«Ustica, i servizi segreti sanno tutto» di Ruggero Conteduca
«Ustica, i servizi segreti sanno tutto» Formica alla commissione stragi per la tragedia del Dc9: se si perde tempo è più facile cancellare le prove «Ustica, i servizi segreti sanno tutto» E fin dall'80 si parlava di un missile ROMA. Fin dall'80, prima in Senato e poi alla Camera, parlò dell'ipotesi del missile. Ma all'epoca politici e opinione pubblica avevano così frettolosamente abbracciato la tesi del cedimento strutturale, che fu impossibile convincerli del contrario. E quando «si perde tempo, si hanno maggiori possibilità per sopprimere prove e uomini». Rino Formica, ministro dei Trasporti all'epoca del disastro di Ustica, non ha peli sulla lingua e alla commissione stragi racconta avvenimenti e impressioni. «Sono trascorsi nove anni dall'abbattimento del Dc9 dell'Itavia — dice — e in tanto tempo si è avuto modo di cancellare prove o di costruirne altre e parecchi uomini sono scomparsi». «Per carità — aggiunge però subito dopo la sua audizione — non attribuitemi cose che non penso. I testimoni che non ci sono più li ha portati via il tempo, non altri». Formica è il primo politico a comparire dinanzi alla commissione stragi, presieduta dal repubblicano Libero Gualtieri, che con la testimonianza dell'attuale ministro del Lavoro socialista dà praticamente inizio all'«istruttoria» sull'incidente di Ustica affidatole dal Parlamento. L'audizione dura tre ore circa. Giovedì prossimo toccherà all'allora ministro della Difesa, Lelio Lagorio, socialista come Formica, assente ieri perché all'estero. Formica parte da lontano, dalla prima ipotesi di missile suggeritagli dal generale (morto qualche anno fa) Rana, nel 1980 responsabile del Rai (registro aeronautico), e via via spara a zero contro i servizi segreti e la P2 che all'epoca controllava gli 007 del generale Santovito, contro le affrettate conclusioni di alcuni politici — fra i quali lo stesso presidente Gualtieri — che avevano presentato una mozione in Parlamento per far passare la tesi del cedimento strutturale, contro i responsabili dei ritardi nel recupero del relitto e nell'accertamento quindi della verità, contro la commissione nominata da De Mita, che rimette in discussione l'ipotesi del missile. «Sicuramente — osserva — vi è qualcosa che non gira in questa vicenda. Se una commissione della presidenza del Consiglio ha concluso come ha concluso, è chiaro che qualcosa non funziona». Come non ha funzionato nove anni fa, all'indomani dell'incidente. «Sia il generale Rana, per le sue conoscenze, sia il ministro Lagorio, al quale riferii della tesi del missile, devono aver allertato all'epoca i servizi segreti. Ma da quella parte non arrivò nessun aiuto, anzi... Quella della P2 fu una brutta pagina della nostra democrazia. Una bonifica dei servizi, successivamente, è avvenuta, ed è stato il mondo politico a volerla». Per Formica, insomma, non vi sarebbero responsabilità politiche ma solo sospetti su alcuni organi dello Stato. «Non ci saranno commissioni tecniche al mondo — ha ammonito — che potranno spiegarci oggi chi ha azionato il missile o ha messo la bomba. Lo possono solo i servizi, che non sono stati capaci però di darci spiegazioni, o non le hanno volute dare, oppure, all'epoca, hanno depistato». Per quanto riguarda il suo operato, si sente tranquillo. Sin dal dicembre 1980, sulla base di una pre-relazione richiesta ed ottenuta dalla commissione Luzzatti, riferì in Parlamento dell'ipotesi del missile. Copia del documento lo inviò anche a) presidente del Consiglio dell'epoca, Francesco Cossiga, e ai presidenti delle due Camere. Tuttavia della questione, precisa, non si parlò mai in Consiglio dei ministri perché in quel momento non vi erano certezze. Si sapeva già però che il Dc9 non era caduto per un cedimento strutturale, né per una collisione in volo. All'indomani dell'incidente. Formica aveva convocato il generale Rana per chiedergli se la scheda dei controlli sul velivolo dell'Itavia era in regola oppure no. Da tempo la compagnia privata era chiacchierata. In non floride condizioni economiche, si diceva che risparmiasse sulla manutenzione. Rana smentì queste voci e sottoponendo al ministro un tracciato radar (quello di Ciampino) in cui si rilevava la traccia di un altro velivolo più piccolo oltre al Dc9, gli disse per la prima volta che l'ipotesi di un missile non era da escludersi. «Probabilmente — conclude Formica — negli anni passati si doveva fare di più sia sul piano del recupero del relitto (ripescato a 3500 metri di profondità solo dopo sette anni), sia su quello di una più penetrante indagine riguardante gli agenti esterni». «Allora — interviene il comunista Francesco Macis — il cassetto in cui è contenuta la verità non è il suo». «Certamente. Anche perché io cerco di svuotare in questa storia quello degli altri». Ruggero Conteduca Il relitto del Dc9. Il cono di coda del jet precipitato nel giugno '80
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