Italia quarta per stabilità
Italia quarto per stabilità Stilata in Usa la graduatoria dei Paesi politicamente più regolari Italia quarto per stabilità In testa il Giappone, chiude il Sudan WASHINGTON DALLA REDAZIONE L'Italia è tra i Paesi politicamente più stabili del mondo: per l'esattezza è il quarto, dopo il Giappone, la Norvegia e la Svizzera, alla pari con la Danimarca e l'Australia e prima della Svezia. Lo afferma il «Population Crisis Committee», un Centro Demografico che svolge ricerche internazionali di carattere socio-economico. Gli Stati Uniti figurano al dodicesimo posto insieme con la Francia e la Spagna. Tra le grandi potenze, l'ultima è l'Inghilterra, ventesima in classifica. I Paesi politicamente più instabili sono, nell'ordine, la Mauritania, l'Etiopia, lo Zaire, il Burundi e il Sudan. Il «Population Crisis Committee» ha compilato la sua insolita graduatoria sulla base di alcuni grandi indici, come i cambiamenti costituzionali o non costituzionali di governo, la difesa o la violazione dei diritti civili, la crescita o il calo degli iscritti ai sindacati, l'integrazione o disintegrazione delle etnie e via di seguito, in modo da fornire un ritratto della stabilità politica effettiva e potenziale dei vari Paesi. Gli Stati Uniti non sono finiti ai primissimi posti a causa delle tensioni razziali e della disoccupazione giovanile, dovute anche al forte tasso d'immigrazione. L'Italia se la è cavata meglio del previsto, ha notato l'ex ambasciatore Marshall Green, uno degli autori del rapporto, «perché i suoi cambiamenti di governo sono stati tutti costituzionali e non hanno causato gravi fratture né gravi disfunzioni nel Paese». Non fosse stato per la frustrazione dei suoi giovani, più istruiti rispetto alla media di molte altre nazioni, ma in parte impossibilitati a soddisfare le loro aspettative, l'Italia sarebbe addirittura finita al secondo o terzo posto. Il nostro Paese «infatti è avanti nei diritti civili» ha detto Green. Secondo il «Population Crisis Committee», i fattori destabilizzanti nei Paesi ai primissimi posti della classifica sono pressoché inesistenti. Gli Stati Uniti invece, e in qualche misura l'Inghilterra — danneggiata dall'irredentismo irlandese — devono guardarsi dai torbidi etnici e razziali. Per i Paesi in fondo alla graduatoria, i motivi di tensione sono invece fortissimi, e i governi non sembrano in grado di diminuirli. Paradossalmente, tra le nazioni dell'Est europeo quella che se la cava peggio è l'Urss, scossa dalla rivolta delle etnie e dall'eredità dello stalinismo. I Paesi comunisti più stabili sembrano essere la Germania dell'Est, l'Ungheria e — finché dura Ceausescu — la Romania.
Persone citate: Ceausescu, Green, Marshall Green
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