Mestre ama sempre meno Venezia di Giuliano Marchesini

Mestre ama sempre meno Venezia Non ci sarà la separazione dalla città lagunare: nel referendum vince di misura il «no» Mestre ama sempre meno Venezia In dieci armigli autonomisti sono saliti dal27 al42% VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Venezia e Mestre hanno detto che è meglio restare insieme. Il referendum per la separazione amministrativa tra le due città ha dato ancora una volta un responso a favore dello schieramento contrario al «divorzio»: 116.277 «no», corrispondenti a una percentuale del 57,79, e 84.919 «sì» (42,20 in percentuale). Veneziani e mestrini tornano alle loro occupazioni accantonando le baruffe, almeno per ora. C'è stata comunque una variazione piuttosto sensibile rispetto al referendum che si tenne dieci anni fa, per gli stessi motivi: nel giugno del 1979 il fronte che si opponeva alla separazione raggiunse il 72,3 per cento, che ovviamente indusse ad un certo trionfalismo. Adesso il risultato mostra che qualcosa è cambiato nella vita di Venezia e di Mestre, che qualche malumore s'è fatto più acuto e qualche insoddisfazione è cresciuta, soprattutto in una terraferma in cui sono in parecchi a sentire il peso di un'emarginazione. Ma non al punto tale da dichiarare che il legame con la «Serenissima» dovesse essere troncato: sarebbe stato traumatico, ha risposto in sostanza la maggioranza di veneziani e mestrini. Una differenza, rispetto a dieci anni fa, si registra anche nell'affluenza alle urne: nel 1979 fu del 79,34 per cento, in questa occasione è scesa al 74,14 per cento. Dunque, c'è anche una fascia di indifferen¬ za nei confronti degli annosi conflitti tra la dorata città lagunare e la sua «appendice» di terraferma. Diversi, come era nelle previsioni, i comportamenti secondo le zone in cui si è accesa questa «battaglia veneziana»: nel centro storico il «no» ha avuto il 69,06% dei voti, il «sì» il 30,93; nelle isole 50,87% per il «no» e 49,12 per il «sì», in terraferma 54,92% per il «no» e 45,07 per il «sì». Dopo i dati, i commenti su questa consultazione referen¬ daria che ha rischiato di lacerare Venezia. Mario D'Elia, presidente del comitato per la separazione, è tutt'altro che affranto: «Per noi — dice — questa è comunque una vittoria, se si pensa che siamo passati dal 27,7% del '79 al 42,20. In teoria, avremmo dovuto contare sull'8% dell'elettorato, perché erano soltanto tre i partiti che si erano ufficialmente schierati dalla nostra parte. Insomma, avremmo dovuto essere distrutti. Invece no. Quindi, adesso per noi è un dovere morale dar voce a quella che è un'esigenza popolare». Ma ecco la risposta dal fronte del «no». Viene da Cesare De Piccoli, vicesindaco, comunista: «Un risultato positivo se si tiene conto che il comitato per la separazione aveva impostato la sua campagna sul malcontento, quasi che Venezia sia l'unico posto dove ci sono i malesseri». De Piccoli rileva che le punte più alte del «no» si sono avute nelle zone popolari di Marghera e della Giudecca. «Tuttavia — ammette — bisogna anche tener conto del fatto che s'è aggiunto un voto di critica». In mezzo alle «ciàcole» del dopo-voto, il sindaco di Venezia, Antonio Casellati, repubblicano, protagonista di un piccolo infortunio nel seggio: ha sbagliato e ha votato «sì», per cui ha dovuto ripetere l'operazione. «Se avesse vinto il sì — dice — avrei dovuto dimettermi». E tira un sospiro di sollievo. Giuliano Marchesini

Persone citate: Antonio Casellati, Cesare De Piccoli, De Piccoli, Diversi, Mario D'elia

Luoghi citati: Venezia