riuscendo a richiamare l'attenzione e costringere al dialogo i più importanti esponenti del marxismo italiano dell'epoca, fra cui Galvano Della Volpe e lo stesso Togliatti. Egli viene allora elaborando una concezione della forma di governo democratica che poi, a vent'anni di distanza, sintetizzerà nelle -regole del gioco- durante la discussione su Quale socialismo?: interrogherà allora una nuova generazione di intellettuali di sinistra sul significato di socialismo, chiedendosi quali siano i termini concreti attraverso cui giungere ad un superamento dei paradossi nei quali le democrazie occidentali paiono essere incorse. Con quell'intento maieutico che ancora lo contraddistingue, Bobbio invita gli uomini di cultura ad abbandonare le sottili disquisizioni sui fini ultimi, per affrontare il più concreto dibattito sui mezzi istituzionali poiché "occorre fornire gli strumenti necessari per attuare i principi', poiché "l'evasione nel regno di utopia è un tradimento". Mi pare che si debba esaminare soprattutto alla luce della vocazione al dialogo la concezione democratica di un intellettuale che, attraverso molteplici illusioni e fallimenti, ha seguito lo svolgersi della storia della nazione in più di mezzo secolo di attività. Enrico Lanfranchi

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