La grande guerra Chirac-Giscard di Enrico Singer

La grande guerra Chirac-Giscard FRANCIA Aspro scontro per guidare la destra La grande guerra Chirac-Giscard PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «La traversata del deserto sarà lunga. Dobbiamo preparare bene la carovana e, soprattutto, dobbiamo scegliere le guide giuste». Il Consiglio nazionale neogollista si è- appena concluso e un giovane deputato dell'ala rinnovatrice commenta così l'agitazione che domina questo dopo-elezioni francese. Ed è vero: la traversata del deserto sarà lunga. Il voto per il Parlamento europeo ha chiuso una stagione convulsa e adesso gli elettori — salvo imprevisti — cadranno in un letargo che finirà soltanto nel 1993, per le politiche, e che nel 1995 sarà travolto dal clamore del «grand défi» per la presidenza della Repubblica. L'unica sfida, in fondo, che conta. La vita politica in Francia è fatta così. Grandi battaglie e grandi veglie d'armi. E' anche uno dei segreti della sua tanto decantata stabilità. Ma nelle veglie d'armi, al letargo degli elettori, corrisponde la stagione delle manovre nei partiti, delle lotte tra i leaders, dei tentativi di conquista di un posto di prima fila per il prossimo combattimento. A sinistra i comunisti si avvitano in una crisi che sembra un pozzo senza fondo e i socialisti non riescono a trovare un «delfino» degno per il loro «re» Mitterrand. Ma è a destra che i nervi sono più tesi. Ed era inevitabile. Viste con la lente della «droite», queste ultime elezioni dovevano stabilire una specie di hit-parade tra le tendenze che si sono manifestate negli ultimi mesi: da una parte i paladini dell'unione, dall'altra i centristi alla ricerca di una nuova autonomia, in mezzo i «rinnovatori» di ogni bordo. Il confronto è stato vinto da Giscard d'Estaing, dal difensore più accanito del fronte unito dell'opposizione. Ma quello che è successo nella settimana del dopo-elezioni ha già rimesso tutto in discussione. Forte del suo successo alle urne, Giscard ha tentato di tradurre in progetto politico la formula dell'«Union» ripetuta nei comizi elettorali. L'ex presidente della Repubblica liberale ha proposto un piano in tre fasi per realizzare entro la fine dell'anno una fusione tra la coalizione di forze di centro-destra che dirige (Udf) e il movimento neogollista (Rpr) dell'ex premier e sfidante sfortunato di Mitterrand, Jacques Chirac. La proposta mirava alla nascita di un maxi-partito capace di riconquistare il potere, ma ha avuto l'effetto contrario. E' stata una mina nelle già traballanti fondamenta della «casa comune» dell'opposizione francese. Jacques Chirac l'ha respinta nel giro di ventiquattr'ore riproponendo la vecchia frattura tra Udf e Rpr. Può sembrare un paradosso dopo tanti appelli all'unione. Ma è un paradosso soltanto apparente. Accettare la proposta di fusione lanciata da Giscard significava firmare l'atto di morte del movimento neogollista. O, almeno, farlo confluire sotto le bandiere più aperte del liberalcentrismo giscardiano. E questo l'Rpr non può davvero accettarlo. La fusione, semmai, nella logica del partito di Chirac dovrebbe avvenire sotto le bandiere neogolliste. Ed ecco che, immediato, è arrivato il contrattacco. Anche Chirac ha innescato la sua mina: ha proposto delle «primarie alla francese». L'opposizione, ha detto, deve mantenere la sua personalità fatta di tendenze e di leaders diversi, ma deve essere capace di trovare un capo unico quando si tratterà di affrontare la corsa all'Eliseo. L'esperienza dell'81 e dell'88 ha insegnato che la battaglia tra due candidati del centro-destra favorisce la «gauche». Ecco, allora, l'idea della «primaria» che dovrebbe far emergere un candidato unico della «droite» con un buon anticipo sulla consultazione presidenziale. Ma anche questa è una strada per l'unità che nasconde un tranello. Le «primarie alla francese» dovrebbero dare voce agli elettori del centro-destra con un meccanismo concreto ancora da definire. E' facile prevedere, però, che una pre-consultazione di stile più o meno americano finirebbe per favorire il partito che ha una «macchina» forte. In altre parole, l'Rpr. E questo non può accettarlo l'Udf. Le prospettive di unione, così, tornano al punto di partenza e restituiscono spazio anche alle speranze di quelle personalità che negli ultimi giorni sembravano scivolate nel cono d'ombra della politica come la signora Veil, o come Léotard. E tutti ancora sperano di poter indossare un giorno le vesti di Lawrence d'Arabia per guidare la «droite» fuori del deserto. Enrico Singer

Persone citate: Chirac, Giscard D'estaing, Jacques Chirac, Lawrence D'arabia, Mitterrand, Veil

Luoghi citati: Francia, Parigi