La Gorki tradita dalla velocità di Alfredo Venturi
La Gorki tradita dalla velocità Tra le altre ipotesi sulle cause del naufragio: l'equipaggio era ubriaco La Gorki tradita dalla velocità Tutti salvi i 575 passeggeri, fra i quali due italiani che non è stato possibile rintracciare -1 sovietici hanno aperto un'inchiesta per accertare le responsabilità deh comandante Galimov DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — Alcuni avevano ancora il pigiama sotto il soprabito, altri portavano scritta in faccia la paura di quella notte, quasi tutti stanchissimi per l'insonnia, l'emozione, la dura esperienza fra i ghiacci. Mentre la Maksim Gorki arrancava, inclinata di prua a tribordo e circondata dai rimorchiatori, verso un porto sicuro alle Svalbard, due aerei noleggiati dalla PhoenixReisen, la compagnia tedesca organizzatrice della crociera sulla nave russa, scaricavano in Germania i 575 passeggeri. Tutti salvi, tutti in buone condizioni a parte alcuni cardiopatici, alcuni diabetici, messi in difficoltà da quelle lunghe ore di attesa sotto una gelida pioggia, nella notte artica spazzata dal vento polare, attorno alla nave immobilizzata dall'urto. I naufraghi sono sbarcati a Dusseldorf e Amburgo. Due grossi aerei, un Tristar della Ltu e un Airbus della HapagLloyd, li erano andati a prendere a Longyearbeyn, il porto delle Svalbard dove li avevano depositati gli elicotteri e il guardacoste norvegese Senja. A bordo medici e infermieri, e attrezzature di pron¬ to soccorso. I passeggeri della Gorki erano quasi tutti tedeschi: ma ci sono anche due italiani che non è stato possibile rintracciare. La Phoenix non fornisce nomi, né i due si sono rivolti alle autorità consolari italiane. Evidentemente hanno deciso, una volta rientrati in Germania, di proseguire verso casa il viaggio bruscamente interrotto da quel malaugurato appuntamento con un ghiacciaio alla deriva 132 miglia a ovest delle Svalbard. Nei due aeroporti tedeschi abbracci, lacrime di gioia e racconti concitati. Impossi¬ bile dimenticare quello schianto nella notte. Era stato appena preceduto, ricorda uno degli scampati, da un annuncio attraverso gli altoparlanti: «Guardate a tribordo, ghiacci alla deriva». I primi momenti dopo la collisione sono stati i peggiori: «Si sentivano ululare le sirene, rintoccare le campane, e c'erano donne che urlavano — racconta uno —, c'è stato il rischio di un panico che poteva risultare disastroso». L'equipaggio sovietico, a detta di molti, è stato all'altezza dell'emergenza. Altri riferiscono che molti marinai ave- vano visibilmente bevuto, n dettaglio è confermato da alcuni medici intervenuti nel soccorso. L'alcol, risponde l'equipaggio, veniva distribuito per vincere i rigori della notte artica. Lodi per i soccorritori norvegesi, arrivati dopo alcune ore a bordo del Senja. Quanto alle cause del disastro, a quanto pare sono due. La prima è che la Gorki doveva si sfiorare l'area dei ghiacci alla deriva, ma senza addentrarvisi. La seconda è che la nave andava troppo veloce: diciassette-diciotto nodi. Non trattandosi di un rompighiacchio, ma di un vulnerabile bastimento da crociera, un urto a quella velocità doveva per forza compromettere l'integrità dello scafo. E poi bisogna considerare che quella notte, nonostante il chiarore del solstizio, la visibilità era scarsa in quel tratto di mare: c'era nebbia e una pioggia fitta. I sovietici hanno aperto un'inchiesta, per valutare lino in fondo le responsabilità di Marat Galimov, lo sfortunato comandante della Gorki, e dei suoi uomini. Qualcuno dice che al governo della nave, nel momento fatale, c'era un ufficiale di scarsa esperienza. Alfredo Venturi
Persone citate: Marat Galimov
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